Immatricolazioni Auto: volano le BEV, ma il settore rischia il collasso - Affaritaliani.it

Auto e Motori

Ultimo aggiornamento: 18:00

Immatricolazioni Auto: volano le BEV, ma il settore rischia il collasso

Novembre segna un record per le auto elettriche, ma i privati fuggono e le multe CO2 spaventano. L'industria trattiene il respiro per la decisione UE di dicembre.

Sembra quasi un miraggio statistico quello che ci restituisce il mese di novembre.

Se ci fermassimo alla superficie dei numeri, potremmo gridare alla rivoluzione verde finalmente compiuta: le prime, massicce consegne legate agli incentivi hanno spinto le auto elettriche (BEV) a volumi mai visti prima. Parliamo di oltre 15.000 unità targate in un solo mese, con una crescita stratosferica del 131% che permette a questa alimentazione di sfondare, per la prima volta in modo convinto, la quota psicologica del 12%. Eppure, grattando via la vernice luccicante di questi dati, la carrozzeria del mercato italiano mostra tutta la sua ruggine. Nemmeno l'exploit delle vetture a batteria è bastato a rimettere in moto un settore che annaspa: il confronto con lo stesso mese dell'anno precedente si chiude con un risicato pareggio, una stagnazione che preoccupa analisti e addetti ai lavori. La realtà è che il mercato dell'auto galleggia a fatica sopra la linea di sopravvivenza, tenuto a galla non dalla domanda reale, ma da tecnicismi e canali aziendali.

La fuga delle famiglie e l'artificio delle auto-immatricolazioni

Il dato più allarmante, quello che dovrebbe togliere il sonno ai direttori commerciali delle case auto, è la persistente disaffezione dei privati. Le famiglie italiane hanno smesso di comprare auto nuove. A novembre il canale dei privati scende ancora del 4%, che tradotto significa tremila targhe in meno, ma se allarghiamo lo sguardo all'intero anno, l'emorragia è drammatica: mancano all'appello quasi 84.000 unità rispetto all'anno scorso. Chi sta comprando, allora? Il bilancio è salvato in corner dalle auto-immatricolazioni e dal noleggio a breve termine. Le prime, in particolare, hanno raggiunto una market share del 14%, un valore che puzza di forzatura lontano un miglio. È evidente che Case e concessionari stanno targando vetture a uso proprio (+11%) o per il noleggio (+63%) pur di raggiungere gli obiettivi di fine anno e smaltire stock che altrimenti resterebbero invenduti. È un mercato drogato, che nasconde la polvere sotto il tappeto di un -2,44% cumulativo da inizio anno. Se poi osiamo guardare indietro al 2019, l'ultimo anno di normalità pre-pandemica, il confronto diventa impietoso: mancano 350.000 targhe, un vuoto che racconta la vera crisi del potere d'acquisto e dell'incertezza tecnologica.

Diesel al tramonto e la rincorsa delle ibride

Sotto il cofano delle immatricolazioni, la guerra delle alimentazioni prosegue senza esclusione di colpi. Oltre alle già citate elettriche pure, a novembre sorridono solo le plug-in hybrid, che raddoppiano i volumi con un +114%, trainate anch'esse dalle logiche degli incentivi e delle flotte aziendali. Per il resto, è un bollettino di guerra. Il diesel, un tempo re incontrastato delle strade italiane, prosegue la sua inesorabile discesa agli inferi con un crollo del 30%. Soffrono anche le motorizzazioni a benzina e il Gpl, mentre le ibride mostrano un andamento a due velocità: bene le "mild" che crescono del 14%, male le "full hybrid" che lasciano sul terreno l'8%. Anche il settore dei Veicoli Commerciali Leggeri (LCV) non offre spunti di ottimismo. Nonostante il diesel qui regga ancora l'urto con una quota bulgara dell'82%, il comparto scivola del 3% a novembre, con le microimprese e gli artigiani che tirano i remi in barca, segnando un preoccupante -6%.

Una spada di Damocle da quasi 3 miliardi di euro

Mentre i concessionari lottano per chiudere i contratti, ai piani alti delle case automobilistiche si sta consumando un dramma finanziario silenzioso ma devastante. Il tema è quello dei target europei sulle emissioni. Nonostante l'iniezione di fiducia delle auto elettriche immatricolate a novembre, il livello medio di emissioni di CO2 del parco auto venduto è sceso di appena un grammo, attestandosi a 114 g/km. Il problema è che l'obiettivo imposto dall'Europa è fissato a 93,6 g/km, un traguardo che appare oggi come una vetta himalayana irraggiungibile senza l'ossigeno di ulteriori incentivi massicci. I calcoli sono spaventosi: gli OEM (i produttori di auto) operanti in Italia hanno già accumulato sanzioni potenziali per quasi 2,8 miliardi di euro solo per le autovetture. A questi si aggiungono oltre 400 milioni di euro di multe maturate nel settore dei veicoli commerciali. È una voragine economica che rischia di drenare risorse fondamentali per la ricerca e lo sviluppo, proprio nel momento in cui servirebbero di più per gestire la transizione.

Bruxelles, 10 dicembre: la data che può cambiare tutto

Tutti gli occhi sono ora puntati sul calendario, con una data cerchiata in rosso: il 10 dicembre. A Bruxelles andrà in scena un confronto che potrebbe ridisegnare il futuro dell'automotive continentale. La Commissione Europea è chiamata a rispondere a un fuoco incrociato senza precedenti. Da un lato c'è il pacchetto di proposte pragmatiche avanzato dal CEO di Stellantis con il supporto dell'ACEA, l'associazione dei costruttori, per rivedere tempi e modi della transizione. Dall'altro, c'è la mossa politica pesante del Cancelliere tedesco Friedrich Merz. Merz non ha usato mezzi termini e ha ufficializzato la sua contrarietà al divieto di vendita delle auto termiche previsto per il 2035, scardinando di fatto uno dei pilastri del Green Deal. È un momento di attesa spasmodica: Dataforce ha persino congelato le previsioni per il 2026 in attesa di capire se prevarrà la linea dell'intransigenza ideologica o se si aprirà uno spiraglio per una revisione realistica degli obiettivi. In questo limbo, tra chi inneggia all'elettrificazione totale e chi chiede pietà per l'industria, il mercato resta col fiato sospeso.