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Politica
Riforma pensioni 2023: che botta, si mette molto (molto) male
(foto Imagoeconomica)

Riforma pensioni 2023, e adesso? Le ipotesi in campo


Pensioni, doccia fredda per chi spera nella riforma tanto promessa dal Governo Draghi: all’interno del Def non ne vengono stanziate le risorse.

Dimostrazione - si legge su https://www.money.it/ - che la riforma delle pensioni non è più una priorità per il Governo, sempre che lo sia mai stata, superata ormai dalla questione energetica e dalla guerra in Ucraina. Rischia dunque di ripetersi quanto già successo nel 2020, quando il dibattito sulle pensioni era già stato avviato - con l’allora ministro per il lavoro Nunzia Catalfo - salvo poi essere interrotto con lo scoppio della pandemia.

Il fatto che nel Def non vengano menzionate le risorse per la riforma delle pensioni, tuttavia, non significa che non ci saranno interventi mirati a rivedere il sistema pensionistico. Semplicemente, come sosteniamo da tempo, non verranno effettuate spese folli da questo Governo, in quanto il primo obiettivo è di garantire sostenibilità ai conti pubblici. Resterà deluso, dunque, chi sperava in un notevole abbassamento dell’età pensionabile già dal prossimo anno: semmai ci sarà un’alternativa a quota 102, questa potrebbe essere riservata solamente ad alcuni profili.

Secondo le stime del Def, la spesa per le pensioni riprenderà a correre dal 2025, arrivando al 16,7% del Pil nel 2030 e al 17,4% nel 2036. Questo nonostante il Governo Draghi abbia deciso di non proseguire con quota 100, prevedendo un’alternativa - quota 102 - limitata tanto nella platea quanto nei costi.

Non si parla di risorse utili per modificare il sistema pensionistico dal 1° gennaio 2023, come era stato promesso da Mario Draghi durante il dibattito che ha portato all’approvazione della Legge di bilancio per il 2022. Risorse necessarie se si vuole superare effettivamente quanto stabilito dalla riforma Fornero, ma che potrebbero non servire qualora la riforma dovesse limitarsi a misure su una platea circoscritta.

Il Governo non rinnega la riforma delle pensioni promessa. D’altronde se ne parla nelle linee guida del ministero del Lavoro, e lo stesso ministro Orlando pochi giorni fa ha confermato l’intenzione di proseguire il dialogo con i sindacati su tutti i temi già aperti, come pensioni, precarietà e salari, pur aggiungendo però che con lo scoppio della guerra in Ucraina “la gerarchia di questi temi è cambiata”.

Alla luce di ciò, cosa dobbiamo aspettarci per la riforma delle pensioni? Secondo Franco sono tre i punti che dovranno essere affrontati, secondo https://www.money.it/:

trovare soluzioni che consentano forme di flessibilità in uscita;

individuare un modo per il rafforzamento della previdenza complementare;

approfondire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni.

Per il momento la soluzione tampone scelta per il 2022 per garantire una maggiore flessibilità in uscita non piace a nessuno: sono troppo pochi, infatti, coloro che possono accedere a quota 102 così da anticipare l’accesso alla pensione all’età di 64 anni.

Chi spera in una misura diversa nel 2023, rivolta quindi a una platea più numerosa, dovrà invece ricredersi. Soluzioni come quelle richieste dai sindacati - che da mesi vanno avanti chiedendo l’accesso alla pensione a 62 anni di età o, in alternativa, con 41 anni di contributi - non sono nei pensieri del Governo Draghi. Non lo erano prima, figuriamoci adesso che lo scoppio della guerra in Ucraina ha fissato nuove priorità.

E basti vedere che nel frattempo in Europa c’è chi sta ragionando su come ritardare l’accesso alla pensione: lo stesso Macron ne ha parlato durante la campagna elettorale, confermando che nel caso in cui dovesse essere rieletto sarà sua premura aumentare l’età pensionabile in Francia.

Per capire cosa aspettarci, dunque, dovremo attendere le prossime settimane, ma il testo del Def abbassa sicuramente le aspettative, specialmente per quanto riguarda la flessibilità in uscita. Superare la Fornero, approvata proprio per garantire sostenibilità al sistema, non è un obiettivo, specialmente se si tiene conto del fatto che dal 2025 la spesa pensionistica riprenderà pericolosamente a salire.

Si potrà ragionare su misure riservate a una platea più ristretta di lavoratori - ad esempio i fragili, ma anche i precoci - o comunque su soluzioni che prevedono sì la possibilità di uscire anticipatamente dal mercato del lavoro ma solo per effetto di qualche penalizzazione.

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