Politica
La "renzianissima" Katia Tarasconi: "Le amministrative? Un voto contro Renzi"
La severa analisi della consigliera emiliana del PD: "Neanche Higuain vince le partite da solo. Ci vuole più condivisione o alle politiche saremo travolti"
In politica, ricevere critiche anche pesanti fa parte del gioco. Quelle degli avversari sono all'ordine del giorno. Quando le cose vanno male, è altrettanto naturale che arrivino anche dalla tua parte politica. Il “qualcosa si è rotto” che Franceschini ha rivolto a Renzi rientra pienamente nella casistica.
Quello che veramente suscita preoccupazione è quando iniziano a bacchettarti anche i tuoi più fedeli sostenitori.
Katia Tarasconi si autodefinisce “una renzianissima, fin dal 2012”, eppure la sua analisi del momento attraversato dal PD è particolarmente severa, anche se leale, nei confronti del Segretario nazionale.
Classe '73, Tarasconi è una delle giovani più interessanti tra i Dem. Nata a Piacenza e cresciuta negli Stati Uniti (ha tuttora la doppia nazionalità), ha studiato a Miami e ha rivestito ruoli apicali in aziende di comunicazione. Il suo interesse per la politica è cominciato con la lista civica che nel 2007 ha sostenuto la rielezione del sindaco Roberto Reggi, che poi l'ha scelta come assessora a innovazione, informatizzazione, servizi al cittadino, finanziamenti UE, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, pari opportunità e tutela animali. Nel 2012 il ruolo di sindaco è passato a Paolo Dosi, che l'ha confermata nella giunta cittadina, e nello stesso anno ha iniziato ad appassionarsi al cammino di Matteo Renzi nelle primarie. L'anno successivo è entrata a far parte dell'assemblea nazionale del PD e dal 2015 è consigliera regionale in Emilia Romagna.
Inevitabilmente, il confronto con Katia Tarasconi è partito dall'esito delle amministrative, particolarmente negativo per il PD e in particolare dall'esito delle elezioni piacentine, che ha visto la candidata del centrodestra Patrizia Barbieri sconfiggere al ballottaggio Paolo Rizzi, che era sostenuto dal centrosinistra. Per la prima volta nella storia, il PD ha chiuso una tornata elettorale senza aggiudicarsi nemmeno un comune dell'Emilia Romagna, un tempo regione “rossa” per eccellenza.

Consigliera Tarasconi, in quadro piuttosto deludente, la sua Piacenza non fa eccezione. Qual è la sua analisi della sconfitta?
“Non c'è un unico motivo per cui le elezioni non sono andate bene. Evidentemente, di errori ne abbiamo fatti tanti. Sono inoltre convinta che si paghi un prezzo altissimo al 'voto contro'. Ma non contro il PD, bensì specificatamente contro Matteo Renzi”
Fa una certa impressione sentirlo dire da una renziana della prima ora come lei...
“Essere renziani non significa tenere per Matteo Renzi in quanto Matteo Renzi. Era una voglia di vedere un quarantenne al governo, una voglia di cambiamento. Sono altresì convinta che ci siano problemi che noi del Centrosinistra non abbiamo affrontato nel modo dovuto. Non abbiamo detto cose che andavano dette e quindi il nostro elettorato ha reagito così. La cosa che più mi fa male è che, tornando al caso di Piacenza, sia andato a votare solo il 50% degli aventi diritto. Questo significa che un cittadino su due ha scelto di stare a casa, nella convinzione che tanto i politici sono tutti uguali. Questo è un problema che riguarda anche il centrodestra, ma che comunque fa male. Per chi ci mette passione, voglia ed entusiasmo, perché ci crede, è un pugno nello stomaco. In questi casi, è inevitabile porsi delle domande. Ti chiedi in cosa hai sbagliato, cosa potevi fare diversamente, come potevi coinvolgere di più i tuoi concittadini per far loro capire il progetto politico. Perché alla fine è quello che conta: il progetto politico, non le persone”
A cosa attribuisce l'esito del voto a Piacenza? Secondo lei si è votato pensando alle questioni locali oppure con la testa a Matteo Renzi, come accaduto anche al referendum del 4 dicembre?
“E' andata come al referendum, purtroppo. C'è stata una grande voglia di punirci per una serie di temi che ci vengono imputati: la Legge Fornero, il lavoro, l'immigrazione (che è un tema di cui noi dobbiamo assolutamente parlare) e la sicurezza, un altra questione che non affrontiamo nel modo corretto”
Perché ritiene che l'approccio del PD nei confronti della sicurezza sia carente?
“Perché è inutile che guardiamo delle tabelle e ci limitiamo ad analizzarne i dati. Se la percezione è di insicurezza, è solo quello che conta: non quello che tu dici, ma quello che i cittadini sentono. Dobbiamo tornare all'ABC. Se il cittadino ti dice di sentirsi insicuro, tu devi farti carico di questa sua insicurezza e devi trovare delle soluzioni”.
In questo contesto, pensa che la tempistica nella discussione dello Ius Soli sia stata sbagliata?
“Io ritengo che lo Ius Soli sia una cosa giustissima, ma in effetti sono stati sbagliati i tempi. Non puoi prescindere dalla 'pancia' della gente, pensando che tutti votino solamente su basi razionali, di testa. Non è così. Siamo tutti esseri umani e quindi c'è un misto tra le ragioni della testa e le sensazioni di pancia. Là fuori, nel Paese, c'è tanta rabbia, per tanti motivi. Questa rabbia si mischia con la pancia e il prodotto di questo mix è rappresentato da risultati come quello di Piacenza. Il risultato è... Trump! Non lo dico riferendomi tanto a Patrizia Barbieri, persona della quale comunque ho stima, bensì all'onda che, dopo aver portato Trump a diventare il Presidente degli USA, ora ci sta travolgendo tutti. É sempre stato così: ciò che succede negli Stati Uniti poi arriva anche da noi. Se non cambiamo, alle prossime politiche saremo travolti”
In questa situazione difficile, Renzi è fatto oggetto di critiche che provengono un po' dappertutto. Da Franceschini a Stefano Folli, che su “Repubblica” lo invita a un passo indietro dalla candidatura a Premier. Adesso anche da lei che è (o forse era) “renzianissima”. Ma la domanda è: e adesso?
“Aggiungiamoci anche le parole di Veltroni, che è una persona che stimo tantissimo. Lo stimo perché secondo me ha capito davvero tutto, perché è un uomo di cultura, perché non sta rientrando in politica ancorché qualcuno di noi glielo abbia chiesto. Veltroni ha fatto un percorso nel quale ci ha dato una mano, ma ora vuole che si vada avanti noi. Detto questo, il tema non è 'Renzi, togliti dalle scatole', ma 'Renzi, fermati un secondo'. Condividiamo la linea, i temi, i progetti e ripartiamo insieme. Io credo ancora che lui abbia le caratteristiche giuste, ma se chi ti sta vicino ti dice che secondo lui le cose non vanno bene e tu non lo ascolti, allora c'è un problema. Ma questo succede anche all'interno di una famiglia: se io vado a casa e i miei figli mi dicono che li sto trattando male perché sono nervosa, mica posso dire che non è vero, altrimenti c'è qualcosa che non va. Se poi la cosa si ripete più volte, mi devo fare delle domande e rimettermi in discussione. Devo chiedermi cosa ho sbagliato, per provare a ricostruire insieme. Il mio messaggio per Renzi non è certo: 'Fatti da parte', anche perché lo troverei ridicolo. Anche perché chi ci mettiamo al suo posto?”
C'è chi vede una possibile via d'uscita nell'interlocuzione con Pisapia e Bersani, lei cosa ne pensa?
“Noi dobbiamo dialogare con Pisapia e con Bersani, ma non su basi personali, bensì sulla base dei programmi. Se parliamo dei temi concreti, secondo me noi possiamo trovare degli obiettivi comuni, perché siamo il centrosinistra. Io di questo ne sono convinta, perché è il progetto politico che fa la differenza, non le persone”.
Nel convegno organizzato oggi presso la sede piacentina di Confindustria, lei ha parlato dei problemi derivanti dalla mancanza di coordinamento tra le diverse Regioni, che procedono per conto proprio. Cacciari ha definito le Regioni dei “catafalchi” poco utili e nel contempo le Città Metropolitane sono sull'orlo del collasso: lei, da consigliera regionale, cosa ne pensa?
“Su alcuni temi, il fatto che le Regioni procedano per conto proprio è un controsenso. Sulla riorganizzazione degli enti locali non ho una risposta pronta o una bacchetta magica, ma penso che il fatto che siano venute a mancare le Province abbia comportato dei grossi problemi. Bisognerebbe incentivare le aree vaste, per sviluppare economia di scala su certi servizi, ma va anche detto che non si possono obbligare due città a mettersi insieme, soprattutto se profondamente diverse tra loro per tipologie di territorio e servizi. Non ha senso. Però questo lavoro sulle Province ormai è stato fatto e sicuramente non possiamo continuare a fare e disfare, no? Bisognerebbe trovare una via intermedia e realizzare una riforma nella quale diciamo, per esempio, che al Governo va in toto la competenza sui trasporti. Noi in Emilia Romagna ad esempio viviamo in una condizione assurda, perché molti dei nostri treni sono di Trenord, quindi della Lombardia, alla quale non importa granché dei nostri pendolari. E' chiaro che sarebbe meglio dare al Governo il compito di lavorare su tutto ciò che riguarda la materia dei trasporti, perché non ha senso che io abbia delle condizioni differenti rispetto a chi sta a soli 70 Km da me! La Regione dovrebbe limitarsi a fare una programmazione per aree, lasciando più funzioni a livello locale. Però stiamo entrando nella fantapolitica...”
Già, perché per fare queste riforme ci vorrebbe un altro referendum costituzionale e, vista l'esperienza del 4 novembre...
“Io allora ero per il Sì e dicevo chiaramente che - in caso di vittoria del No - saremmo tornati a un sistema fatto da piccoli partiti. Mi dicevano che non era vero, ma alla fine siamo tornati esattamente lì”
Cosa ha sbagliato Renzi, in occasione del passaggio referendario?
“Ha personalizzato il tema. Nei contenuti, alla fine, la riforma andava bene a tutti. La stragrande maggioranza delle persone che mi annunciava che avrebbe votato per il No adduceva motivazioni come il fatto che, essendoci 'troppi consiglieri del PD nelle Regioni', si rischiava di fare un Senato monocolore, visto che si introduceva l'elezione di secondo livello. Anche quella diatriba andava risolta prima, non dopo. Se noi facessimo le cose magari con meno fretta, ma un po' più pensate e ragionate insieme a tutti gli attori del PD e un po' meno personalizzate (non solo su Renzi, ma su tutti noi), otterremo dei risultati migliori. Invece mi da' fastidio quando ci criticano dicendo che non stiamo in mezzo alla gente: io ci sono sempre, il mio numero ce l'hanno tutti, sanno dove abito, vivo in una città da 100.000 abitanti, che è praticamente un grande paese... ma se organizzo una riunione nella quale si parla di economia circolare o cose del genere, so già che parteciperanno le solite 15/20 persone che gravitano intorno al PD. Come si fa a rilanciare la partecipazione? I giovani hanno altri interessi, i genitori la sera sono stanchi... Facciamo la partecipazione sui social? No, grazie: io mi rifiuto”
Ok, ma anche questo tema dovrebbe stare sull'agenda del Segretario del PD. E il Congresso ha sancito la ampia vittori di Renzi. Forse anche per mancanza di alternative?
“No, un'alternativa c'è sempre. Io credo che Renzi abbia ancora delle qualità e delle caratteristiche che, messe a fattor comune all'interno di una squadra, potrebbero farci vincere. Fare squadra è fondamentale: neanche Higuain vince le partite da solo”.
