Milano
San Siro, Corbani (Sì Meazza) sfida Sala: "Secondo anello già a gennaio 1955, ecco le foto. Il Comune mostri gli atti"
Dalla Conferenza dei Servizi alla scadenza del vincolo: il promotore del Comitato SìMeazza, Luigi Corbani contro la narrazione ufficiale sulla vendita del Meazza. “Un’operazione banditesca, fondata su atti che non esistono più”

San Siro, 10 novembre? Corbani: "Datazione farlocca. Ci sono le prove ma il Comune nasconde le carte"
Il futuro dello stadio Meazza ruota attorno a una data: 10 novembre 1955. La Soprintendenza ha avallato il termine indicato dal Comune per far scattare i 70 anni dalla conclusione del secondo anello, soglia oltre la quale si attiverebbe automaticamente la tutela di salvaguardia prevista dal Codice dei beni culturali. Una cornice giuridica chiara, ma una data che per Luigi Corbani, ex vicesindaco di Milano e oggi presidente del comitato Sì Meazza, è del tutto priva di fondamento documentale.
Un vincolo e scadenze fanno discutere
“Anche l’insistenza sui 70 anni è una dichiarazione del Comune come chiusura del cantiere, io sfido il Comune a pubblicare tutti gli atti del cantiere del ’54-’55: delibera di giunta, assegnazione dei lavori, giornale di cantiere, stato avanzamento lavori, aperture del secondo anello al pubblico" afferma Corbani. “Quel dossier dovrebbe essere presso il demanio e patrimonio comunale, in archivio. La mia opinione è che sia stato fatto sparire”. A suo avviso, il secondo anello era “già agibile nell’inverno e nella primavera-estate del 1955”, con partite disputate e tribune occupate dal pubblico. Se così fosse, il vincolo sarebbe già scattato e ogni operazione di vendita o demolizione dovrebbe essere sospesa.
Il secondo anello prima del 1955?
Diversi elementi emersi negli ultimi mesi mettono in discussione la solidità della data del 10 novembre 1955. Corbani menziona “fotografie d’epoca e articoli giornalistici che dimostrano che il secondo anello di San Siro era già in uso pubblico almeno da gennaio 1955”. Lo testimonierebbe uno scatto pubblicato dal Corriere d’informazione in occasione di Inter-Fiorentina e dalle parole del giornalista Achille Campanile, che descriveva spettatori seduti "sopra di noi". “Anche la prestigiosa amichevole Milan-Honved del giugno di quello stesso anno si sarebbe disputata con il secondo anello già agibile, secondo quanto riportato da più fonti”. Di recente, il ricercatore Felice Raimondo, che ha analizzato immagini e documenti, sottolinea come l’utilizzo, e non il collaudo formale, sia l’elemento determinante secondo il Codice dei Beni Culturali. Se così fosse, la data per il vincolo automatico sarebbe già stata superata, con effetti potenzialmente dirompenti sull’iter di alienazione dell’impianto.

Il valore culturale non si misura comunque con il calendario
Secondo Corbani, la ricostruzione cronologica proposta nella Conferenza dei Servizi non tiene conto né della realtà storica né della giurisprudenza. “Insistono sui 70 anni, che stabilisce un atto di salvaguardia temporanea” - spiega - "che avvia una procedura per definire il “valore culturale” del bene. Ma nel caso di San Siro, il “valore culturale” c’è già, è stato chiesto e riconosciuto prima”. La fretta, secondo l’ex amministratore, è politica prima ancora che procedurale. “Il sindaco ha fatto un autogol. Ha chiesto nel 2023 alla Soprintendenza di esprimersi rapidamente, se esisteva “un valore culturale. E la Soprintendenza nell’agosto 2023 ha risposto in senso positivo, tanto che il Sindaco ha fatto ricorso al Tar, perdendo”. Corbani non ha dubbi: “Sanno benissimo che dal 10 novembre scatta un vincolo automatico, e stanno cercando di anticipare la vendita per eludere questa scadenza. Ma il codice è chiaro: il valore culturale è indipendente dalla vetustà e dalla proprietà”.
Una Conferenza “farlocca”, un’operazione immobiliare “banditesca”
Il giudizio di Corbani sulla Conferenza dei Servizi è netto: “È una bufala, come tutta questa procedura. È stata fatta senza il documento economico-finanziario, previsto per legge. Lo ha messo in luce anche la Direzione area rigenerazione urbana del Comune stesso”. Non si è dato il tempo (90 giorni previsti dalla legge) agli enti di pronunciarsi con cognizione su aspetti cruciali come l’impatto ambientale, la salute pubblica e la sostenibilità dei cantieri. “Parliamo di 180mila metri cubi di materiale di demolizione. È un problema di salute per i cittadini”. Ma il fuoco delle critiche si allarga. Corbani denuncia come l’intero progetto sia costruito su presupposti urbanistici e giuridici falsi: “Si calcola un’area tripla rispetto al Meazza come attigua allo stadio. Questo non è possibile. È stato chiamato 'compendio immobiliare' solo dall’attività immaginifica del sindaco”. Il vero obiettivo, secondo lui, è “non fare uno stadio ma un’operazione immobiliare fatta di hotel, uffici e grattacieli”.
Verde, oneri e servizi: un progetto pieno di buchi
Nel mirino del presidente del comitato Sì Meazza finisce anche l’apparato “green” del progetto, uno degli elementi più spinti nella comunicazione pubblica dei club e del Comune. “Il verde non è calpestabile. Distruggono il Parco dei Capitani e lo sostituiscono con uno pensile”, dice Corbani. “Non sono nemmeno definite le attività e i servizi. È tutta una serie di obiezioni basate sul fatto che l’operazione è farlocca, anzi: banditesca”. Sul piano economico, l’ex vicesindaco va giù durissimo: “Cercano di vendere lo stadio a 440 euro al metro quadrato. È un’operazione vergognosa, un danno erariale gigantesco. Vendono lo Stadio Meazza a 70 milioni, che equivalgono a 10 annualità di affitto. È incoscienza o connivenza con interessi economici stranieri, americani”.
“Non riusciranno a vendere San Siro”
Se le critiche sul piano tecnico e normativo sono severe, quelle politiche non sono da meno. Per Corbani, la fretta con cui si vuole chiudere la partita prima del vincolo è un errore di calcolo. “Pensano che se lo stadio diventa privato non sia più un bene culturale. Ma è falso. È come una villa del Cinquecento: anche se non è dichiarata tale, è un “bene culturale”, non c’è proprietà o documento che tenga”. Il finale è una dichiarazione netta di sfida e previsione. “In ogni caso non riusciranno. È talmente sporca questa operazione, che non riusciranno. E su questo il sindaco andrà a casa”.
Un archivio che può cambiare tutto
Nel frattempo, resta aperta la questione dell’archivio comunale: esiste o no il dossier tecnico che certifica la conclusione dei lavori del secondo anello? È accessibile? È stato smarrito, o volutamente rimosso? “Sfido il Comune a mostrare gli atti”, ribadisce Corbani. “Se sono in buona fede, li pubblichino. Da lì si vedrebbe chiaramente che lo stadio era già agibile mesi prima del 10 novembre 1955”. Se questa ricostruzione venisse confermata, l’intero impianto normativo della vendita crollerebbe. Con buona pace dei rendering, dei grattacieli e delle promesse verdi. E con un vincolo già scattato, che nessun contratto potrà ignorare.