Politica
Cresce l'ipotesi Draghi al Quirinale. Tra elogi e sussurri. E Prodi trema
Il presidente uscente della Bce entra nella partita per il Colle
Fin dal primo giorno del governo Conte bis gli occhi più attenti dei politici e degli osservatori non erano tanto su chi sarebbe andato al Viminale o al Mef, l'attenzione era tutta già per la partita del Quirinale. E' vero che il mandato di Sergio Mattarella scade nel 2022 (tra due anni e mezzo) ma è vero che i giochi per il colle più alto della Capitale si aprono con largo anticipo. E non a caso in molti hanno letto nella decisione del Partito Democratico - Matteo Renzi in testa e poi anche Nicola Zingaretti - di lanciarsi nell'esperienza di governo con i 5 Stelle (accettando che Giuseppe Conte restasse a Palazzo Chigi) anche l'intenzione, in prospettiva, di non restare tagliati fuori dalla partita per la presidenza della Repubblica, come invece sarebbe accaduto in caso di elezioni anticipate con la probabile vittoria del Centrodestra a trazione Matteo Salvini.
Il pensiero è subito corso a Romano Prodi, ex premier ed ex padre dell'Ulivo che ha benedetto il governo giallofucsia e che nel 2015 era stato inserito dai militanti grillini nella cinquina per il Quirinale. Dal Pd, rigorosamente off the record sia per rispetto verso Sergio Mattarella sia per non rischiare di bruciarlo, hanno fin da subito parlato del Professore come l'uomo ideale per il Colle. Non solo, nella Lega e in Fratelli d'Italia hanno già iniziato a sbandierare lo spauracchio di Prodi nel tentativo di sabotare la sua candidatura. Ma la storia insegna che non sempre le cose vanno come da pronostici. Il ricordo dei 101 "traditori" che nel 2015 impallinarono il fondatore dell'Ulivo sulla strada spianata verso il Quirinale aleggia come uno spettro sul Nazareno (e non solo). E a frenare la corsa del Professore emiliano al ruolo di Capo dello Stato si impone con forza e con impeto sempre maggiore la figura di Mario Draghi.
L'uomo che sta per lasciare la guida della Banca Centrale Europea e che, ancora una volta, ha vinto le resistenze dei falchi del Nord e Centro Europa e ha deciso di ridurre i tassi sui depositi allo 0,5% rilanciando al contempo il QE con gli acquisti che ripartiranno da novembre con 20 miliardi al mese e senza una data di scadenza fissata. Immediato l'effetto Draghi con Piazza Affari in rialzo e, soprattutto, con lo spread Btp/Bund sceso addirittura sotto i 140 punti base. Non a caso il senatore Antonio Misiani, responsabile economico della segreteria del Pd, commentando con Affaritaliani.it le decisioni odierne della Bce ha affermato: "Aiuteranno l'economia europea in una fase di rallentamento e aiuteranno molto l'Italia con una discesa dei rendimenti sul debito pubblico. Ossigeno prezioso per la costruzione della prossima Legge di Bilancio che sarà comunque difficile ma un po' meno di prima". Insomma, grazie Draghi.
Parole importanti che segnalano come l'apertura di credito per il quasi ex numero uno dell'Eurotower di Francoforte da parte del Pd sia totale. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia e coscienza critica della sinistra, sempre ad Affaritaliani.it, ha esordito scandendo "Draghi, il nostro salvatore". Per poi aggiungere, come sempre senza peli sulla lingua, che "andrebbe bene in qualunque ruolo, ovviamente anche al Quirinale. Ma è troppo indipendente, autonomo e fuori dagli schemi della politica per diventare Capo dello Stato. I partiti non lo consentiranno". Un democristiano di lungo corso come Gianfranco Rotondi, l'uomo che da #laPiazza di Ceglie Messapica ha lanciato il paragone tra Conte e Giulio Andreotti, ha affermato ad Affaritaliani.it: "Io lo voterei come presidente della Repubblica, ma è presto per lanciare il suo nome. Non voglio fare un torto né a lui né agli altri, potenziali, candidati".
Parole sibilline che rivelano come l'ipotesi Draghi al Colle sia tutt'altro che peregrina. Ovviamente da destra ignorano il presidente uscente della Bce (amico personale di Giancarlo Giorgetti) - ma non lo bocciano lasciando così aperta la porta - e si concentrano sull'affondo contro il Professore. Carlo Fidanza, capo-delegazione di Fratelli d'Italia al Parlamento europeo, dichiara ad Affaritaliani.it: "Temo che più che Draghi la maggioranza Pd-5 Stelle abbia in mente Prodi, grande sponsor dell’imbroglio e campione mondiale di svendita dell’Italia ai poteri forti stranieri". La strategia è chiara: attacco al padre dell'Ulivo risparmiando l'uomo che - parola del leghista Claudio Borghi - "ha davvero fatto scendere lo spread (altro che governo Conte bis)". E i 5 Stelle?
La parte più movimentista dei pentastellati, rigorosamente off the record, mostra con battute e sorrisi di non gradire l'ipotesi Draghi (senza nemmeno scaldarsi più di tanto per Prodi), ma i fedelissimi di Luigi Di Maio non chiudono la porta al numero uno dell'Eurotower e, ricordando come sia molto presto per parlare di Quirinale, sottolineano i grandi meriti che ha avuto con le operazioni sui tassi e soprattutto suall'acquisto di titoli di Stato. Insomma, in prospettiva si profila un avvincente derby Prodi-Draghi per il Quirinale con SuperMario che potrebbe contare anche sui voti del Centrodestra (Silvio Berlusconi in testa) e su frange della maggioranza. Il 2022 sembra lontano ma i giochi sono già partiti. E chi pensava a una strada in discesa per il Professore emiliano è meglio che inizi a guardare verso Francoforte e al rendimento dei titoli di Stato decennali.