Suicidio assistito, Zanettin (FI): “Serve una legge nazionale. Sul caso di Daniele Pieroni la Regione Toscana ha agito fuori competenza” - Affaritaliani.it

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Suicidio assistito, Zanettin (FI): “Serve una legge nazionale. Sul caso di Daniele Pieroni la Regione Toscana ha agito fuori competenza”

Suicidio assistito, l’intervista al senatore di FI Pierantonio Zanettin: “Il Parlamento è intenzionato a far decadere la legge toscana tramite l’approvazione di una legge unica nazionale”

di Federica Leccese

Fine vita, Zanettin (FI) ad Affaritaliani.it: “Serve una maturazione della società civile e del Parlamento che finora è mancata”

Dopo l’approvazione della legge regionale, in Toscana si è verificato il primo caso di suicidio medicalmente assistito: Daniele Pieroni, 64enne originario di Pescara, affetto dal morbo di Parkinson e da una grave disfagia, ha scelto di porre fine alla sua vita il 17 maggio scorso.

La norma, approvata dal Consiglio regionale, è stata impugnata fin da subito dal governo Meloni per presunto sconfinamento delle competenze. Interpellato da Affaritaliani.it Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia e relatore del ddl sul fine vita, chiarisce la posizione del centrodestra sul tema e anticipa i prossimi passi legislativi.

Il caso di Daniele Pieroni in Toscana ha riacceso l’attenzione sul tema del suicidio medicalmente assistito. Come valuta la scelta della Regione di dotarsi di una legge propria e la risposta dell’Asl Toscana Sud Est, che ha applicato la normativa regionale?

Intanto va chiarito che, a nostro avviso, le Regioni non possono legiferare autonomamente su questa materia. Il suicidio assistito, che la Corte Costituzionale ha configurato come scriminante dell’articolo 580 del Codice penale, rientra pienamente nella competenza statale. Non a caso, il governo ha impugnato la legge regionale toscana davanti alla Corte Costituzionale.

Detto ciò, prendiamo atto di quanto accaduto. Come Parlamento siamo impegnati a varare al più presto una legge nazionale, valida su tutto il territorio italiano. La stessa legge regionale toscana contiene una clausola di cedevolezza: ciò significa che, una volta approvata la legge nazionale, la normativa regionale decadrebbe automaticamente. Dunque, da un lato la Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi per annullare quella legge, e dall’altro il Parlamento è intenzionato a raggiungere lo stesso risultato tramite un intervento legislativo organico.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2019, il Parlamento non è ancora riuscito a legiferare in materia di fine vita. Perché, secondo lei, è così difficile arrivare a una legge nazionale su un tema su cui la Consulta ha già indicato criteri chiari?

In realtà quei criteri non sono poi così chiari come si potrebbe pensare. Ma, soprattutto, si tratta di un tema eticamente molto delicato, dove si confrontano sensibilità non solo politiche ma anche morali. Qui entrano in gioco due principi costituzionali di altissimo rango: da un lato il diritto all'autodeterminazione del cittadino, dall’altro la tutela della vita.

Trovare un punto di equilibrio tra queste due esigenze non è semplice, né sul piano giuridico né su quello politico. Serve una maturazione della società civile e del Parlamento, una condivisione di intenti che, finora, è mancata.

Il 17 luglio è atteso in Senato un testo sul fine vita. Può anticiparci quali saranno i punti cardine della proposta?

Il testo ripartirà dai quattro criteri indicati dalla Corte Costituzionale, che restano un punto fermo e non sono messi in discussione. A questi si aggiunge la necessità di rafforzare e migliorare l’offerta di cure palliative sul territorio. 

Si discute della possibile creazione di un Comitato etico nazionale. Quale dovrebbe essere, secondo lei, il suo ruolo concreto? È giusto che sia un organismo terzo a valutare i singoli casi o si rischia di allungare ulteriormente i tempi per chi ha già ricevuto un parere medico favorevole?

“Parere medico favorevole” è un'espressione molto atecnica. Non è che se il medico curante ritiene che una persona abbia diritto al suicidio assistito, questa decisione possa essere presa automaticamente. Stiamo parlando di una scelta estrema, che rende non punibile l’aiuto al suicidio. Deve quindi essere valutata con grandissima attenzione da un organismo competente.

È per questo che si propone un comitato etico nazionale con composizione multidisciplinare: dovrebbe includere, a titolo esemplificativo, un giurista, un medico palliativista, un rianimatore, uno psichiatra e uno psicologo. Solo attraverso il vaglio di un comitato di alto profilo professionale si può arrivare a legittimare questa scelta così estrema. 

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