Si cerca Macron, si trova Sala. All'incrocio tra Brescia e Milano - Affaritaliani.it

Milano

Si cerca Macron, si trova Sala. All'incrocio tra Brescia e Milano

Scenari politici e dintorni, tra Brescia e Brera, cercando di trovare il Macron italiano a Milano e sperando di non aspettare Godot

di Fabio Massa

Emmanuel dove sei? Cercasi Emmanuel Macron disperatamente, in terra lombarda, da contrapporre al toscano Renzi. E dunque, con caratteristiche ben precise. Un identikit ben delineato. Primo: deve saper parlare a sinistra, ma non essere inquadrato nel Pd. Secondo: la sinistra a cui deve saper parlare è quella di Giuliano Pisapia, che è un tipo particolare di sinistra. Terzo: deve conoscere molto molto bene Milano, i poteri forti (o quasi), tanto per parafrasare l'ormai celebre e lanciatissimo libro di Ferruccio De Bortoli. Perché a Milano e in Lombardia le acque si stanno agitando, in questa convulsa fase di passaggio. I poteri bancari, finanziari, quelli davvero forti, stanno cercando Macron, sperando che di non finire ad aspettare Godot. Così, pare che qualcuno tra i consiglieri di Beppe Sala gli stia soffiando da tempo nell'orecchio l'idea delle idee, il progetto vero e finale: prepararsi perché, tra qualche anno, possa essere lui, con il suo aplomb meneghino, il Macron italiano. Colui il quale vota Pd, ma è fuori dal Pd. Colui il quale incassò l'appoggio di Renzi per la candidatura a Milano ma che non ha endorsato Renzi al congresso della revanche. Un percorso ben preciso, quello di Beppe Sala. Fatto di sinistra dei diritti, e di operatività di destra. In campagna elettorale ricordava spesso di aver ospitato il gay pride in Expo, e adesso sfrutta ancora una volta l'occasione della manifestazione organizzata da Pierfrancesco Majorino (dicono: con nessuna condivisione da parte del Pd) per ribadire la sua attenzione nel campo dei diritti. Del resto, fa parte della narrazione e di un progetto, secondo i rumors di Palazzo. Lui magari non ci pensa, e pensa ad amministrare (roba di destra, come la doccia è di sinistra), ché in fondo Beppe Sala è uomo pratico e sa che non va da nessuna parte se Milano non esplode finalmente e compiutamente in un nuovo rinascimento. E sa che se non aggiusta le periferie, glielo rinfacceranno per il resto della sua vita. Quindi, sotto a lavorare. Però intorno c'è chi lo guarda, e lo vorrebbe non delfino, ma successore discontinuo rispetto a Renzi. Magari dalle parti di Brescia, dove Giovanni Bazoli regna nell'understatement e ha registrato l'esclusione di suo nipote dalla direzione nazionale per mano di Matteo Renzi, malgrado fosse un renziano della prima ora (e non un orlandiano come lui). Poi si sa, c'è anche Ferruccio De Bortoli, che ha ingaggiato una durissima lotta con l'ex premier. Anche lui, con Bazoli è sempre stato, per dirla grevemente, culo e camicia (al netto di qualche screzio momentaneo). Chissà, c'è chi immagina che De Bortoli possa finalmente fare il sindaco di Milano (c'è andato vicino due-volte-due, senza mai fare centro: ma del resto, com il cda della Rai, non lo voleva, disse ai tempi in un sms ad Affaritaliani.it). E magari Beppe premier: doppietta, come alla Juventus se le va male, quest'anno. Ad oggi è prematuro, ovviamente, e si parla di scenari. Ma c'è anche chi dice che i poteri forti (o quasi), guardino a Calenda. Là, però, lo scenario prevede l'accordo con il centrodestra, giacché Calenda piace eccome ad Arcore, che sta in Brianza ma che è molto vicina a Milano. Potrebbe esserci il derby Calenda-Sala, o il ticket Calenda-Sala. Chissà. Suggestioni. Intanto, per le questioni più contingenti, c'è da capire che cosa vale lo smottamento a sinistra, con Onorio Rosati - come anticipato da Affari - che lascia il Partito Democratico ed entra in Articolo 1. Di fatto, visto l'addio di Antonio Panzeri in tempi non sospetti (ex segretario della Camera del Lavoro), visto l'addio successivo di Mario Mangili (ex sindacalista della Camera del Lavoro), visto l'addio successivo di Onorio Rosati (ex segretario della Camera del Lavoro), visto l'addio di Ardemia Oriani (ex segretaria dello Spi CGIL della Camera del Lavoro), si può dire che tutta l'ala "di sinistra" del sindacato ormai è da quella parte. Che cosa conta? I dirigenti si stanno affrettando a dire che elettoralmente conta poco. E che anzi non conta nulla. Tuttavia chi conosce bene il mondo del sindacato sa che i legami con le organizzazioni sindacali contano eccome quando si governa una città come quando si governa un Paese. Tutti dettagli che chi studia da premier deve tenere in considerazione.

fabio.massa@affaritaliani.it








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