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Politica
Primo maggio fra i più amari di sempre. Milioni non garantiti da nessuno
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato (1898   1901), olio su tela, cm. 283 x 550. Milano

Questi fatti sono all’origine sia dell’assassinio di re Umberto I due anni dopo, sia di un dipinto considerato una pietra miliare nella storia dell’arte e nella rappresentazione della società: Il Quarto Stato, di Pellizza da Volpedo.
Per dirla con le parole dell’artista, per la prima volta veniva data forma al “più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l'Otto e il Novecento”.
 Il primo bozzetto, datato 1891, porta il titolo profetico di Ambasciatori della fame, poi cambiato nel 1895 in Fiumana, per arrivare a quello definitivo nel 1898, deciso in seguito al massacro di Milano.


Quest’opera ha dato voce e forma a una classe emergente, il proletariato, che mai prima di allora era stata rappresentata. Meglio di qualunque proclama, afferma un diritto universale, quello del lavoro, e ha una carica innovativa dirompente. Come dirompente è la forza sprigionata da questo fiume di lavoratori che sembra avanzare, lento ma inesorabile, come un corso d’acqua. C’è poi un altro elemento rivoluzionario, aggiunto nei bozzetti e nelle varie prove eseguite fra il 1895 e il 1898: la figura femminile con il bimbo in braccio. Una Madonna laica, unica nel suo genere, discendente diretta delle Madonne del popolo raffigurate da Caravaggio, solo all’apparenza in posizione subalterna. In verità questa donna è uno dei tre fuochi della scena e incarna un ruolo da protagonista, novella allegoria di tutta l’umanità.

Eppure, come Caravaggio, anche Pellizza non si vide mai riconoscere il valore dell’opera che, con tanta fatica e tormento, aveva creato. Solo molti anni dopo la sua morte Il Quarto Stato è stato eletto simbolo di tutto il Novecento. Acquistato dal Comune di Milano nel 1921 per la modica somma di cinquemila lire, da allora fa parte del patrimonio della Galleria d’Arte Moderna, dove è esposto.

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