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Entroterra dauno, radici nella storia e sguardo al futuro
Martin

Il dibattito che a Troia (Fg) torna ad accendersi attorno all’intitolazione di uno spazio pubblico a una personalità più o meno eminente e più o meno conosciuta dalla comunità locale è segno di residua e preziosa vitalità, altrimenti mortificata dal relativismo diffuso e dall’apatia dilagante ad ogni stimolo di natura culturale.

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Era già successo all’epoca della decisione di intitolare al Maestro Vincenzo Cimaglia lo storico Teatro Comunale, nella vulgata comune chiamato “Il pidocchietto”, alcuni anni dopo gli interventi di recupero e di restauro, successivi a un incendio distruttore e a un lungo periodo di abbandono. Risuccede, oggi, in occasione di un altro recupero e di altri lavori di ristrutturazione: quelli che hanno interessato la vecchia Chiesa dei Morticelli - a suo tempo riacquisita dal Comune tramite esercizio del diritto di prelazione (in una compravendita tra privati) - che l’attuale Amministrazione ha deciso di destinare come Auditrorium a spazio pubblico attrezzato, per diversi tipi di attività, e di intitolare alla memoria dello storico Jean Marie Martin.

“Molto difficile cancellare quello che per i troiani è la loro storia! Per la comunità quelli resteranno sempre ‘u Pidocchiett’ e ‘i Mortcell’, hanno scritto sui social diversi animatori del dibattito. Altri sono addirittura ricorsi ad una raccolta di firme sotto una petizione, che chiedeva l’annullamento della delibera di intitolazione dello spazio, e invitava a prendere in considerazione il nome di un illustre monsignore, già beneficiario di una strada cittadina (anche se in zona PIP - Piano Insediamenti Produttivi), insieme ad altri sacerdoti. Altri stimoli, partendo da una contestualizzazione della memoria, hanno provato a suggerire una serie di nomi alternativi, per far fronte in definitiva a due obiettivi: cominciare a saldare l’enorme debito di riconoscenza dei troiani verso di loro ed evitare il rischio devastante della dissolvenza ovvero dimenticarli del tutto.

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Fermo restando che compito dell’Amministrazione civica è non solo quello di salvaguardare storia e memoria locali, ma anche guardare al futuro e collegarvi radici e tradizioni in forma sostenibile per le generazioni più giovani - a cui affidare la responsabilità della trasmissione generazionale - resto alquanto perplesso nei confronti della sindrome da conservazione e dalla reiterazione di appellativi, sia pur popolari, rimasti appiccicati come incrostazioni anacronistiche.

Ancor più, quando si tratta di espressioni che nulla hanno a che fare con la storia, ma risalgono a periodi piuttosto recenti: come nel caso proprio di quello che per tutti era il “Teatro Comunale”, che fino alla sua ricostruzione dopo il 1954 - anno di realizzazione del Cine Teatro Diana - non solo era l’unico teatro, ma comincia probabilmente ad essere chiamato ‘u Pidocchiett’ per aver perso l’eleganza precedente di velluti, affreschi e lampadari; o per confronto col nuovo e grande Diana; o ancora perché, quasi ovunque, lo spazio ludico più popolare veniva etichettato con quell’appellativo.

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Ecco perché l’intitolazione al Maestro Vincenzo Cimaglia è stata quanto mai provvidenziale: innanzitutto per il doveroso riconoscimento ad un artista che più di un segno ha lasciato nel patrimonio identitario troiano, ma anche per cancellare quell’orrenda e indecorosa ragnatela in ferro battuto - con al centro un pidocchio - che faceva da contro-sipario e da ripugnante arlecchino sul palcoscenico di quel teatro ormai completamente moderno.

Per quanto riguarda, invece, l’ex Chiesa dell’Arciconfraternita dell’Orazione e Buona Morte, c’è da dire che al di là del cancello in ferro che ne ricorda la destinazione liturgica nelle decorazioni suggestive, ogni legame con quella funzione è andato perso già da due generazioni: le stesse che lo hanno visto prima come rudere abbandonato a sé stesso, poi come mercato coperto durante i lavori degli anni 60 di piazza Santa Croce, e poi ancora - per altri decenni - come parcheggio alquanto malandato, fino all’inizio dei lavori di recupero e ristrutturazione, dopo la riacquisizione da parte del Comune di Troia da privati, a cui nel frattempo era stato venduto.

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L’intitolazione dell’odierno Auditorium a Jean Marie Martin è cosa fatta, con delibera approvata. E buona pratica sarebbe il non limitarsi al solo battesimo col nome dello storico francese, che tanto ha amato e promosso la città di Troia e l’intera Capitanata, ma che esso fosse propedeutico a una sua maggiore e costante conoscenza da parte soprattutto delle nuove generazioni. Io stesso, nel ricordarlo dopo la sua scomparsa, ne auspicavo l’abbinamento a qualcosa che potesse a lungo celebrarlo e raccontarlo.

Jean Marie Martin lo imparammo a conoscere ed apprezzare, insieme al suo alter ego Ghislaine Noyé, ai tempi de ‘la Refola’ e delle ricerche su Civita Vaccarizza, introdotto e sponsorizzato da don Rolando Mastrulli: il suo Virgilio negli archivi capitolari e in quelli della Curia troiana.

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Studioso raffinato, autentico ‘segugio’ d’archivi e biblioteche, appassionato di Storia e riconosciuto conoscitore del Medioevo, aveva eletto la nostra regione a suo principale motivo di interesse e di vita, non solo professionale. Non proprio un divulgatore, ma di sicuro un certosino ricercatore e una preziosa fonte delle vicende storico/antropologiche di Capitanata, in primis, della Puglia e del Meridione italiano in generale.

Credo che Troia abbia dato a lui molto di più di quanto abbia saputo far tesoro di quello che 'le professeur' abbia sempre voluto restituire alla comunità locale. Ma questo - indubbiamente - è un nostro limite, perché lo storico francese, fino alla fine del suo transito terreno, ha continuato a cantare la Capitanata e Troia: quale presidio più importante, per tutto il Medioevo.

Più volte e in diverse località italiane mi capitò di incrociare la sua presenza ed ascoltare le sue lectio magistralis, e sempre - dico sempre - i suoi riferimenti insistiti e suggestivi alle vicende storiche troiane erano il fulcro delle sue relazioni, utile a sviluppare la lettura più appropriata e più illuminante di quanto fosse oggetto degli argomenti da lui sapientemente e appassionatamente trattati.

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Presumo si stia già pensando a rendere ‘lunghi’ riconoscenza e ricordo, dedicandogli una via, una piazza o un contenitore culturale e mettendo a disposizione delle nuove generazioni - magari in forma sostenibile, come si dice oggi - gli innumerevoli stimoli di interesse al patrimonio comune da lui ereditati.

Il ringraziamento personale, non solo da troiano - nel saluto estremo - non può che rinnovarsi con l’impegno di continuare ad innaffiare le tante piantine disseminate in giro dall’illustre ‘paysan’ della cultura.

Questo scrivevo due anni fa, e pur concordando sul fatto che sarebbe stato meglio dedicargli qualcosa di più consono con la sua attività professionale, per coerenza mi rallegro della scelta e - nel limite del possibile - mi rendo disponibile alla realizzazione dell’obiettivo divulgativo citato.

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Ma ci sono due cose interessanti scaturite dal dibattito relativo all’intitolazione dell’Auditorium, che auspico vengano prese in considerazione e utilizzate a vantaggio della valorizzazione del patrimonio storico-artistico-devozionale locale e arricchire i già numerosi attrattori della destinazione Troia (Fg). Entrambe potrebbero essere complementari alla denominazione dell’Auditorium o stimolo ad ulteriori interventi inerenti la memoria storica della città, un riferimento su tutti: il Corso Regina Marcherita che andrebbe dedicato a Basilio Boioannes (fondatore della città) o ancora   E di questo, davvero, il merito va a tutti i partecipanti alla discussione al di là delle posizioni assunte.

La prima è la consapevolezza che in questo sito, tra altri, si venerava San Michele Arcangelo. Un fatto importante, che riporta la nostra cittadina nel novero dauno delle località in cui il culto dell’Arcangelo ‘garganico’ era radicato: sembrava essere svanito o che a Troia non avesse mai attecchito, quando invece aveva un suo forte presidio proprio in questa chiesa, che potrebbe tornare a ricordare la sua relazione con San Michele, inserendosi a pieno titolo nei percorsi micaelici e nel ventaglio di tappe frequentate dai pellegrini d’ogni tempo.

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La seconda, grazie a una segnalazione di Ninì Russo, è la vera e propria scoperta di un personaggio di cui non si è coltivata alcuna memoria in patria: Giovanni Tommaso Filocalo nato a Troia intorno al 1497 e trasferitosi a Napoli in giovane età, dove compì - probabilmente fra il 1510 e il 1515 - gli studi umanistici. Nella città partenopea, di cui ottenne la cittadinanza prima del 1537, il Filocalo iniziò la sua attività di insegnante privato, mettendosi al servizio della prestigiosa famiglia d'Avalos. In seguito lo farà anche presso la nobile famiglia dei Sanseverino

Occasione per approfondire ricerche e informazioni su questo autore troiano, di cui scrisse persino Benedetto Croce. La sua “Canzone de Italia” aiuterà gli studiosi a conoscerlo meglio. Da una diatriba locale l’orizzonte si sposta sulla Storia e mette in relazione il Troiano Seripando, che prenderà il nome di Girolamo, col “Troiano” Filocalo. Un nuovo capitolo che certamente riserverà sorprese e curiosità. Buon lavoro a tutti noi!

(gelormini@gmail.com)

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