“A bocca chiusa” i versi corali di Luigi Maruzzi - Affaritaliani.it

PugliaItalia

Ultimo aggiornamento: 16:04

“A bocca chiusa” i versi
corali di Luigi Maruzzi

“A bocca chiusa” di Luigi Maruzzi - Manni Poesia, 2025 è la nuova raccolta di slanci poetici dell’autore garganico di San Marco in Lamis.

di Antonio V. Gelormini

La sindrome del silenzio, a cui aggrapparsi prima di scalare la montagna, si rivela esercizio terapeutico e funzionale al sospirato canto liberatorio sprigionato dalla conquista del verso: la parola che si fa vento, per impollinare passioni e ambizioni di ‘babeltii’ svolazzanti su ali di farfalle.


 

“A bocca chiusa” di Luigi Maruzzi - Manni Poesia, 2025 è la nuova raccolta di slanci poetici dell’autore garganico di San Marco in Lamis, affidato alle stampe di una casa editrice salentina, per esaltare il carattere meridiano di un’ispirazione meticcia senza tempo.

“Quelle del poeta non sono solo parole”, come lucciole nella notte animano - con la loro intermittenza armoniosa - il silenzio degli sguardi rapiti e lo stupore meravigliato degli amanti silenziosi, che affidano alla brezza impalpabile di quello sfarfallio le speranze e le attese di un travolgente innamoramento.


 

Maruzzi lo fa con certosina maestria, ripercorrendo sentieri e rotte segnati dal vento e da tracce indelebili d’affetti e impronte emotive, fino a rifugiarsi - quando la minaccia di tempesta mette a rischio la metafora del viaggio - nei tratti autoctoni del dialetto ancestrale: autentico blasone dell’espressione più spontanea.

Un codice di comunicazione che, negli arabeschi del ritmo, lo porta ad incontrare e a rendere omaggio alla ‘parola difficile’ (‘nuova’ e al contempo ‘antica’) di Joseph Tusiani, nonché alle ‘parole mute’ e ai ‘sussurri interiori’ di Alda Merini, attraversando come un rèfolo impudente la galleria suggestiva della memoria.

Tormento e speranza trattenuti ‘a bocca chiusa’ per “dar voce all’inquietudine umana” ricordava nella Lettera ai Poeti Papa Francesco, il quale auspicava che la stessa Poesia salisse un giorno in cattedra nelle nostre Università, per alimentare con la sua forza creativa la genialità di un linguaggio nuovo e mantener viva la capacità di immaginazione: elemento vitale per la fede.

Non è un caso, infatti, se due compositori - pilastri della Musica - decisero di far proprio l’escamotage della ‘bocca chiusa’ per dar corpo a sentimenti e stati d’animo particolari: Giuseppe Verdi, nel Rigoletto, affidando al coro il sibilo del vento e l’atmosfera minacciosa della bufera esaltando il taglio fonico e descrittivo; e Giacomo Puccini, in Madama Butterfly, dove dolore e attesa silenziosa diventano struggenti nel seguire il filo di fumo proveniente dal porto e allungato dal vento della piega fatale degli eventi.

Innumerevoli le declinazioni di quel ‘a bocca chiusa’ dal piglio talvolta esortativo e altre volte imperativo. I ‘babeltii’ di Luigi Maruzzi ne hanno riportati alla mente diversi e tutti ricchi di emozioni e romantica nostalgia. Ne condivido uno, plurale nella sua riproposizione rappresentativa: mia nonna, mia madre, le mie zie o mio padre e i suoi amici che accompagnano con un motivetto - rigorosamente a bocca chiusa - l’impegno nelle faccende di casa, la contemplazione di un paesaggio, il fantasticare della mente, il trascorrere di momenti riflessivi, la ricerca di sintonia col pensiero di chi ci sta accanto. Perché al Sud non c’è bisogno di aprire bocca, ci si intende ‘a rumore di cervello’.

E allora, “Getta la spada, se incontri un poeta”. Anzi, con lui, fanne un vero sigillo di pace!

(gelormini@gmail.com)