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Un genitore agli insegnanti: “Insegnate!”. Risposta: “Non è tempo di innovare"
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Un genitore scrive agli insegnanti: “Insegnate!”. La risposta: “Non è tempo di innovare”

In periodi di quarantena uno dei pensieri dei genitori è quello di come si sta affrontando la didattica a distanza. C’è voluto del tempo ma finalmente anche nella nostra scuola primaria ce l’abbiamo fatta, qualche ora di lezione a settimana si riesce a fare.

Ma la riflessione è un'altra: stiamo facendo abbastanza? Non credo. Non credo nemmeno che quanto venga indicato dal ministro dell’istruzione sia un messaggio costruttivo. Leggiamo un “tutti promossi”, evviva oserei dire, ci siamo levati un peso. Il peso di accrescere la nostra conoscenza, il peso di non dover sempre avere dei figli che cercano il 6 politico ma il peso dell’ignoranza è diventato un macigno che non riusciamo a toglierci.

Mi sono sentito in dovere di scrivere alle insegnanti, questa storia delle vacanze Pasquali non riuscivo proprio a concepirla, questa storia anche di non dare compiti in questi giorni di festa non riuscivo a digerirla. Siamo un Paese meraviglioso, che canta e balla sui balconi ma quando deve mettersi sui libri cosa fa, attende sempre che arrivi l’aiutino o la soluzione che semplifica il problema.

Verranno spesi mesi prima che si possa tornare alla normalità, mesi nei quali bisognerà affrontare ancora la didattica a distanza e per questo mi sono sentito di scrivere agli insegnanti per manifestare, in modo proattivo, la volontà e la disponibilità a fare qualcosa di più. Portare avanti i programmi, far lavorare i nostri figli in modo intenso in questi giorni quarantena. La società in cui lavoro prima del Covid19 aveva abilitato solo 6 dipendenti allo smartworking, mostro pericoloso visto come uno strumento concesso solo ad alcuni dipendenti fancazzisti per continuare a fargli fare i fancazzisti a casa. Dopo una settimana tutti i 106 dipendenti erano abilitati e i ritmi di lavoro si sono manifestati più intensi ed è aumentata la produttività aziendale (senza la corsa al timbrino non ci sono più orari a volte anche la tarda sera o la notte si vedono inviate e-mail). Questo vuol dire che le persone, dal Top Managment a scendere) possono allargare i propri orizzonti e limitare quelle chiusure mentali che spesso limitano il nostro paese.

Ma questo non nella pubblica istruzione. Il messaggio forte di un genitore si è scontrato con il pensiero di un Paese vecchio. Ci si affida a frasi scontate come “gli strumenti devono essere inclusivi ed alla portata di tutti gli alunni”. Frase che sembra voler dire che ci sono alunni che non sono possono facilmente adattarsi al cambiamento. Ergo nessuno deve, per inclusività, adattarsi al cambiamento. Ma siamo veramente sicuri che sono gli alunni e non gli insegnanti a non voler veramente aprire le proprie menti al cambiamento? Facile dare la colpa agli alunni che non sono pronti ad ampliare le proprie menti, quando invece abbiamo una didattica che è rimasta quella raccontata nel “Libro Cuore”.

Il loro pensiero finale è stato “In tempo di emergenza non si innova, si conserva, al massimo si consolidano strumenti che già conoscono”. Il mio punto di attenzione si è focalizzato su “In tempo di emergenza non si innova” che è un messaggio veramente forte e negativo. Le scoperte, le invenzioni, le rivoluzioni si sono fatte proprio nelle emergenze, non nella normalità e nell’ordinario. Che messaggio diamo ai nostri figli? Ricordati che quando arriva “un cigno nero” devi rallentare e stare tranquillo che ti basta quello che hai.

Un pensiero vetusto che non va condiviso, va allontanato, scacciato. Looking forward deve essere il nostro Mantra. Quello che non faranno i nostri insegnanti lo faremo noi come genitori. Insegneremo la geografia e la storia, l’inglese e le scienze. Ci mettiamo noi in discussione, in un paese buono a ballare e cantare sui balconi ma che si nasconde dietro un dito quando può invece fare un salto in avanti di 50 anni.

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