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Milano
Scuolabus dirottato, il pm chiede 24 anni per Ousseynou Sy
Foto: LaPresse

Scuolabus dirottato, il pm chiede 24 anni per Ousseynou Sy

Il pm di Milano, Luca Poniz, ha chiesto 24 anni di reclusione per Ousseynou Sy, autista di origini senegalesi, che il 20 marzo 2019, dirotto', tenne in ostaggio e poi diede alle fiamme un bus con 50 bambini, due insegnanti e una bidella a San Donato Milanese, fortunatamente senza provocare vittime. Per il pm bisogna anche prevedere l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. La richiesta del pm e' stata di riconfigurare il reato da sequestro di persona semplice a sequestro di persona ai fini di eversione o terroristici.

Poniz  ha cambiato il capo di imputazione contro l'autista senegalese. Secondo il magistrato dal sequestro di persona semplice (art. 605 del codice penale) il reato va riqualificato in sequestro di persona con finalita' di eversione o terrorismo (art. 289 bis). Mentre nel primo reato la pena prevista e' da 6 mesi a 8 anni (escluse le aggravanti), con la nuova imputazione la pena sarebbe da 25 a 30 anni, perche' il reato rientra nel reato di attentato ad organi costituzionali. Nella sua requisitoria il pm sostiene che non e' necessario che le vittime siano organi dello Stato o politici, ma basta che ad essere sequestrato sia un semplice cittadino per riqualificare il reato in modo piu' grave. Restano gli altri reati minori come strage incendio e lesioni.

Scuolabus: pm, in terrorismo non esistono lupi solitari 

"Un'esistenza piana e lineare", quella di Ousseynou Sy, secondo la ricostruzione del pm di Milano, Luca Poniz, durante la sua requisitoria nel processo che vede imputato l'ex autista di bus, che il 20 marzo 2019, dirotto', tenne in ostaggio e poi diede alle fiamme il mezzo con 50 bambini, due insegnanti e una bidella a San Donato Milanese, senza provocare vittime. Il magistrato ha chiesto stamattina - nell'aula bunker di San Vittore - una riconfigurazione dell'imputazione da sequestro di persona (con le aggravanti) a sequestro con finalita' terroristiche o eversive. In effetti - sostiene l'accusa - le idee sul panafricanismo, di cui spesso l'imputato ha parlato anche nel corso di dichiarazioni spontanee nelle prime fasi del processo, hanno preso il sopravvento nella sua mente, arrivando a fargli pianificare il dirottamento. Se e' vero che "le indagini del Ros - ha spiegato Poniz - hanno consentito di escludere con nettezza qualsiasi tipo di legame con organizzazioni terroristiche internazionali", e di inquadrare Sy come un "soggetto solitario" al di fuori dei circuiti internazionali terroristi, e' altrettanto vero che "non esistono i lupi solitari" nel campo del terrorismo, perche' c'e' sempre "una humus ideologica" sulla base quale questi soggetti immaginano le loro azioni.Ed e' qui che - nella ricostruzione - si colloca l'interpretazione del video di rivendicazione (non trovato nella prima fase delle indagini), in cui con una "lunga e tediosa analisi, piena di teorie trite e ritrite" spiega di essersi ispirato proprio all'ideologia post colonialista, che ha per lungo tempo guidato anche diversi leader del mondo arabo. Lo scopo finale del suo gesto, inoltre, era quello di "influenzare le politiche migratorie italiane", con un effetto "immediata": per questo - secondo Poniz - la nuova imputazione e' "piu' plausibile". Infatti, il reato di sequestro a fini terroristici (289 bis) rientra nel piu' ampio "attentato contro organi costituzionali" (289), e lo scopo del gesto di Sy era proprio quello di "intimidire la popolazione, l'opinione pubblica le istituzioni, il governo". Tra l'altro l'ex autista - secondo l'accusa - era pronto anche ad accettare le morti che sarebbero derivate dall'incendio sul bus - perche' nella sua mente le "metteva sullo stesso piano di quelle dei bambini affogati in mare" nelle rotte migratorie. Da escludere infine, secondo il magistrato, qualsiasi vizio di mente per Sy, come hanno cercato in vari momenti di dimostrare i suoi avvocati (tre i pool di legali che si sono alternati alla difesa). "Non c'e' nessun dubbio sulla sua capacita' di intendere e di volere", ha detto il magistrato davanti alla prima Corte d'Assise di Milano (presidente Ilio Mannucci Pacini), tentando di convincere i giudici.

 

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