Bari per Gaza: 'Beati i miti perché erediteranno la terra' - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 21:25

Bari per Gaza: 'Beati i miti perché erediteranno la terra'

Apprensione e preghiere per i tre cittadini baresi impegnati a chiedere la Pace in terra di Israele e Palestina.

di Dario Patruno

La preghiera che sale da tutti cristiani sparsi nel mondo perché cessino i conflitti apre la mente e il cuore ad un futuro in cui bisogna essere pronti “con le lampade accese”. Ci sentiamo vicini in queste ore ai tre cittadini baresi Francesca Amoruso, Lorenzo D’Agostino e Tony la Piccirella nella preghiera e nell’azione diplomatica che preservi la loro incolumità in terra di Israele. La prima partita da Otranto, ancora in navigazione verso Gaza, gli altri due in attesa di essere rimpatriati. 


 

Ma per andare a fondo delle ragioni che danno senso al nostro essere nel mondo, ma non del mondo, andiamo per ordine, guardando i fatti. Quando il cardinale Pizzaballa in un breve video diffuso il 22 settembre, in occasione della veglia di preghiera organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dedicato al dramma che si sta consumando in Terra Santa, sovvertendo le nostre logiche, ha parlato della Beatitudine della mitezza

Tutto quello che sembra il contrario della mitezza, forza, potenza, sembra prevalere: “Vedo tanti miti che per loro natura non fanno chiasso.” Dopo aver sottolineato che "Le persone si mettono in gioco al di là delle appartenenze, pagando un prezzo personale: ebrei, cristiani, musulmani accomunati dalla umanità. Questa è l’umanità che soffre e prega su cui fondare la speranza per “creare quel tessuto sul quale, poco alla volta, poi si potrà ricostruire il futuro”.

In realtà in questi giorni la mitezza dei cristiani, che molti tradurrebbero in senso laico con peace keeper, è di una sconvolgente attualità e applicazione. In realtà la beatitudine della mitezza aveva costituito il tema della catechesi del mercoledì, il 19 febbraio 2020 di Papa Francesco. In questa udienza generale in tempi non sospetti si parla della relazione tra la mitezza e il possesso della terra.  

Queste due cose, a pensarci bene, sembrano incompatibili. Infatti il possesso della terra è l’ambito tipico del conflitto: si combatte spesso per un territorio, per ottenere l’egemonia su una certa zona. Nelle guerre il più forte prevale e conquista altre terre.

Ma guardiamo bene il verbo usato per indicare il possesso dei miti: essi non conquistano la terra; non dice “beati i miti perché conquisteranno la terra”. La “ereditano”. Beati i miti perché “erediteranno” la terra. Nelle Scritture il verbo “ereditare” ha un senso ancor più grande. Il Popolo di Dio chiama “eredità” proprio la terra di Israele che è la Terra della Promessa.


 

Quella terra è una promessa e un dono per il popolo di Dio, e diventa segno di qualcosa di molto più grande di un semplice territorio. C’è una “terra” - permettete il gioco di parole - che è il Cielo, cioè la terra verso cui noi camminiamo: i nuovi cieli e la nuova terra verso cui noi andiamo. 

Il Pontefice si chiede, interpellandoci: chi è il mite? Allora il mite è colui che “eredita” il più sublime dei territori. Non è un codardo, un “fiacco” che si trova una morale di ripiego per restare fuori dai problemi. Tutt’altro! È una persona che ha ricevuto un’eredità e non la vuole disperdere. Il mite non è un accomodante, ma è il discepolo di Cristo che ha imparato a difendere ben altra terra. Lui difende la sua pace, difende il suo rapporto con Dio, difende i suoi doni, i doni di Dio, custodendo la misericordia, la fraternità, la fiducia, la speranza. Perché le persone miti sono persone misericordiose, fraterne, fiduciose e persone con speranza….

La “terra” da conquistare con la mitezza è la salvezza di quel fratello, di cui parla lo stesso Vangelo di Matteo: "Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello" (Mt 18,15). Non c’è terra più bella del cuore altrui, non c’è territorio più bello da guadagnare della pace ritrovata con un fratello. E quella è la terra da ereditare con la mitezza! Basterebbe questo ad orientare i comportamenti di quanti in questi giorni pensano alla popolazione di Gaza, soffrono con loro e per loro e li aiutano per quanto possibile.

La lunga intervista rilasciata il 3 ottobre dal Cardinale Pizzaballa a Mario Calabresi per il podcast Vivavoce di Chora Media e reperibile sul sito https://youtu.be/kz4zKDHHuMQ?si=fEFKIMBD1Zk5Z66E dà ragione del nostro essere a fianco dei popoli che soffrono. 


 

“Avrei evitato un confronto così diretto, soprattutto pensando alla gente di Gaza” perchè “non porta nulla alla gente di Gaza, ecco non cambia la situazione a Gaza decisamente”. Pizzaballa si augura “che tutto si concluda nel modo più pacifico possibile” e auspica anche “che si possa tornare a parlare meno della Flotilla” e “più su quello che sta accadendo a Gaza”, “col dovuto rispetto” per gli attivisti e “per le loro buone intenzioni sia ben chiaro”, precisa.

Sottolinea che il dramma è la quasi totale mancanza di ospedali, creando disagio per la gente comune che deve sottoporsi alla dialisi, alle cure oncologiche, la mancanza per il terzo anno della scuola per i bambini con effetti devastanti sul piano educativo, la fame è reale. Mancanza di vitamine e proteine. Sono rimaste cinquecento persone nella parrocchia di Gaza. tra cui cinquanta disabili gravi, anziani. La Chiesa ha deciso di rimanere là dove sono le sue radici. Riconosce il risveglio di una coscienza sulla tragedia di Gaza. 

Ma la fine della guerra non è la fine del conflitto. Bisogna dare al popolo palestinese una prospettiva. La convivenza nel senso di vivere insieme non è possibile. Israeliani e palestinesi dovranno vivere gli uni accanto agli altri. Esistono uomini del dialogo e quando dovremo ricostruire saranno necessarie queste figure.

Il nostro compito come cristiani è pregare, soprattutto in questo mese in cui il Papa Leone XIV invita a pregare il Rosario, comprendere, lavorare perché cessino oltre cento conflitti, tutti anche quelli dimenticati che insanguinano il mondo. La complessità impone una scelta, sperare e operare, diventare artigiani di pace cominciando dalle famiglie, condominii, ambienti di lavoro, parrocchie, associazioni e ovunque ci sia bisogno di credibili interpreti della “mitezza”.