Politica

Oggi come nel 1974, nelle urne ribellione nonviolenta

Carlo Patrignani

 

Se il No ha sempre un valore creativo, progressista e  non conservatore, la risposta dei 19 milioni e mezzo circa di cittadini alla revisione, riforma è parola assai nobile, costituzionale di governo perseguita dal Premier Matteo Renzi, il passaggio coerente non può che essere la rinascita di un progetto alternativo di società: lo pretende la ribellione nonviolenta iscritta nel magnifico 69%, al di là del richiamo alla Carta Costituzionale.

Il valore creativo e progressista, non conservatore del No calato magistralmente nella insidiosissima contesa referendaria da Massimo D’Alema, abile, da politico consumato e uomo di cultura di livello europeo, a lasciare la strada degli insulti al fronte del Sì, ha già visto rinascere non solo la bella vittoria al referendum di giugno 2006 sulla pressoché identica riforma, anche qui meglio, revisione costituzionale del Governo di centro-destra di Silvio Berlusconi, ma soprattutto la straordinaria vittoria del No del 12 maggio 1974 all'abrogazione della legge del divorzio.

Non era, forse, il Paese pure nel lontano 1974 oppresso dalla politica di austerità come oggi dall'austerity neo liberista? Non si imponevano, forse, anche allora allla gente i sacrifici allo stesso modo di oggi? E quel contesto economico e sociale, discendente dalla crisi del Kippur e dalla disgraziata caduta del rapporto oro-dollaro con la moneta americana assurta a moneta fiduciaria internazionale così da conferire un potere fortissimo nelle mani degli Usa, non è simile per l'esorbitante influenza Usa all'attuale?

Fu in quel difficilissimo clima economico e sociale che nel 1974 si tenne il referendum sul divorzio: i No all'abrogazione della legge Baslini-Fortuna, imposta al Paese dal Vaticano e dai suoi bravi, i Comitati civici di Gedda e Lombardi in testa e a ruota Dc e Msi, furono 19.138.000 pari al 59,26% contro i 13.157.558, pari al 40,74%, del Sì. L'affluenza alle urne fu altissima: l'87,72% degli aventi diritto, 37.646.322, con tanto di quorum (50,1%) raggiunto, pena la nullità.

Nel 2016 i No alla revisione costituzionale di governo, imposta al Parlamento con il voto di fiducia dal Premier Renzi con l'avallo dei suoi bravi, l'establishment e le grandi èlite finanziarie, imprenditoriali e mediatiche, sono stati 19.419.528 pari al 59,11%, rispetto ai  13.432.187 voti del Sì pari al 40,89%. L'affluenza alle urne è andata oltre ogni previsione: il 68,48% degli aventi diritto, 33.243.845, e questa volta senza il quorum del 50,1%.

Certo il confronto logico riguarderebbe i due referendum, quello del giugno 2006 e quello del 4 dicembre 2016 essendo analoga la materia. Però, al di là della materia in discussione, la Carta Costituzionale, c'è un dato incontrovertibile per il mondo politico: la risposta diretta, più di pancia, di getto, che ragionata e di cervello, della gente, quando e se è chiamata a scegliere di persona su questioni che riguardano la sua vita, il suo modo di vivere, i suoi bisogni materiali e immateriali.

Si può ben dire che allora, nel 1974, e oggi, nel 2016, la risposta popolare è stata la ribellione nonviolenta a una insopportabile pretesa di imporre dall’alto un modello e uno stile di vita: se l’uscita di scena ieri del leader antivorzista della Dc, Amintore Fanfani, aprì la strada ai governi di solidarietà nazionale con il coinvolgimento dell'ex-Pci, come quella di Alcide De Gasperi dopo la sconfitta sulla legge truffa del '53 - ha ricordato D'Alema - aprì la strada al centro-sinistra, oggi l'uscita di scena di Renzi ne può aprire una inedita e originale, tutta da inventare, da progettare e da costruire, come pretende buona parte di quel 69%.