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Politica
Open polis, gaffe sulle lobby al Mise. Il caso è una bolla contro il governo
Foto LaPresse

Che fine ha fatto il registro per la trasparenza del ministero dello Sviluppo Economico (Mise), presieduto da Luigi Di Maio? La denuncia della “sparizione” arriva dall’osservatorio civico Open polis, ente che monitora la trasparenza dei politici e la possibilità di accesso ai dati pubblici. L’ente, anche per notevoli lavori in passato, è particolarmente accreditato presso la stampa mainstream. “Il ‘Registro Trasparenza’ si ispira al modello utilizzato dalle istituzioni europee”, spiegarono all’adozione nel 2016 quelli del Mise, come se il registro fosse di per sé un meccanismo di limitazione o controllo dell’azione delle lobby, tanto meno quelle europee.

 

Il registro per la trasparenza è quello strumento digitale che permette ai cittadini di monitorare gli incontri che politici e dirigenti, di un determinato organismo dello Stato, fanno con lobby e portatori di interessi. Ma si sa per quanto parziale, un elemento di trasparenza in più che consente ai cittadini di capire meglio le decisioni dello Stato e della politica non guasta. Col registro si può avere qualche informazione in più sulle scelte di chi è nelle stanze dei bottoni, chiunque esso sia, e comprendere, quando viene approvata una misura, adottato un provvedimento o fatto passare un incentivo economico ad una categoria, se sono anche il frutto di incontri con gruppi di pressione. La forza dello strumento però resta comunque labile e discutibile.

 

Ma anche se negli anni il peso delle lobby è enormemente cresciuto questo strumento minimo è rimasto al palo presso i governi italiani.

Nel 2016 però, il predecessore di Di Maio al Mise, Carlo Calenda diede forma al registro per la trasparenza presso il ministero, spiegano ad Open Polis, con un’agenda che permetteva di vedere on line le associazioni, i gruppi, le lobby e i portatori di interesse che si accreditavano, mostrando anche le date degli incontri che si svolgevano con il ministro, i sottosegretari e i direttori generali.

Con il nuovo governo, il 28 settembre scorso, il ministro Di Maio ha firmato una direttiva per adottare il registro della trasparenza sia al Mise che al ministero del Lavoro. Ma oggi l’agenda del Mise è completamente vuota, scrivono quelli di Open polis. L’agenda non indica incontri in programma e nelle varie finestre di accesso non consente la possibilità di vedere gli appuntamenti concordati dai sottosegretari, anche se continuano ad apparire i nomi dei portatori di interessi privati inscritti al portale. Sul registro del ministero del Lavoro invece appaiono diversi incontri che tre dirigenti hanno già sostenuto (e solo loro) con vari soggetti.

 

“L’agenda degli incontri con i lobbisti è ad oggi vuota, come mai?”, si chiedono dall’osservatorio. E poi arriva l’attacco. “Ancora una volta, si dà l’impressione che nessuno dei membri del governo con delega al ministero del lavoro abbia avuto incontri con lobbisti da quando si è insediato l’esecutivo Conte. Cosa poco verosimile”, scrivono. Stesso quadro, se non ancora più netto, è presente al Mise.

Ma facciamoci qualche domanda. Non si vuole far conoscere chi incontra il ministero? Ma questo che senso avrebbe se qualche mese prima si è approvata una direttiva proprio per l'adozione del registro e la resa pubblica di tutti gli incontri? C'è un errore tecnico? I dati sono altrove? Altri meccanismi fanno funzionare il sistema? O cosa sta accadendo?

Abbiamo chiamato il Mise e dal ministero ci hanno spiegato che non è sparito nulla. L’agenda è vuota adesso perché le pubblicazioni degli incontri sono scadenzate. Ad una data indicativa vengono messi on line gli elenchi degli incontri che si sono tenuti nei periodi precedenti. Di prassi è la procedura del ministero. Verrano a breve pubblicati gli incontri che si sono tenuti al Mise da giugno 2018 a novembre 2018. Basta aspettare le pubblicazioni e scoprire l’arcano. A marzo verranno invece resi pubblici tutti gli incontri di dicembre 2018 e gennaio 2019. “Sarebbe impossibile fare altrimenti, vista anche la complessità dell’agenda del ministro Di Maio”, dice l’addetto stampa. Ma immaginiamo valga per qualunque soggetto di vertice dello Stato.

Il caso, anche per i dubbi che si possono sollevare sull’efficacia esaustiva del registro, sembra più una bolla mediatica che uno scandalo vero. L’ennesima.

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Nel 2016 così in una nota il Mise spiegò l’importanza del registro: “Lo Sviluppo economico è il primo ministero ad adottarlo in Italia. Attraverso un processo decisionale più aperto e trasparente diventa più facile garantire una rappresentanza equilibrata ed evitare pressioni indebite o un accesso illegittimo o privilegiato alle informazioni o ai responsabili delle decisioni. La trasparenza è inoltre un elemento fondamentale per incoraggiare i cittadini a partecipare più attivamente all’attività pubblica”.

E il ministero invitò a registrarsi i soggetti, le persone fisiche o giuridiche, che rappresentano professionalmente presso il Ministero dello sviluppo economico interessi leciti, anche di natura non economica. La registrazione è su base volontaria e a cura dei privati che se ne assumono la responsabilità. “Si informano gli utenti che i dati relativi ai soggetti iscritti nel Registro Trasparenza vengono inseriti dagli stessi iscritti ed hanno le finalità esclusive previste dall’istituzione del Registro”, recita il sito del Mise, “pertanto l’Amministrazione non effettua controlli sulla veridicità dei dati immessi sulla piattaforma informatica, né può ritenersi responsabile di usi informativi distorti presso terzi”.

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