La Capitanata de 'La Gazzetta del Mezzogiorno', 50 e più sfumature di grigio - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 20:59

La Capitanata de 'La Gazzetta del Mezzogiorno', 50 e più sfumature di grigio

E' tempo di dar voce alla foresta silenziosa che cresce, anziché amplificare il solo rumore dell'albero che cade seppur quotidianamente.

di Ennio Tangrosso

Aiuto! Ho bisogno di aiuto. Vivo da decenni in un posto pericolosissimo e lo scopro giorno per giorno da le pagine della Gazzetta del Mezzogiorno - cronaca di Capitanata. Ormai da qualche lustro le pagine dedicate alla Provincia di Foggia sono un testo unico, una monotematica continua di cronaca nera. 


 

Delitti, se non stragi, guerre di clan e faide familiari, pizzo, rapine, truffe, caporalato, sfruttamento della prostituzione, schiavismo bracciantile, spaccio e traffico di droga, violenza di genere, insomma l’intero elenco dei delitti e delle aberrazioni possibili pare si perpetrino tutte qui quotidianamente, incessantemente e con una concentrazione da far impallidire le mitiche epopee del Far West o del gangsterismo americano. 

I foggiani in generale, a volte, non conoscono i nomi dei loro amministratori pubblici, ma in compenso sanno a memoria i nomi delle famiglie malavitose. Un elenco minuzioso e digitale di fermi, perquisizioni, arresti, sequestri e molto altro e quando tutto questo a momenti pare rallentare resta la cronaca giudiziaria ripresa, elencata e descritta meglio della più solerte cancelleria del Tribunale.

Infatti, la narrazione istilla nel lettore (ed io sono un lettore) l’immagine - per esempio - che i cerignolani camminano per strada frettolosi e rasentando i muri, esclusivamente a piedi, per non esporre le proprie auto a furti da guinness dei primati, niente orologi o gioielli, vestiti dimessi per non dare nell’occhio e coprifuoco alle 17,00. 

Anche quando affollano il loro bel teatro Mercadante, che ogni anno propone un cartellone di notevole interesse, degno di quelli più blasonati nel meridione d’Italia, ci vanno in tuta per non essere individuati, i bambini vengono scortati ovunque e le scuole sono sorvegliate da nonni e zii a turno, naturalmente, tutti opportunamente armati. Anche le loro produzioni agricole d’eccellenza, tra le più apprezzate dello stivale, vengono commercializzate sotto falsa origine di provenienza, pena il retrogusto di delitto. 

Sì, fa bene la Gazzetta di Capitanata a mettere in guardia le comunità locali e fa bene a non pubblicare altro che delitti e violenze. Cosa potranno mai interessare, il lettore, le tante iniziative che l’Ateneo foggiano - tra i primi dieci d’Italia - mette in campo a getto continuo e con successo; che senso ha chiedersi come mai studenti di altre regioni vengono ad iscriversi a Foggia? 

Cosa può valere il fatto che prima Monte Sant’Angelo e poi Lucera abbiano tentato la scalata a Capitale Italiana della Cultura, assicurandosi il contesto regionale con programmi di eventi di ogni genere? Perché mai informare i lettori delle tante iniziative dei Borghi delle colline daunie, dei loro progetti, delle loro richieste o delle loro difficoltà di collegamento: strade, trasporti, servizi o magari del problema dello spopolamento?

Cosa mai può servire descrivere o chiedersi perché la provincia di Foggia, nonostante tutte le avvertenze del caso, resta la zona con il maggiore flusso turistico della Puglia, superando ogni anno i ben pubblicizzati territori baresi o salentini?

Certo il Gargano è teatro di eventi delittuosi, nonché residenza di famiglie malavitose, ma che tutto questo rappresenti solo una parte della vita delle comunità garganiche è, oltremodo, corretto che lo si dica e che lo si metta in evidenza.

Solo per dirne una: “Il libro possibile”, manifestazione importata da qualche anno anche a Vieste da Polignano a Mare, sta andando benissimo nonostante le attività delittuose della Sacra Corona Unita o della cosiddetta Mafia Garganica. 

L’informazione è importante per descrivere la realtà dei luoghi e dei suoi abitanti nella loro complessa e varia articolazione, nelle tante diverse manifestazioni di esperire la vita reale delle comunità locali e non solo.


 

L’informazione fa la differenza e contribuisce a costruire narrazioni, immagini e mitologie. Il Sud ne è un esempio: a volte, derive ideologiche o manichee hanno prodotto narrazioni poco rispondenti alle realtà dei fatti e dei luoghi, e la cosa peggiore è che quelli che ci vivevano si sono immedesimati in tali narrazioni tanto da confermarne la trama. Intorno a queste narrazioni, infatti, si è andata costruendo una vera e propria cultura che - come una profezia che si avvera - ha informato di sé la realtà locale.

Sia chiaro, non voglio dire che i delitti, la cronaca - quella brutta e bruttissima, se non feroce - non vadano riportati o raccontati, anzi. Tuttavia, non si può tacere tutto il resto o quanto di “normale” e di buono pure c’è, e si vive e si svolge sullo stesso proscenio della cronaca più aberrante e delittuosa che ci sia.

Sono un “cassaniano” (seguace del pensiero di Franco Cassano) convinto: bisogna vedere gli eventi e i luoghi con occhi sensibili e attenti, ma da prospettive diverse anche nel riportare la mera cronaca locale, nera o colorata che sia. 

Insomma, non si può identificare Taranto solo con l’ex-Ilva come si fa maldestramente da 60 anni; la Campania è un paradiso in terra e non solo la terra dei Fuochi; la Sicilia non è la mafia; la Calabria avrà pur qualcosa di diverso delle ‘ndrine? Cerignola non può essere solo la patria dei boss della rapina ai blindati o del furto di auto più rapido della storia. 


 

Tutto questo - che pure, evidentemente, ci sta - è solo una parte della vita della comunità locale, ma se si riporta solo e soltanto tale lato il lettore percepisce che “Cerignola è la patria dei ladri” cosa assolutamente non vera. 

Come non è vero che Milano è il bengodi, ma un luogo anche di malefatte, di reati grandi e piccoli, di infiltrazioni più o meno “mafiose”, di reati a volte gravissimi, ma come è giusto che sia la cronaca riporta una narrazione a trama diversificata meglio articolata e dai toni e colori “variopinti”.

La Capitanata descritta sulle pagine, quant’anche gloriose della Gazzetta, narra sempre l’identico colore a dir poco monotono: nero, nerissimo con qualche sfumatura tendente al grigio. Se la possibilità di salvarsi poteva valere per Sodoma e Gomorra, grazie alla presenza di un esiguo gruppo di “giusti”, la stessa cosa dovrebbe valere anche per Cerignola, per il Gargano e per l’intera provincia di Foggia. 

Da queste parti, ci saranno almeno “cento scafessi” onesti, etici e corretti che si comportano bene? Allora, sarebbe bello sapere che ci sono e cosa fanno! E non per benevolenza, ma per mero diritto di cronaca: lo stesso diritto garantito, concesso e profuso ai “fuori legge”.

(ennio.tangrosso@virgilio.it)