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Milano
Sanità e sociale, la ricetta di Degani: "Al centro la qualità della vita"
Luca Degani

Sanità e sociale, la ricetta di Degani: "Al centro la qualità della vita"


In una campagna elettorale incentrata inevitabilmente sulla sanità, Luca Degani è la persona che può parlare del tema con cognizione di causa. Candidato con la lista "Fontana Presidente", Degani è un avvocato cassazionista esperto della legislazione sociosanitaria e degli enti no-profit. Membro del Consiglio Nazionale del terzo settore, Presidente di Uneba Lombardia (ora auto-sospeso in occasione della campagna elettorale), membro del Consiglio di amministrazione della fondazione Progetto Arca onlus e di diversi organismi di vigilanza ex dlgs 231 di enti operanti in ambito sociosanitario e formativo. 
Insomma un curriculum di tutto rispetto per avanzare proposte in ambito sanitario. Ma non solo. Perchè il programma del candidato guarda con ampio spettro a tutte le fragilità presenti in Lombardia. 

 Iniziamo un po' parlando di un tema che le sta veramente a cuore, in quanto lo vede impegnato, quello della sanità, tema Quali sono le sue proposte e dove non è arrivata la riforma Moratti?  

Dico schiettamente che la riforma Moratti non è arrivata da nessuna parte e credo non ci sia stata una riforma Moratti. L'assessore Moratti, vice di Regione, si è voluta sforzare dare visibilità al processo di approvazione del Pnrr, che è un percorso fortemente pubblico, nel quale si usa un processo di indebitamento, perché PNRR vuol dire indebitarsi per fare dei mutui e ristrutturare quelli che sono poi gli enti locali che poi saranno trasformati in Ospedali e Case di Comunità -Personalmente ritengo che, prima di fare una spesa di programmazione, debbano essere prima rilevate le risorse a disposizione, ma soprattutto si debbano mettere al centro i bisogni della popolazione. Credo che, in un passaggio da  unaq concezione di sanità per i cronici e ospedaliera a una territoriale, ci debba essere carico assistenziale, coperto da figure professionali. Faccio un esempio concreto, tutt'altro che campato in aria. Il 2 ottobre 2022 l'Agenas, l'Ufficio della Salute che rileva le professioni sanitarie, ha dichiarato che in Italia il numero di medici in formazione è tecnicamente sufficiente in rapporto ai fabbisogni italiani, ma è disfunzionale rispetto al processo di trasformazione della sanità. Non vengono formati mmg tanto che la medicina di base sta andando violentemente in crisi: nel giro di due o tre anni, rischiamo di perdere numerosi medici di base.  Secondo elemento, figure come i fisioterapisti sono invece insufficienti dal punto di vista medico. E non sono solo insufficienti, ma sono anche pensati rispetto a un esercizio dell'attività professionale sempre rivolto a una sanità di tipo ospedaliero e a un paziente di tipo acuto. Ecco, personalmente, credo che agire sulla formazione universitaria della medicina e delle altre professioni sanitarie, deve partire dal presupposto che queste figure devono essere funzionali a un modello di sanità territoriale rispetto a un modello esclusivamente ospedaliero. Sono anche convinto che per la sanità territoriale non serva andare ad attuare fino in fondo un processo di spesa pubblica che era stato pensato in epoca Covid, per uscire da una situazione drammatica, come era il PNRR. Ma bisogna considerare che ci sono state due ciminiere, come il Covid e la guerra in Ucraina: la prima  ha portato a una deflazione, con conseguente aumento della spesa pubblica, mentre la successiva  ha creato una spirale deflazionaria pesantissima e quindi col rischio che poi quella spesa pubblica di investimento non abbia la capacità di essere rimborsata. Allora, ad esempio, io credo che andare ad esaminare la disponibilità già presente nella mia regione di strutture per anziani o per attività riabilitative interamente in Lombardia, in cui vi sono già presenti mezzi sanitari, educatori, sia un'attività che  possa chiedere a queste realtà di dismettere la funzione esclusivamente residenziale nei confronti della fragilità. E acquisire invece, magari attraverso il Pnrr e il tele-monitoraggio, un rapporto tra medici di medicina generale e operatori socio sanitari territoriali molto esperti in città e impiegati per la cura degli anziani.

E poi c'è una povertà sempre più crescente. Ieri una ricerca di sigle sindacali ha evidenziato come oltre il 13% degli over 55 in Lombardia sia praticamente in condizioni di povertà. Come agire?

E'molto importante avviare qualsiasi percorso di presa in carico della popolazione anziana che non sia solo funzionale alla salute, ma anche ad un bisogno di natura sociale. Vuol dire, non solo la riduzione della povertà economica, ma anche la povertà relazionale. Noi dobbiamo agire in termini di presa in carico di quelli che sono i bisogni di natura socioeconomica di quella popolazione. Noi vediamo, in questo momento, in un classico contesto della politica italiana, una cultura di  forte proprietà immobiliare, anche da parte di persone che poi hanno grandi necessità reddituali. Da questo punto di vista, non è più sufficiente per una città riuscire a garantire a queste persone povere politiche di soldi ma superare la differenza tra vivere nella propria abitazione o vivere in una Rsa. Si possono immmaginare abitazioni collettive, aiuti per garantirsi case a basso costo in affitto, trasformando anche in capacità finanziarie la loro proprietà immobiliare. Potrebbe essere davvero una nuova concezione. in cui le risorse a disposizione certamente adottare sono invecchiamento della popolazione, ma non riusciremmo a rendere più agevole la capacità della popolazione anziana di adeguare i propri luoghi, vista la propria qualità di vita, la propria capacità finanziaria, supportandoli a un eventuale mutamento, magari di grandi magazzini in cui socializzare con altre ci avrebbero un basso costo. Impatto di quella che è la l'appartamento. Si pensi solo ai costi di riscaldamento alto ed eccessivi.Dobbiamo riuscire a dare un anziano la possibiltià di essere accolto, non soltanto rispetto alla salute, ma anche dal punto di vista relazionale ed economico. Questo vuol dire occuparsi della sua salute mentale e della sua solitudine.  

 La salute mentale è un tema attuale che riguarda non solo gli anziani ma anche i giovani. Che escono dalla pandemia con una serie di disagi che poi sfociano nella violenza della baby gang oppure nel fenomeno dei Neet, giovani che  non studiano e non lavorano. Quindi in questo caso c'è da puntare un attenzione occupazionale, sociale e psicologica nei confronti delle giovani generazioni?

Biosgna capire, dopo la pandemia, che la qualità della vita è richiesta come un supporto dalla pubblica amministrazione o dal privato accreditato. E quindi sono importanti le figure dello psicologo che aiuta la persona a capire quali sono i loro desiderata. Nei confronti dei giovani dobbiamo riuscire ad offrire una risposta fatta e predefenita, cioè rispetto alla scelta lavorativa, ma dobbiamo supportarli nel loro percorso. Mettendo in atto una pluralità di politiche che sembrano disconnesse ma rappresentano, in realtà, un unicum. Un esempio è il social housing, un modello di risposta alla domanda di una più alta qualità di vita. 

Ha toccato un tema, quello dei trasporti, che è anche ampiamente toccato in campagna elettorale. Trenord attaccata da Majorino, Moratti promette di volerla privatizzare. Come vede lei, invece, la gestione  di una società fondamentale per gli spostamenti? 

Trenord è una necessità. Deve essere quello che a Parigi rappresenta la RER: una capacità di mobilità extra-urbana che connetta il territorio lombardo.  Io non sono convinto che serva privatizzare Trenord. Non sono convinto che sia un disvalore. Sono convinto che oggi la mancata integrazione tra RFI, quindi le Ferrovie dello Stato, proprietaria delle linee e Trenord, proprietaria dei mezzi, stia creando intoppi e rimpalli che non danno risposte efficienti ai cittadini. Dovrebbe esserci un'unica titolarità. Io sono convinto che Trenord debba essere proprietaria delle linee in modo da poter rispondere delle mancate politiche di investimento. E in questo il PNRR può giocare a favore. 

 Lei sta seguendo il dibattito. Insomma, cosa non le sta piacendo, soprattutto tra gli attacchi che vengono dal centrosinistra?  
Non sopporto che il centrosinistea dica che noi abbiamo bisogno di una sanità pubblica. Noi abbiamo bisogno di una sanità efficace e di una responsabilità pubblica sulla garanzia di un bene comune e non di un bene pubblico. Noi abbiamo un centrosinistra che sta dicendo che  Regione Lombardia è responsabile, ad esempio, di avere preso 3 miliardi di euro di fondi dal PNRR per l'assistenza domiciliare integrata e di averli previsti solo come spesa pubblica i una Regione che attualmente esercita le attività di assistenza domiciliare integrata per il 95% attraverso il terzo settore, tramite cooperative sociali, fondazioni, associazioni ed enti religiosi. Majorino non sta riconoscendo un principio fondante della nostra socialità, che è il principio di sussidiarietà in cui io devo avere un pubblico garante della soddisfazione dei bisogni da parte del cittadino, ma devo valorizzare la libertà di imprese sociali. 

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