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Politica
Conte non parla più con Renzi. "Se vuole andarsene se ne vada"

 

La minaccia dei renziani di sfiduciare il capo-delegazione del M5S al governo, Alfonso Bonafede, sulla prescrizione terremota il governo. Giuseppe Conte solitamente non reagisce con impeto. E così anche ieri ha fatto trapelare uno stupore calibrato per non concedere a Matteo Renzi l'impressione di averlo spaventato. "Vediamo che fa, se fa sul serio". L'escalation renziana - si legge questa mattina sul quotidiano La Stampa - arriva mentre il presidente del Consiglio è impegnato in una riunione su welfare e lavoro. C'è anche la ministra Teresa Bellanova, pasdaran di Italia Viva. Conte le fa una battuta riferita al suo leader, con il quale continua a non parlarsi né al telefono né dal vivo. Quello che finisce per rimbalzare dai ministri del Pd e del M5S è quanto il premier sia stufo delle fibrillazioni di Renzi, dei suoi diktat "troppo destabilizzanti". Che "non si può lavorare per tre anni in questo clima. Sfiduciare Bonafede significa sfiduciare il governo" è la frase confezionata per la controffensiva dai 5 Stelle e dai democratici, condivisa con Conte.

A Palazzo Chigi sono convinti che l'ex premier abbia fame di visibilità. Le elezioni in Emilia Romagna sono andate bene, il Pd è in crescita, il M5S si conferma nei sondaggi su percentuali che restano stabili oltre il 10%, il consenso personale del premier resta ancora alto, sopra il 40%, Forza Italia resiste nonostante tutto. Uno scenario in cui sono inciampate le ambizioni dell'ex rottamatore che invece si aspettava di gonfiare le sue percentuali ancora troppo anemiche. Ma allora, si chiedono nel governo, come si fa ad andare avanti con la minaccia costante di essere tutti a un passo dallo strapiombo?

Piuttosto che vivere nell'ansia quotidiana dell'alleato picconatore, Conte preferirebbe vederlo fuori dalla sua maggioranza. La tentazione si sa è quella di aprire le braccia a un gruppo dei responsabili di Fi, pronti a soccorrere i giallorossi in nome della stabilizzazione parlamentare e della durata della legislatura. Il premier non lo ammetterà mai, ma è questo che filtra dagli entourage dei ministri. È lo stesso timore che hanno dentro Italia Viva, consapevole di poter essere sostituita in Senato, lì dove i 17 uomini possono condizionare ogni cosa. Da parte sua Renzi non accenna a una retromarcia: "Ho dato a Conte massima disponibilità su varie ipotesi di accordo sulla giustizia. Ma se pretende di farci mollare non mi conosce e se vuole buttare fuori evviva, così evito di mettere la faccia su questo governo. Io non morirò giustizialista come fa il Pd. E se insistono porto la sfiducia a Bonafede in Senato".

Certo, a Palazzo Chigi, come anche ai vertici di Pd e M5s, sanno che è complicato tirare a sé i forzisti su un tema come la giustizia che è identitario per il partito di Silvio Berlusconi, soprattutto se declinato secondo la cultura grillina. Ma nulla è impossibile. E dunque l'alternativa può restare sul tavolo se il faticoso negoziato con Renzi dovesse essere impossibile. Lasciar fare al Parlamento, con un emendamento, senza la fiducia, perché comprometterebbe l'azione del governo, è l'ultimo passo nella direzione di Iv. Detto questo, Conte sa che la battaglia di Renzi non finirà con la prescrizione e che è lui a essere finito nel mirino. Dalle parti del premier però sono pronti a scommettere che una seria riflessione se gli convenga rompere o meno ora, il leader di Iv lo sta facendo. Soprattutto se dal Quirinale - come scrive sempre La Stampa - filtra tutta la contrarietà del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a poche settimane dalle nomine delle grandi aziende pubbliche, dove Iv vuole tenere un piede, risulterebbe controproducente far saltare tutto. Crisi o non crisi, i vertici delle società vanno rinnovati. E forse Renzi non avrebbe il tempo i di diventare essenziale a un altro governo.

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