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Referendum, la tattica di Schlein

Schlein tira dritto sui suoi temi senza ascoltare nessuno. Adottando la stessa politica della polarizzazione estrema che ha fatto la fortuna di Meloni. Ma Milano ed il Nord ribollono... Il commento

di Fabio Massa

Referendum, la tattica di Schlein

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C'è un giornalista, ex Repubblica, ma libero pensatore (e il ma ha un senso, per i giornalisti che conoscono le avversative), che si chiama Ivan Berni. Io di Ivan ho grande stima. Commentando il referendum Berni usa parole durissime: "Io penso che questa pessima figura, (una scommessa politica a cui non credeva nessuno) sia stata messa in piedi per avere un argomento in più da rinfacciare ai compagni di strada. Il minoritarismo ha nuovamente stravinto. Ha vinto riaffermandosi come l'anima più potente e finora invincibile della sinistra italiana. Tutti sapevano che i Referendum sarebbero stati un fallimento, eppure si sono raccolte la firme, si è fatto finta che le questioni su cui si sarebbe votato fossero di importanza capitale". 

Schlein tira dritto senza ascoltare nessuno. Ma Milano e il Nord ribollono

Non avrei saputo dirlo meglio. La conclusione però diverge, tra me e Ivan. Perché per lui è un fallimento nel senso che non determina alcun passo avanti per il mondo della sinistra. Invece per me, pur non condividendo niente, la Schlein ne esce rafforzata perché ragiona in una logica di rafforzamento del nucleo, e di attrazione dell'elettorato contiguo di Movimento 5 Stelle e Avs. E infatti tira dritto senza ascoltare nessuno, con i suoi fedelissimi. Certo, i territori del Nord ribollono: Milano in primis. E non è un caso che molti riformisti, a queste latitudini, vivono con disagio e fastidio un messaggio che di milanese e lombardo non ha nulla.

Ma la battaglia sui diritti può - e infatti lo fa - coprire tutto. E' il tempo del Pride, e ogni divisione viene spazzata via dal fatto che quando si parla di diritti civili anche i riformisti sul piede di guerra si collocano stabilmente a sinistra. Schlein si sta dimostrando più dura di tutti. L'ho scritto e lo ripeto. Mi ricorda, ovviamente non per le posizioni (diametralmente opposte) ma per il metodo, il protagonista di The Young Pope, la serie di Sorrentino nel quale un papa "giovane" scandalizza la Chiesa facendo tutto quello che la Chiesa reputa sbagliato, eppure regnando forse con più potere di chiunque altro nel passato recente.

Schlein adotta la politica della polarizzazione estrema. Come Meloni

Schlein non media, non tratta, non si piega. Schlein tiene uniti i fedelissimi, tiene il punto sui fondamentali, non allarga. Serve allargare? Sì, forse. Ma serve di più militarizzare e polarizzare i propri, in un mondo nel quale ormai la maggior parte delle persone non va a votare. E' una scommessa che sottintende un cambio di paradigma: non più la politica della trattativa, dell'accordo, ma la politica della polarizzazione estrema, da una parte e dall'altra. La Meloni aveva fatto - a suo tempo - lo stesso gioco: aveva tenuto il suo punto mentre tutti stavano con Draghi. E poi è stata scelta perché appunto non aveva fatto accordi. Schlein sta cercando proprio di fare la stessa cosa, con una difficoltà in più: la Meloni aveva un territorio omogeneo per un gruppo omogeneo che poteva ricevere lo stesso messaggio. Schlein ha invece un Nord sensibile a temi che la segreteria pare non trattare più: lo sviluppo economico e la pressione fiscale (sì, anche i ricchi pagano le tasse).