Politica
Referendum falliti. Affluenza finale al 30,6%. Flop clamoroso per Schlein e Landini. Terremoto nel Pd e a sinistra
Giorgia Meloni e il governo di Centrodestra escono rafforzati

Referendum 8-9 giugno, Elly Schlein al seggio
Referendum falliti, flop clamoroso per Schlein e Landini che avevano come obiettivo superare il 40% di partecipazione al voto
Pesante. Dolorosa. Inattesa. Brutta. La sconfitta ai referendum su lavoro e cittadinanza per la segretaria del Partito Democratico ha assunto man mano che passavano le ore di domenica 8 giugno e poi di lunedì 9 queste caratteristiche. Inutile nasconderlo, al Nazareno sapevano benissimo che il raggiungimento del quorum sarebbe stato molto, molto difficile. Quasi impossibile, anche se alcuni ci speravano davvero per dare una spallata al governo di Giorgia Meloni (che, sempre ben consigliata dalla sorella Arianna, è andata al seggio senza ritirare le schede. Gesto edulcorato e istituzionale ma che di fatto ha detto ai suoi elettori di non votare) e all'invito palese all'astensione del Centrodestra compatto (escluso Noi Moderati e Udc, poco più dell'1% nei sondaggi).
E l'obiettivo non dichiarato di Elly Schlein e del segretario della CGIl Maurizio Landini era quello di superare una partecipazione del 40% per dimostrare che la sinistra vale almeno quanto la maggioranza di governo. E invece niente da fare. E' vero che c'è la magra consolazione che la somma totale dei votanti supererà di quella del Centrodestra alle elezioni politiche del 2022 (12.305.014 di elettori), ma è un dato difficile da rivendicare come vittoria, anche perché a questi vanno sottratti gli elettori che hanno votato NO (e se si contano solo i SI' Schlein 2025 perde contro Meloni 2022). Un piccolo premio di consolazione, già rivendicato da Francesco Boccia prima ancora della chiusura delle urne (segno che il flop è evidente) che certo non può reggere di fronte a quello che fin dal dato dell'affluenza alle urne delle ore 12 di domenica (7,4%) è apparso come un fallimento.
C'è stata poi una piccola ripresa tra le 19 e le 23 di domenica ma alla fine chiudere con una partecipazione al 30,6%, nettamente sotto la soglia minima per evitare la debacle del 35%, è pesante. Una sconfitta netta della politica di appiattimento di Schlein sulla CGIL e sulla sinistra-sinistra di AVS e M5S (che non si è nemmeno speso troppo per questi referendum e infatti si è visto nell'affluenza). In sostanza, il dato della partecipazione alle urne è inferiore alla somma che nei sondaggi hanno il Pd, i pentastellati e Alleanza Verdi Sinistra. E a questo elemento va sommato che una piccolissima parte del Centrodestra aveva invitato a votare NO e Azione e Italia Viva e anche PIùEuropa non avevano detto certo di astenersi e infatti i loro leader sono andati alle urne.
Ora, con questo ko chiaro, si apre una partita interna tutta al Pd. Questi referendum, come aveva detto ad Affaritaliani.it Walter Rizzetto (presidente di Fratelli d'Italia della Commissione Lavoro della Camera) sono stati una sorta di congresso interno ai Dem. La minoranza riformista e moderata che ha invitato a votare due o tre NO ora chiederà conto alla segreteria di questa strategia di schiacciarsi sulla sinistra che ha portato a questi pessimi risultati. Quando invece le elezioni comunali di Genova di due settimane fa dimostrano come il Centrodestra si sconfigge allargando al centro di Carlo Calenda e Matteo Renzi.
Sul fronte opposto però la segretaria e i suoi fedelissimi sono pronti ad accusare la minoranza interna di non aver fatto abbastanza per portare gli elettori alle urne. Un bel pasticcio per la principale forza di opposizione proprio quando i sondaggi davano per probabile la vittoria 4 a 1 alle elezioni regionali. La maggioranza, il governo e soprattutto la premier Meloni ringraziano in quanto, con questa evidente sconfitta popolare ed elettorale della sinistra-sinistra, l'esecutivo, nonostante le divisioni in politica estera e anche economica, esce certamente rafforzato.
Anche e soprattutto per la palese assenza di un'alternativa chiara di governo da parte di opposizioni divise e litigiose, perfino all'interno del primo partito di minoranza.
A pensarla così è anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, che dichiara: "Le opposizioni hanno voluto trasformare i 5 referendum in un referendum sul governo Meloni. Il responso appare molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita".
Il tutto, però, sottolineano fonti autorevoli della minoranza del Pd, cercherà di essere in qualche modo "nascosto" da Schlein e dai vertici della maggioranza Dem che punteranno molto sui voti assoluti sostenendo che pure con queste bassissime percentuali lo zoccolo duro della sinistra è superiore alla destra in termini di elettori assoluti (anche se si tratta di confronto che ha poco senso e fatica parecchio a stare in piedi). Attenzione, però, come detto, se si contano solo i SI' il confronto con il Centrodestra del 2022 vede la sconfitta di Schlein (soprattutto sul tema della cittadinanza agli stranieri dimezzata).
Insomma, una sconfitta netta raccontata come una semi-vittoria. Che non è affatto. Ultimo punto, ma certamente non per importanza, questo flop ai referendum è la pietra tombale sulle velleità politiche di Landini che - fanno notare molti moderati Dem - ha buttato via un sacco di soldi dei lavoratori per la campagna elettorale. La CGIL ha circa 4,5 milioni di iscritti, ma - evidentemente -, dati alla mano, non tutti sono elettori di Centrosinistra e non tutti sono andati alle urne per i referendum contro il Jobs Act. E in molti ora scommettono che lo stesso Landini avrà problemi interni di leadership da parte dei dirigenti del suo stesso sindacato. Molto più astuto Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, che pur avendo dichiarato di andare a votare, si è tenuto ben lontano dal clamore mediatico fiutando quella che di fatto è una clamorosa debacle per la sinistra e per il sindacato, almeno per quello più rappresentativo. Appunto la CGIL.
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