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Politica
Pd tra cinema e fiction col figlio della Comencini e il fratello di Montalbano

Il Pd diviso tra parenti del cinema e delle fiction. Si perché per sconfiggere il renzismo scende in campo, dopo l’esperienza da Ministro, il nipote del regista Luigi Comencini, e figlio di Cristina, ed il fratello dell’attore Zingaretti. Il piano di Calenda parte dal Fronte Repubblicano per andare oltre il Pd per una sinistra moderna. Calenda immagina di aggregare oltre il partito tradizionale recitando la parte dei valori e da ex bimbo prodigio, era lo scolaro nello sceneggiato tv degli anni ottanta “Cuore”, ora spera di riscaldare quello dei militanti.

Dall’altra parte c’è chi si affida nelle capacità, e nella somiglianza, con il patron degli ascolti del commissario Montalbano. Il Presidente del Lazio, oltre ad esser tale ed ispirarsi alla rete dei sindaci e dei Comuni, è anche il fratello dell’attore Luca Zingaretti ed i democratici che già lo hanno scelto, da Gentiloni ad Orlando, dovranno augurarsi che sappia realmente indagare per capire come frenare l’emorragia degli elettori e recuperare i tanti che lo scorso 4 marzo hanno “guardato le Stelle”.

E Renzi? Ripartirà dalla Ruota della fortuna (il gioco tv al quale lui stesso partecipo prima di entrare in politica), si affiderà a qualche suo riferimento, sceglierà un contendente già in pista per la segreteria del partito o starà fermo?La sconfitta nelle amministrative è la conferma dell’insofferenza al Partito Democratico del “renziano one man show” ma gli elettori però rimproverano, non votando, non solo gli esecutivi di quest’ultimo, e quello di Gentiloni, ma anche le responsabilità avute dal 2011 avallando il governo Monti/Fornero. Un popolo di sinistra orfano delle battaglie della sinistra e della capacità di questa di rappresentare gli ultimi in favore dei potenti e dei banchieri.

Un elettore del Pd, indebitato in banca per pagare le tasse italiane, non potrà mai comprendere salvataggi e miliardi in favore di istituti di credito che lo hanno ridotto sul lastrico. Gli eredi dell’ex pci, ma anche dell’ex dc, hanno per troppi decenni rinnovato i simboli senza mutare gruppi dirigenti ma riadattando le politiche sociali ed economiche in favore di lobby ed amici influenti che, con la sinistra democratica e riformista, non dovevano aver nulla a che fare. L’attuale gruppo dirigente, ormai semi orfano del “toscano”, sbaglia anche ad opporsi.

Rimproverare Fratelli d’Italia e Forza Italia di esser in alleanza con la Lega sui territori tentando la provocazione su quanto questi dovrebbero fare è come non avere argomenti e non esser vera opposizione. Dall’altra un Salvini, come già detto in altri editoriali, con il piede in due scarpe ed ormai conscio che l’eventuale suo 29/30% non debba scaturire dalla morte degli alleati di una delle due scarpe, l’altra è quella dell’alleanza giamaicana con i grillini. Cannibalizzare non serve più. La Meloni dovrebbe capire che i temi della destra sociale,inseguendo semplicemente Salvini, se tralasciati saranno estinti come i valori calpestati dalla sinistra italiana. Forza Italia rinnovarsi consapevole che senza la propria percentuale il ministro all’interno non potrà esser, con tale legge elettorale, mai Presidente del Consiglio. Recuperare i valori liberal-democratici ed inseguendo i temi e le necessità tralasciate ed abbandonate dalla politica attuale divenendo un partito 4.0 con l’icona di Berlusconi, è un marchio che da solo potrebbe valere almeno l’8%, ma ripartendo dai territori con dirigenti militanti e battaglieri come lo furono i leghisti della prima ora. Riusciranno a ritrovare la rotta per diversificarsi dall’anti Ong? È questa, per gli azzurri, la vera scommessa

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