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Milano
Sconfitta Lega? Mica troppo. Il problema di Salvini al supermarket
Matteo Salvini

Di Fabrizio Fratus e Vincenzo Sofo

Analisi post-elettorale: abbiamo perso ma abbiamo vinto. E ci riferiamo sia alla Lega come a noi del Talebano. Abbiamo riflettuto molto su che cosa sia successo all'ultima tornata elettorale e per spiegarvelo abbiamo deciso di fare una suddivisione per aree geografiche; sarete colpiti perché la verità spesso fa paura quando si rivela.

Milano, la Lega Nord e Il Talebano.
Tutti hanno parlato di sconfitta di Salvini. I sondaggi davano una Lega tra il 16% e il 20%, mentre alla fine si è aggirata intorno al 12%. Mentre Parisi che era dato per spacciato, ha pareggiato Sala. Salvini avrebbe potuto fare il duro e puro aumentando i consensi del suo movimento, ma avrebbe certificato la vittoria di Sala. Ingoiando il rospo Lupi e incassando la strategia di seduzione dell'elettorato moderato attuata dal suo candidato sindaco, Salvini ha invece consentito a quest'ultimo di compiere il miracolo, rendendo ora possibile la clamorosa vittoria al ballottaggio, ovvero l'unica cosa che permetterebbe di togliere Milano dalle mani della sinistra.

Il problema è semmai che la Lega ha ancora difficoltà a parlare ai milanesi. Che sono irrimediabilmente metropolitani, borghesi, istruiti, esteti. Se Salvini ha scelto di anteporre il risultato di coalizione a quello della Lega per rendere possibile la vittoria di Parisi, è perché è conscio di questa distanza ancora da colmare tra la realtà leghista e la realtà milanese. Qui entra in gioco il risultato elettorale de Il Talebano, che non è riuscito a convincere tutte le persone militanti e simpatizzanti a votare il Carroccio. Una sconfitta elettorale legata a una vittoria politica, quella dell'aver realizzato una campagna di idee e proposte completamente diverse dal target abituale Lega e completamente rivolte all'esterno, rompendo gli schemi della realtà milanese alla quale abbiamo presentato una Lega che non ci si aspettava. A Milano, chi ha perso, è il Partito democratico. La sinistra. Non certamente la Lega Nord pronta a sostenere Parisi senza se e senza ma per vincere e riprendere Milano. 

Roma e le basi per il "fronte lepenista".
Anche il tanto gridato fallimento di Matteo Salvini e del fronte con Giorgia Meloni a Roma è inesatto. Il fronte "lepenista", anzi, ha vinto. L’asse tra Giorgia e Matteo ha stracciato il candidato contro cui gareggiava e ha dimostrato che Lega Nord assieme a Fratelli d’Italia, anche senza Forza Italia, è competitivo. Guardando alle prossime elezioni politiche, una coalizione come a Milano su base nazionale sarebbe fallimentare, perché in queste condizioni ci si ritroverebbe nelle liste dei candidati personaggi che sino al giorno prima sostenevano il governo Renzi e ciò toglierebbe credibilità come "alternativa", lasciando campo libero alla sfida tra PD e M5S. Se Forza Italia riuscisse a comprendere la reale situazione di bisogni dei cittadini che non sopportano più la stagnazione economica come il subire le scelte europee, ecco che il fronte lepenista smussando un po’ le posizioni potrebbe includerla e così puntare al successo nazionale andando a sostituire Renzi e il suo governo di camerieri.

Il Sud, là dove invece ci sono i problemi.
E' da Roma in giù che Salvini ha i problemi. E i problemi si chiamano 'Noi con Salvini'. In Sicilia non ha presentato liste in nessun comune e in Puglia è riuscita a presentarsi alle urne solo in pochi comuni. Non ci soffermiamo sugli arcinoti motivi per i quali la costola sudista della Lega arranca, mentre andiamo a toccare un'altra questione ultimamente molto dibattuta: l'autorevolezza di Salvini come leader nazionale. Se la Lega in passato si proponeva "sindacato" territoriale, ora il progetto salviniano - essendosi esteso su tutto il Paese - punta a proporsi come alternativa a Renzi e dunque alternativa di governo. Essendo il progetto ad oggi tutto basato sulla figura di Salvini, alzare di livello la figura di Salvini è un passo imprescindibile. 

La campagna molto pop della Ruspa, delle copertine su Oggi, delle presenze alla Zanzara e dalla De Filippi, serve a far conoscere un personaggio, a farlo diventare di massa, a farlo arrivare a più persone possibile. Bene. Però l'obiettivo non è fare apparire Salvini un prodotto da supermercato, bensì un leader autorevole. L'elettorato dunque non deve essere visto come un consumatore, ma come cittadini pronti a decidere a chi affidare la guida del paese. Il generalismo aiuta moltissimo a raggiungere le persone, ma ma non a conquistare autorevolezza e voti. Non una presentazione di Matteo Salvini come un prodotto ma come un progetto solido, valido per un paese che “funzioni”; meno acceleratore sulla quantità e più sulla qualità: Salvini ormai lo conoscono tutti, è ora di dimostrare a tutti che però il capitano non è solo immagine, ma anche contenuti. 

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