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Bari, l’ affaire Decaro e la linea della palma
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La città. in larga parte, si raccoglie ‘a coorte’ attorno al suo Sindaco - il più amato d’Italia - e si pone più di una domanda sulla vicenda che la vede sbattuta al centro della cronaca politica, sorprendentemente incredula della piega degli eventi e travolta dalla spregiudicatezza che ormai caratterizza, in maniera trasversale, la quotidianità degli accadimenti non solo locali.

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In occasione della conferenza pubblica, in cui Antonio Decaro - tra lacrime e rabbia - ha comunicato di voler rinunciare alla scorta: “Perché non si può essere considerati meritevoli di tutela pubblica, se al contempo incombe il sospetto di collusione con chi minaccia quella tutela”, le perplessità raccolte tra i cittadini presenti, stimolano a più di una riflessione e in qualche modo danno chiavi di lettura intriganti, che diventano ‘lenti’ preziose per l’analisi politica conseguente.

“Hai capito perché il candidato di centrodestra non veniva fuori? - diceva un ex consigliere comunale democristiano - Adesso l’ipotesi del magistrato Stefano Dambruoso prende tutta un’altra conformazione”, per poi aggiungere, “Queste cose con Pinuccio Tatarella non sarebbero successe”.

Mentre un funzionario statale continuava a chiedersi e a chiedere, sottolineando l’interrogativo finale: “Ma perché affrettarsi ad andare dal ministro per sollecitare la nomina di una Commissione d’Accesso a poche settimane dalla decadenza naturale del Consiglio comunale, dato che qui a Bari si voterà a breve?”

Il serpeggiare delle domande - per lo più - costituiva una sorta di “J’accuse” in un effetto replicante di tanti Émile Zola, anche se dalla conversazione di un paio di militanti veniva fuori un’altra amara considerazione: “Eh certo - diceva uno dei due - bisognava pure che mettesse in conto, che se vai a letto coi bambini è molto probabile che al risveglio ti ritrovi bagnato…”.

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Più machiavellica, invece, la lettura di un navigato vice questore da tempo in pensione, che faceva notare come la vicenda presentasse tutti i crismi della resa dei conti: “Gliela stanno facendo pagare! Glielo avevano detto e promesso al nostro Sindaco, e oggi alla vigilia delle elezioni si passa ai fatti. Sarà anche poco bello dirlo, ma sono ‘voti’ anche quelli che arrivano dai quartieri ‘sospetti’. Che ne sai, se ora non gli stanno strizzando l’occhio proprio loro?” (quest’ultima frase veniva detta in stretto dialetto barese).

Subdola e in perfetto stile ‘anziano socialista’ arrivava anche la stoccata: “Ma ti rendi conto? Che a sollecitare la Commissione è stato il viceministro alla Giustizia, che per anni ha difeso Silvio Berlusconi? Altro che linea della palma, qua il chiaroscuro è tecnica o effetto totalmente misconosciuti”.

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Tutto questo tra un abbraccio consolante e il lancio di una o più raccolte di firme per esprimere vicinanza e solidarietà al Sindaco che come ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano (magistrato): “Da oggi è più in pericolo. Stiamo esponendo il sindaco di Bari a grave rischio di incolumità perché, quando la mafia capisce che qualcuno è stato abbandonato dallo Stato e viene strumentalizzato a fini elettorali, rischia anche la pelle. Il sindaco di Bari è sotto scorta da anni, per le denunce e gli arresti che ha fatto fare nei confronti di mafiosi e quindi, spero senza volerlo, si stanno favorendo le associazioni mafiose della città, che adesso hanno la soddisfazione di vedere preoccupato per le infiltrazioni mafiose il sindaco di Bari che li ha combattuti. Sinceramente, si tratta di cose che bisognerebbe evitare. Ci vorrebbe più saggezza e meno precipitosa acredine politica”.

(gelormini@gmail.com)









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