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Milano
Yara, le motivazioni in Cassazione: Bossetti la stordì e la portò in un campo

Yara, le motivazioni della Cassazione: "Bossetti la stordì e portò in un campo"

Massimo Bossetti, "dopo aver prelevato la ragazza e averla stordita, l'ha trasportata nel campo di Chignolo d'Isola" - dove il corpo di Yara Gambirasio fu trovato 3 mesi piu' tardi - e i "tempi del prelevamento della vittima, del suo trasbordo sul campo di Chignolo e del ritorno a casa dell'imputato sono stati giudicati compatibili con il rilevato orario di rientro a casa alle ore 20-20,15, come si desume dalle dichiarazioni del coniuge". Cosi' la Cassazione, condividendo le conclusioni dei giudici del merito, ripercorre quanto accaduto il 26 novembre 2010, quando Yara viene vista per l'ultima volta uscire dalla palestra di Brembate di Sopra. Tra gli indizi valorizzati nel processo contro il muratore di Mapello, ricordano i giudici di 'Palazzaccio', "la presenza di calce nelle lesioni" rilevate sul corpo della vittima, dovuta, secondo gli inquirenti, all'"arma da taglio sporca di calce", la presenza di Bossetti, il pomeriggio della scomparsa di Yara, "in localita' prossima al Centro sportivo" con il "telefono spento" e "a bordo del suo autocarro", mentre egli "mai era stato in grado o aveva voluto riferire alla moglie, ai cognati e agli altri familiari cosa avesse fatto quel pomeriggio e quella sera". Bossetti "e' passato e ripassato davanti alla palestra del centro sportivo - si legge nella sentenza - proprio in perfetta coincidenza con l'uscita della ragazza". L'"assenza di alibi", inoltre, "si coordina perfettamente con gli elementi indiziari emersi costituiti dalla compatibilita' con l'orario di ritorno a casa - scrive la Cassazione - di Massimo Giuseppe Bossetti e il tempo necessario per eseguire l'aggressione e commettere l'omicidio nel campo di Chignolo".

"Da Bossetti volontaria reticenza sui propri spostamenti"

Per i giudici di piazza Cavour, l'imputato ha manifestato una "volontaria reticenza" sui propri spostamenti del 26 novembre 2010: "Non si tratta di un semplice silenzio, giustificato dal mancato ricorso a distanza di anni, ma piuttosto di una volontaria reticenza - si legge nella sentenza - di fornire spiegazioni su cosa avesse fatto nell'arco temporale di interesse, nonostante le precise sollecitazioni che i parenti e i famigliari gli avevano posto a distanza di soli 8 giorni dalla sparizione della ragazza".

"Il profilo genetico di Ignoto 1 è quello di Bossetti"

"Le numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori hanno messo in evidenza la piena coincidenza identificativa tra il profilo genetico di 'Ignoto 1', rinvenuto sulle mutandine della vittima, e quello dell'imputato". Lo scrive la Cassazione, nelle motivazioni della sentenza (depositate oggi) con la quale, il 12 ottobre scorso, ha confermato in via definitiva l'ergastolo per Massimo Bossetti, ritenuto responsabile dell'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate di Sopra, dove abitava, il 26 novembre 2010 e ritrovata morta esattamente 3 mesi dopo in un campo non lontano dal suo paese.

L'analisi statistica, osservano i giudici della prima sezione penale nella loro sentenza lunga oltre 150 pagine, ha "evidenziato che la probabilita' di errore e' di 1 su 20 miliardi (superiore a tutta la popolazione, viva e morta, transitata sulla Terra dalla comparsa dell'uomo), salvo che l'imputato abbia un fratello gemello monozigote (in questo caso il dna e' identico), circostanza pero' non dedotta ed esclusa da tutti i protagonisti della vicenda". La Suprema Corte rileva quindi che dalle "risultanze genetiche" si desume "con assoluta certezza" il "rapporto di filiazione naturale" tra Giuseppe Guerinoni e lo stesso Bossetti, e la stessa "assoluta certezza" riguarda "l'identita'" tra 'Ignoto 1' e l'imputato.

"Dalla difesa di Bossetti una tesi complottista"

E' una "tesi complottista" quella, prospettata dalla difesa di Massimo Bossetti, sulla "necessita' di dare in pasto all'opinione pubblica un responsabile", che viene smentita dal fatto che per "incolpare" l'imputato si sono attesi "ben tre anni". Lo scrive la Cassazione, nella sentenza depositata oggi, con la quale spiega perche' il 12 ottobre scorso ha confermato l'ergastolo per il muratore di Mapello, ritenendolo responsabile dell'omicidio di Yara Gambirasio. Tre anni, osserva la Corte, "spesi nell'affannosa ricerca del vero colpevole".

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