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Milano
Veneranda Fabbrica, la ricetta di Pravadelli per salvare il Duomo dal Covid

Veneranda Fabbrica, la ricetta di Pravadelli per salvare il Duomo dal Covid

Con i suoi 11.700 mq di superficie e 440.000 m³ di volume il “Duomo di Milano” è la e quarta chiesa d’Europa, dopo “San Pietro” in Vaticano, “Saint Paul’s” a Londra e la Cattedrale di Siviglia. Una grande responsabilità quella di gestire un tale patrimonio religioso, d’arte e di cultura. Intervista a Fulvio Pravadelli, direttore generale della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.

Come affronta questo impegno?

Vorrei dire innanzitutto che in Duomo vale da secoli un’equazione che riassume in sé lo spirito delle grandi cattedrali europee: il valore dell’insieme è la moltiplicazione e non la somma dei singoli talenti. Il Duomo di Milano, del resto, non è stato fatto da pochi, ma è il prodotto di una comunità. Non sono state poche grandi famiglie a edificare la Cattedrale, ma la generosità di molti: donne e uomini di ogni tempo, o le corporazioni, antesignane delle aziende di oggi.

È la voce corale di tutti, insomma, che crea quella impareggiabile unione di intenti che rende davvero unica la nostra istituzione, nata nel 1387, nella pluralità della sua azione e dei suoi asset, che nel Consiglio di Amministrazione guidato dal presidente Fedele Confalonieri ha il suo organo più rappresentativo. Un Consiglio di Amministrazione che, da sempre, è espressione della città e della vocazione civica del Duomo che non è soltanto un luogo di fede, cuore della Chiesa Ambrosiana, ma il monumento simbolo di Milano nel mondo.

La prima ricchezza del Duomo risiede nelle sue maestranze che portano avanti un mestiere unico nel suo genere, nelle diverse competenze e professionalità. E non posso dimenticare la vicinanza di tanti amici del mondo delle aziende, tra cui i componenti dell’Advisory Board, recentemente istituito per contribuire allo sviluppo di progetti e iniziative in grado di misurarsi con le sfide contemporanee, di un mondo che con la pandemia è profondamente cambiato.

La pandemia ha colpito duramente non solo le attività commerciali, ma anche i siti storici e artistici come appunto il Duomo di Milano. Ci può dare qualche numero a riguardo e quali le previsioni per quest’anno?

La pandemia ha avuto un impatto drammatico su quelle realtà che, come la Veneranda Fabbrica del Duomo, vivono di turismo. Giusto per darle alcuni dati, nel 2019, avevamo contato oltre 2,8 milioni di visitatori al Complesso Monumentale e abbiamo chiuso il 2020 con poco più di 600.000 presenze. Nel 2021, le cose sono andate meglio, con circa 897.000 visitatori, ma la strada per la normalità è ancora lunga: pur registrando un rimbalzo sull’anno precedente, siamo ancora a quasi -70% rispetto al periodo pre-Covid. Questa non è soltanto un’emergenza sanitaria, ma culturale. Grazie agli incassi delle visite, infatti, la Veneranda Fabbrica può sostenere gli interventi di restauro di cui il Duomo ha sempre bisogno.

Fare delle previsioni è molto difficile: l’insorgenza di nuove varianti del virus, con le inevitabili ricadute sul turismo, è un’incognita pesante da sostenere. Con Omicron, a gennaio 2022, abbiamo assistito a un ennesimo tracollo del numero di visitatori, in lenta ripresa solo da qualche giorno.

3400 statue, di cui 2300 esterne, innumerevoli altorilievi, 96 giganti sui doccioni, 135 guglie tra cui il Guglione che regge la statua della Madonnina a 108,50 metri dal suolo. Fare manutenzione è un impegno quotidiano e possiamo dire interminabile. In che cosa consiste il lavoro della Veneranda nel fare questo e come è organizzata?

I milanesi dicono “Lungh’ me la Fabrica del Domm” per intendere qualcosa che non finisce mai. Nella prospettiva di un cantiere eterno, la cui ragion d’essere si ricava da tragedie come quella che ha devastato Notre-Dame a Parigi, la Fabbrica sta portando avanti vari interventi, con precisi obiettivi e cronoprogrammi che abbiamo rispettato anche durante il lockdown: per citarne solo alcuni, l’intervento sul Grande Organo, il restauro della Sacrestia Aquilonare, i lavori sul Tiburio e la Guglia Maggiore.

Questi grandi edifici richiedono cure continue. Se pensiamo che il tempo medio di vita di una costruzione progettata oggi è di circa 100 anni, non possiamo dimenticare che il Duomo ha contato 635 compleanni.

Ma la Fabbrica non è strutturata solo nei suoi tre cantieri che continuano a far vivere questa dimensione di grande macchina del restauro, dall’estrazione del marmo dalla Cava di Candoglia, al laboratorio marmisti, in zona Certosa, fino alla Cattedrale. L’attività di accoglienza a turisti e fedeli, quella culturale e di raccolta fondi, l’apertura al digitale, ci impegnano quotidianamente a 360 gradi.

I costi di manutenzione e rifacimento sono quindi molto elevati. Come vengono finanziate le opere e le maestranze?

La nostra prima fonte di finanziamento è rappresentata dalla biglietteria turistica. Con il Covid-19, appunto, abbiamo subito perdite di decine di milioni di euro che hanno impattato drammaticamente sul nostro bilancio. Grazie a una politica di forte contenimento dei costi, per la quale ancora una volta è stata preziosa la collaborazione dei nostri dipendenti, ma, soprattutto, grazie ai contributi erogati dagli Enti Nazionali e Locali, in particolare dal Governo e da Regione Lombardia, possiamo fronteggiare l’emergenza, anche se per un tempo certamente non infinito. La raccolta fondi e le sponsorizzazioni sono per noi fondamentali e desidero in tal senso ringraziare tutti i nostri donatori, grandi e piccoli, che sono l’anima della Fabbrica.

Ci siamo poi inventati alcune iniziative per generare ulteriori risorse: penso ad esempio alla realizzazione di alcuni prodotti solidali che hanno registrato un ottimo successo in occasione del Natale, tra cui i dolci ideati dai tre noti chef Carlo Cracco, Cesare Battisti e Gianluca Fusto, il Panettone del Duomo e perfino uno speciale vino!

Incassi dai biglietti, eventi, aiuti pubblici, ma anche privati. C’è qualcuno in particolare che vuole ringraziare per l’aiuto concreto che ha dimostrato verso la vostra istituzione?

Accanto a tutti i nostri donatori, vorrei esprimere un caloroso ringraziamento a Intesa Sanpaolo che nel 2021 ci è stata particolarmente vicina nella realizzazione di alcune iniziative, tra cui Dante in Duomo con Massimiliano Finazzer Flory, lo spettacolo di Roberto Bolle L’Opera meravigliosa, andato in scena al Castello Sforzesco nel mese di settembre per il lancio della sottoscrizione destinata al restauro della Guglia Maggiore e, soprattutto, per l’intervento sul Grande Organo della Cattedrale. Il contributo della banca, in particolare per proseguire tale ultimo restauro, è stato decisivo. Diversamente, avremmo dovuto sospendere i lavori.

Che cosa le ha insegnato la pandemia e quale futuro si aspetta per la cultura nel nostro Paese?

Durante la pandemia, abbiamo lavorato per portare il Duomo nelle case dei milanesi e dei cittadini di tutto il mondo. Ad esempio, grazie alle potenzialità del digitale, con la Milano Duomo Card, con le nuove visite 3D o anche con momenti musicali in streaming molto apprezzati dal pubblico, con protagonisti quali Andrea Bocelli, l’Orchestra Verdi o i Cameristi della Scala. Vorrei dire che la pandemia è stata in questo senso un’opportunità per sperimentare innovative modalità di fruizione.

Non solo. Appena possibile, abbiamo reso finalmente accessibili ai visitatori spazi prima chiusi al pubblico, quali la Cava di Candoglia, sul Lago Maggiore, dove, da oltre sei secoli, la Veneranda Fabbrica estrae il marmo destinato al Duomo. E la Sacrestia Aquilonare, valorizzata da un importante intervento che ha riportato alla luce affreschi meravigliosi, prima resi invisibili dalla caligine del tempo.

Alle chiusure, il Duomo ha risposto rendendo ancor più aperto il proprio patrimonio. Ma ora è venuto il momento per tutti di svoltare, con l’auspicio che la fase più acuta dell’emergenza pandemica possa essere superata. Dobbiamo sforzarci di coabitare con questo virus.

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