Il trionfo del colore con Antonio Pappano e la London Symphony Orchestra - Affaritaliani.it

Milano

Il trionfo del colore con Antonio Pappano e la London Symphony Orchestra

Il concerto di lunedì 9 alla Scala di Milano tra Richard Strauss, Wolfgang Amadeus Mozart ed Hector Berlioz

Di Francesco Bogliari

Il trionfo del colore con Antonio Pappano e la London Symphony Orchestra

Sembrava che qualcuno avesse preso centinaia di barattoli di colore e li avesse gettati uno dopo l'altro addosso agli spettatori, che alla fine applaudivano felici nonostante i loro vestiti fossero ormai indelebilmente macchiati. Accadeva la sera di lunedì 9 giugno alla Scala, dove si esibiva la London Symphony Orchestra sotto la direzione di Sir Antonio Pappano.

Lo scintillio pirotecnico del  “Till Eulenspiegel” di Richard Strauss 

Il trionfo del colore orchestrale era iniziato con lo scintillio pirotecnico del “Till Eulenspiegel” di Richard Strauss, ricchissima tavolozza cromatica che sfrutta il tema comico-burlesco ispiratore della composizione con un organico fantasmagorico: ottavino, 3 flauti, 3 oboi, corno inglese, clarinetto in re, 2 clarinetti in si bemolle, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 4 corni in fa e mi, 4 corni in re (ad libitum), 3 trombe in fa e do, 3 trombe in re (ad libitum), 3 tromboni, tuba, timpani, triangolo, piatti, grancassa, tamburo, raganella grande, archi. Colori, appunto, ritmi, intrecci, salti, smorfie che arrivano a toccare il grottesco, una delle forme con cui si può esprimere il sublime.

Dopo questo inizio sfolgorante si è passati all’atmosfera raccolta del Concerto per violino n. 5 "Türkish" in la maggiore, K 219 di Wolfgang Amadeus Mozart. L'adagio centrale – scriveva anni fa Franco Serpa - “ha un'espansione melodica di eccezionale bellezza, che il solista canta e decora senza che mai, neppure in una battuta, si indeboliscano l'intensità e la concentrazione del sentimento. Solo a tratti la calma contemplativa del canto è turbata da una segreta agitazione.” Qui l'orchestra, ridotta all’organico settecentesco, ha fatto scoprire le qualità quasi cameristiche di una grande compagine come quella londinese, miracolosa nei chiaroscuri, e la straordinaria padronanza tecnica e stilistica dello strumento da parte della solista, la star georgiana Lisa Batiashvili.

La "Fantastica" op. 14 di Berlioz, un trionfo di colori

Nella seconda parte è ripreso con ancora più forza il lancio dei colori sugli spettatori, essendo in programma una delle sinfonie più “colorate” della storia della musica, la “Fantastica” op. 14 di Hector Berlioz. Scritta nel 1830, anticipa per modalità strutturali e finalità estetiche i grandi poemi sinfonici di fine '800 (lo stesso Richard Strauss sarebbe stato un “figlio” di questo Berlioz). L'organico torna da grande orchestra, con 4 corni, 4 fagotti, 3 tromboni, 2 arpe, doppi timpani e una sezione archi di oltre 50 elementi. Colpisce soprattutto la presenza rarissima - di due tube (il cuore del Dies Irae finale), del clarinetto piccolo (forse è la sua prima apparizione in una partitura orchestrale) e delle campane (“arnesi”, avrebbe detto Leonardo Pinzauti, sui quali si sarebbe sbizzarrito nelle loro più varie declinazioni Gustav Mahler oltre mezzo secolo dopo). Commoventi gli interventi del corno inglese nelle parti più intimiste di una composizione turbolenta, che alterna continuamente stati d'animo contrapposti. Meraviglioso il valzer del secondo movimento, imperioso il Dies Irae e Sabba finale, in cui la visionarietà distruttiva del non ancora trentenne Berlioz esplose lasciando sgomento il povero Mendelssohn che definì “disgustosa” la sinfonia.

Pappano, un direttore alla Bernstein

Non la pensavano così i 2.000 della Scala, che con i loro vestiti imbrattati di colore si spellavano le mani ad applaudire quella macchina da guerra che è la London Symphony Orchestra (ottoni, legni e percussioni impressionanti). Anche merito di Sir Antonio Pappano, tanto rigoroso, scientifico e analitico nell'attenzione ai dettagli quanto caldo e passionale nel suo fare, “essere” lui stesso musica, con una mimica facciale e un linguaggio del corpo assolutamente unici. Un direttore alla Leonard Bernstein, se vogliamo trovare un raffronto. Il bis con la “Pavane” di Gabriel Fauré, gioiello di rara eleganza e altrettanto raro ascolto, ha completato il trionfo di una serata musicalmente perfetta.

Ci sarà lavoro per le tintorie milanesi nei prossimi giorni…

 








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