Confindustria Bari-Bat, Patagonia un brand per salvare il pianeta - Affaritaliani.it

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Confindustria Bari-Bat, Patagonia un brand per salvare il pianeta

Laura Bienna

‘Patagonia’ L'incontro organizzato dal Club delle Imprese per la Cultura di Confindustria Bari Bat che si è tenuto presso la ZIP GFD di Modugno.

E’ possibile fabbricare prodotti di qualità nel rispetto dell’ambiente? E’ ipotizzabile, per una azienda, crescere in termini di volumi d’affari e profitto e mantenere ‘un’anima’, rimanere coerente con i propri valori? In una parola, la sostenibilità ambientale è una tematica alla quale, davvero, le aziende pensano di continuare a non mostrarsi interessate? Queste le domande al centro dell’incontro dal titolo ‘Patagonia’ organizzato dal Club delle Imprese per la Cultura di Confindustria Bari Bat che si è tenuto presso la ZIP GFD di Modugno.

zardini fabio

A rispondere Fabio Zardini, sales manager per l’Italia dello storico marchio che, grazie a un fondatore illuminato, Yvon Chouinard, ha fatto della causa ambientale (e non solo) una vera e propria mission aziendale, al punto, per esempio, da intentare una causa contro Donald Trump, reo di aver inaugurato una serie di politiche anti-ambientaliste. Zardini ha illustrato come cogenerazione, rispetto di protocolli rigorosi, eliminazione dal ciclo di produzione dei metodi maggiormente inquinanti e dei prodotti più nocivi, riciclo e recupero degli scarti abbiano portato il brand di articoli sportivi a essere riconosciuto a livello planetario come una media company in grado di incidere in maniera positiva sull’ambiente.

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Come? Ad esempio, con la felice iniziativa con la quale l’azienda si è proposta di riparare gli abiti logorati. Nulla di così eclatante, a dirla così, ma sono due gli aspetti innovativi dell’idea di quelli di Patagonia: in primis, l’inaugurazione di una sartoria itinerante che, su quattro ruote, ha girato gli U.S.A. (il marchio ha sede a Ventura, in California) a disposizione di chi avesse capi di abbigliamento da aggiustare. In seconda battuta, il fatto che potessero essere ricuciti e ammodernati abiti a qualsiasi marchio, persino quelli di brand competitor della Patagonia.

“Questo perché se una cosa viene riparata, non c’è bisogno di produrne una nuova”. Oppure con la campagna ‘Don’t buy this jacket’, letteralmente ‘non comprare questa giacca’ con, in bella mostra sul manifesto, un giaccone firmato ‘Patagonia’. Tentativo di auto-sabotaggio per qualcuno, intento educativo prima che commerciale per quelli del brand, che hanno dichiarato guerra al consumismo al punto da aver deciso di chiudere in occasione del black friday, giornata in cui hanno inizio ufficialmente gli acquisti natalizi ed in cui, storicamente, i commercianti fanno affari d’oro.

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“Una decisione a cui non abbiamo dato seguito, rimanendo, invece, aperti, su consiglio di uno stagista che propose, invece della chiusura, di devolvere in beneficenza tutti gli incassi della giornata. Quel giorno, la Patagonia fatturò 10 milioni di dollari, circa 8 in più della media”, ha raccontato, ancora, Zardini. Così come in beneficenza è stata devoluta la somma di denaro ‘risparmiata’ dall’azienda grazie alle politiche fiscali di Trump. “Il Presidente ha abbassato le tasse per le imprese, ma Ivonne ha fatto calcolare, a fine anno, quanto era stato risparmiato grazie a questa decisione del Governo e ha devoluto la somma alla causa ambientale”.

Medimes Veronico

Non solo ambiente, tuttavia, al centro della ‘dichiarazione d’intenti’ ma anche politiche di welfare aziendale e, in generale, l’etica prima del guadagno, la volontà di ispirare prima che di vendere, la preferenza a guadagnarsi credibilità, piuttosto che comprarla. D’altronde “l’imprenditore del futuro è colui che è consapevole di prendere in prestito le risorse del pianeta ed è conscio del fatto che, in qualche modo, deve saper essere generoso, deve ‘restituire il favore”, parola di Cesare Veronico, direttore artistico di Puglia Sounds, che, con lui, ha dialogato di business, attivismo ambientale, fare impresa, politiche a favore dei lavoratori.

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“Il ricatto salute/lavoro non è degno di un Paese civile”, ha detto Veronico in merito al benessere all’interno dell’azienda e la mente è subito corsa a Taranto, dove proprio lui ha portato per la prima volta il Medimex (con bis già annunciato per l’anno in corso) e dove, due giorni fa, sfilavano in un triste corteo le famiglie delle giovani vite spezzate a causa della presenza in città dei grossi impianti di Ilva e Arcelor-Mittal e dell’inquinamento ambientale da essi prodotto.

Un incontro, in definitiva, per parlare a tutto tondo di ‘cultura d’impresa’. Quella cultura che, troppo spesso, ancora manca in Italia dove l’imprenditore è quasi sempre ‘colui che esercita l’attività economica’ e, quasi mai, tranne rare eccezioni, colui che, capace di spogliarsi dei suoi pregiudizi tradizionali, è in grado di stimolare la creatività dei dipendenti e cerca di restituire al pianeta e ai suoi abitanti, almeno in piccola parte, quanto da essi prende in termini di risorse e di futuro.