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Milano
Scala: La Dama di Picche, grande prova di Gergiev, contestata la regia
Mavlyanov Grigorian ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

La Dama di Picche alla Scala

Ci sarà o non ci sarà Valery Gergiev? Questa è stata la domanda che è rimbalzata per giorni negli ambienti musicali, dopo l'annullamento dei concerti sinfonici alla Scala del 14 e del 16 febbraio e l'assenza per covid alle prove della Dama di picche. Alcune fonti davano il maestro bloccato a Mosca, altre a Roma; del resto il direttore russo è noto per una certa misteriosità degli spostamenti e i non rari annullamenti last minute di impegni. Poi lunedì sera è precipitata la crisi ucraina ed essendo Gergiev grande amico di Putin si è cominciato a parlare di richieste da parte di alcuni sindacati scaligeri di una sua dichiarazione “pacifista”.

Alla fine ieri sera alle 20.02, con due minuti di ritardo, l'irsuto direttore è salito sul podio e, senza far comizi, ha dato il via all'orchestra.

Scala: La Dama di Picche, la trama

La dama di picche di Pëtr Il’ič Čajkovskij è la storia di un'ossessione come unico punto fermo di una vita nella quale non c'è spazio né per l'amore né per altro. Solo per una idea fissa, maniacale: le carte. Le tre carte. Tre, sette, asso.  Il compositore racconta il precipizio psicologico ed esistenziale, la nevrotica esaltazione, di Hermann, ufficiale che si perde nel gorgo portando con sé le due donne protagoniste della storia: la vecchia Contessa e la giovane Lisa.

È tormento senza estasi, angoscia senza salvezza, delitto con castigo. È Puskin che diventa Dostojevskji. Sarà poi, non per la trama ma per l'altissima tensione, l'Hitchcock di Notorius [ringrazio Giulio Artom per la suggestione]. Scriveva Giorgio Vigolo nel 1953: “Nel sentimento disperato della vita singola e della sua tragedia, Čajkovskij si spinge, col suo pathos di umanità pienissima, sui limiti più problematici dell'inconscio, in una regione metafisica di mistero e di terrore che lo fa molto vicino all'anima contemporanea”.

Scala: La Dama di Picche nella storia

La dama di picche è del 1890 (scritta in sei settimane a Firenze; prima rappresentazione il 19 dicembre al teatro Marinskij di Pietroburgo), lo stesso anno di Cavalleria rusticana di Mascagni (prima rappresentazione il 17 maggio al Teatro Costanzi di Roma). Non azzardo confronti, perché se dicessi come la penso rischierei di essere denunciato per vilipendio alla religione musicale di Stato...

La partitura ha momenti di rarefazione, tinte livide, sospensioni malinconiche, magmi incandescenti, concitazioni febbrili, pianissimi e fortissimi. L'ambiente è chiuso, angosciante, con incubi e visioni tormentose.

Alla Scala nel secondo dopoguerra (dopo la prima del 1906), La dama di picche è comparsa poche volte, ma con esecuzioni sempre di grande spessore. Nel 1961 diretta (con versione ritmica in italiano) da Nino Sonzogno con Leyla Gencer, Ivo Vinco e Sesto Bruscantini. Nel 1964 con l'orchestra del Bolscioj diretta da Konstantin Simeonov e Galina Visnjeskaja nella parte di Lisa. Nel 1990 Seiji Ozawa con Vladimir Atlantov e Mirella Freni; regia di Andrei Koncialovski, scene di Enzo Frigerio. Infine nel 2005 il grande Juri Temirkanov con il compianto Dmitri Hrovostosky nella parte del principe Eletskij ed Elena Obratsova come Contessa.

Scala: La Dama di Picche, la recensione

Ed eccoci allo spettacolo di ieri sera. Parliamo innanzitutto di Gergiev, probabilmente oggi l'interprete più autorevole di questo repertorio. Se la musica di Čajkovskij è gelida e disperata, il direttore russo la scarnifica ulteriormente, arrivando a trovarne l'infinitamente piccolo, il suo bosone di Higgs. Impressionante l'ostinato ossessivo degli archi nel 4° quadro – il monologo della Contessa – puramente hitchcockiano (sarebbe più corretto dire – seguendo l'anagrafe - che Hitchcock è ciaikovskiano...). Poi il quadro 6°, sulla riva del fiume, probabilmente uno dei momenti più belli della storia della musica. Un duetto tra sordi: lei pazza d'amore, lui pazzo e basta. Alla fine lui corre a giocare le tre carte, lei si getta nella gelida Neva, come Tosca da Castel Sant'Angelo. Qui soprano e tenore danno una straordinaria prova di canto e recitazione; qui la regia trova il suo momento migliore, con le nebbie grigie del fiume; qui l'orchestra disegna la sua drammatica trama di fondo. Da restare senza fiato.

Nell'orchestra un posto speciale per il colore lugubre del clarinetto basso, che accompagna la scena della Contessa; e per i tromboni, a cui è affidato il tema delle tre carte, e che sostengono il tessuto musicale di tutta l'opera con il loro meraviglioso suono sporco.

Lisa è Asmik Grigorian, la quarantunenne cantante lituana che è probabilmente il miglior soprano in attività per il repertorio tardo Ottocento-primo Novecento. Imprescindibili le sue recenti interpretazioni, in particolare Wozzeck di Berg, Salome di Richard Strauss, La città morta di Korngold (alla Scala nel 2019), Manon Lescaut di Puccini. Grigorian ha voce ampia, sicura e luminosa in ogni registro, capace di grande emissione, insieme aspra e calda, di fiamme e di gelo. E in scena ha una eccezionale, carismatica energia: sta dentro il personaggio, canta e recita senza che si capisca il confine tra le due modalità. Una grande, grandissima artista. La migliore, senza se e senza ma. Non segue dibattito.

Hermann è il giovane Najmiddin Mavlyanov; nato in Uzbekistan ma cresciuto musicalmente nell'accademia dello Stanislavskij di Mosca, al debutto scaligero, ha la vocalità dolente e straziata, isterica e disperata, del tipico “tenore russo”, qualunque cosa questa categoria voglia dire. Ha anche grande volume vocale e riesce a essere all'altezza di Asmik Grigorian.

La Contessa è Julia Gertseva, mezzosoprano russo conosciuta in Italia, già presente in una parte minore nella Dama scaligera di Temirkanov del 2005. La sua scena, quella della camera da letto, toglie il fiato e lei la recita con un pianissimo lugubre che sembra già cantato dall'aldilà.

Di grande qualità anche le parti “secondarie”, in primo luogo il Conte Tomskij/Roman Burdenko,  Polina/Elena Maximova e Eleckij/Alexey Markov.

La regia di Matthias Hartmann è scarna, fredda, polarizzata sugli estremi del total black/total white, fa “recitare” i cantanti e utilizza i giochi di luce, mezzeluci e ombre. La scelta di portare in scena un personaggio che non compare nella partitura, il Conte di Saint-Germain, l'antico amante della Contessa, è parsa più una trovata di mestiere che un'invenzione di genio.

La scenografia di Volker Hintermeier – dominata da giganteschi lampadari – si basa su otto grandi monoliti che si combinano in maniere diverse nelle varie scene, trasformandosi in colonne di luci, grandi specchi, grandi tende. Come ha detto il regista nella conferenza stampa: “Fare teatro con niente”.

Regia nel complesso sufficiente ma, essendo appunto basata sulla sottrazione, non è piaciuta ai loggionisti, che l'hanno sonoramente fischiata alla fine. Per costoro tutto quello che non sa di Zeffirelli non è regia, vorrebbero tutte le sere l'Aida con gli elefanti, magari alternata al sangue mediterraneo di Cavalleria Rusticana... E si sono scaldati poco anche di fronte all'immensa prova artistica di Asmik Grigorian. Ennesima dimostrazione del solito immarcescibile zoccolo duro dello scaligero medio.

Ucraina: Sala, "Gergiev condanni o con Scala chiude" 

Se il direttore d'orchestra russo, Valery Gergiev, al Teatro alla Scala per dirigere La Dama di Picche, non dovesse "prendere una posizione precisa contro l'invasione" dell'Ucraina da parte della Russia, la Scala di Milano sarebbe pronta a "interrompere la collaborazione" con l'artista, sempre considerato in buoni rapporti con Putin. Lo ha detto il sindaco di Milano, Beppe Sala, durante un incontro con i cronisti a Palazzo Marino. "Valery Gergev ha piu' volte dichiarato la sua vicinanza a Vladimir Putin. D'accordo con il sovrintente - ha aggiunto - gli abbiamo chiesto di prendere una posizione precisa contro l'invasione". "Nel caso non lo facesse siamo pronti a rinunciare alla collaborazione, se non prendera' una posizione contro l'invasione stasera La dama di picche non si terra' o si terra' con un altro maestro".

 

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