Milano
"La mia vita a Tel Aviv, bloccata in una casa con rifugio sotto la minaccia dei missili iraniani"
Eva Modelli, cittadina italiana ed ebrea, bloccata a Tel Aviv: "Non ho paura, ma la cosa più difficile è l’incertezza. Non sapere quanto dureranno gli attacchi, non poter fare progetti. Essere qui è anche un modo per dare il mio piccolo contributo". L'int

Eva Modelli nella casa con rifugio di Tel Aviv
"La mia vita a Tel Aviv, bloccata in una casa con rifugio sotto la minaccia dei missili iraniani"
Bloccata a Tel Aviv sotto la minaccia dei missili iraniani: Eva Modelli, cittadina italiana ed ebrea, si trova da inizio giugno nella città israeliana. Ma ora che lo spazio aereo è chiuso, non può fare ritorno in Italia: "Resto qui, fortunatamente in una casa protetta, con un rifugio. Quando suonano le sirene, come accade in questi giorni e notti, so dove mettermi al sicuro". L'intervista di Affaritaliani.it
Signora Modelli, da quanto tempo si trova a Tel Aviv e cosa stava facendo quando è esplosa la crisi?
Mi trovo a Tel Aviv dal 3 giugno. Sono venuta per trascorrere un periodo in quella che considero una seconda casa: ho vissuto a lungo in Israele, mio marito è israeliano, lo sono anche i miei figli. Qui ho amici, una casa, parte della mia vita. Avevo vissuto due settimane serene, belle, pur nella consapevolezza che il conflitto con Gaza è ancora in corso e continua a causare vittime e sofferenze. Ma tutto è cambiato con gli attacchi missilistici provenienti dall’Iran.
Come sta vivendo questi giorni? Prova paura?
Il mio volo per l’Italia è stato cancellato: lo spazio aereo è chiuso, l’aeroporto Ben Gurion anche. Resto qui, fortunatamente in una casa protetta, con un rifugio. Quando suonano le sirene, come accade in questi giorni e notti, so dove mettermi al sicuro. Non ho paura. Israele ha imparato a convivere con la minaccia sin dalla sua nascita, nel 1948. Ha affrontato otto guerre, infiniti attacchi terroristici, tensioni interne e un’immigrazione senza precedenti. È un Paese resiliente, che non si arrende, circondato da Paesi arabi e costretto a difendere ogni giorno il suo diritto all’esistenza. E la forza del popolo israeliano mi ispira ogni giorno.
Cosa trova più difficile da affrontare nella quotidianità di questo momento?
L’incertezza. Il non sapere quanto dureranno gli attacchi, il non poter fare progetti. Ma soprattutto, la preoccupazione costante per gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Finché non saranno restituiti, non potremo davvero parlare di pace. Sogno una svolta diplomatica, una nuova stagione di accordi e stabilità. Gli Accordi di Abramo sono un esempio: hanno aperto la strada a relazioni normali tra Israele e diversi Paesi arabi. Dobbiamo proseguire su quella via.
Ha avuto contatti con le autorità italiane? Si sente supportata?
Mi sono rivolta all’Unità di Crisi della Farnesina. Mi hanno risposto con grande gentilezza, mettendomi in contatto con l’Ambasciata a Tel Aviv. Mi hanno spiegato che i voli sono sospesi e gli aerei messi in sicurezza a Cipro. Non mi sento abbandonata. Ho tanti amici qui che mi sostengono e altrettanti in Italia che non smettono di farmi sentire la loro vicinanza. Ho fiducia che, appena sarà possibile, potrò tornare. Ma resto serena: sento che essere qui, oggi, è anche un modo per dare il mio piccolo contributo.
Cosa le dà forza, in un momento così difficile?
La speranza. La convinzione profonda che si possa costruire un futuro diverso. Credo nel diritto di ogni popolo a vivere in pace, nel rispetto delle differenze. Israele ha diritto di esistere, e lo stesso vale per ogni altro popolo. Penso anche al popolo iraniano, oppresso da un regime teocratico dal 1979. Disarmare l’Iran non è solo nell’interesse di Israele, ma dell’intera comunità internazionale. Solo un Medio Oriente liberato dalle minacce e dai fanatismi potrà conoscere la pace.
Cosa direbbe agli italiani che la ascoltano? Ai suoi cari in Italia?
Direi che il popolo israeliano vuole vivere in pace. La maggioranza delle persone desidera solo questo: poter vivere serenamente, senza sentirsi minacciati. E ogni Stato ha il diritto di difendersi quando viene attaccato. A volte penso: se fosse accaduto in Italia quello che è accaduto a Israele, forse la sensibilità e la comprensione sarebbero diverse. Serve empatia, serve memoria. Non possiamo dimenticare come è nato Israele, né ciò che è accaduto prima.
In Europa stiamo assistendo a un ritorno dell’antisemitismo e a una crescente ostilità verso Israele. Cosa sente di dire a chi attacca il diritto di Israele a difendersi?
L’antisemitismo oggi assume nuove forme, ma è pericoloso quanto quello del passato. A Bruxelles, in questi giorni, sono comparsi manifesti con le foto di dirigenti dell’associazione ebraica europea, accusati di essere “lobbisti del genocidio”. È un gesto gravissimo, che diffonde odio nel momento in cui dovremmo invece promuovere dialogo e umanità. La politica di un governo non può diventare il pretesto per attaccare un intero popolo, una cultura, una religione.Io sono ebrea, e credo nel diritto di ogni essere umano a vivere senza minacce, rispettando le proprie differenze. Come diceva Abraham Joshua Heschel, “insieme sotto lo stesso cielo”. E Amos Oz ricordava: “Due popoli, due Stati”. Qualunque sia la soluzione politica, basta che ci siano pace, rispetto e fine delle guerre.