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La Corte Costituzionale dichiara illegittima la legge anti sindaci

“Giù le mani dai sindaci. Lo abbiamo detto dal minuto dopo l’approvazione di quell’emendamento presentato, che altro non era se non un tentativo disperato di impedire, di fatto, agli amministratori locali di competere ad armi pari alle elezioni regionali e la Corte Costituzionale oggi lo ha ribadito, mettendo un pietra tombale su questa indecorosa pagina istituzionale", lo ha dichiarato il sindaco di Bari, Vito Leccese, che all’indomani dell’approvazione dell’emendamento alla legge di bilancio regionale - che imponeva ai sindaci che intendessero candidarsi alle prossime elezioni regionali di decidere 180 giorni prima del voto -si era fatto promotore di una serie di iniziative contro la norma.

"Sono passati diversi mesi dall’approvazione dell’emendamento - ha ricordato Leccese - e da più parti si sono levate voci per denunciare l’incostituzionalità di questa norma, lesiva dei diritti dei sindaci, alla pari dei cittadini italiani, cui l’art. 51 dalla Costituzione riconosce piena libertà di accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza e sulla base dei soli requisiti di legge".
"Ma in questo tempo il Consiglio regionale non ha trovato né la voglia né la maggioranza per abrogarla. Oggi ci ha pensato la Corte costituzionale, sancendo di fatto il fallimento di questo tentativo, piuttosto maldestro, di alterare il gioco eliminando per legge gli avversari potenzialmente più scomodi, quelli più vicini alle comunità degli elettori”.

“La decisione della Corte costituzionale ha messo finalmente fine ad una brutta pagina politica, ma soprattutto a un vero e proprio abuso di potere nei confronti dei sindaci pugliesi e del loro diritto di partecipare alle prossime elezioni regionali senza sacrificare il proprio lavoro, interrompendolo anticipatamente in maniera immotivata", ha commentato l’europarlamentare Antonio Decaro.
"Credo che il tentativo di questi mesi di impedire l’esercizio democratico, attraverso ostruzionismo e stratagemmi, che poco hanno a che fare con le istituzioni e molto invece con la conservazione del proprio destino personale, non sia degno della fiducia dei pugliesi”.

Dal canto suo il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha dichiarato: “Apprendo con soddisfazione della dichiarazione di incostituzionalità della legge regionale inopinatamente votata in Consiglio regionale da una maggioranza trasversale, che aveva reso ingiustamente difficoltosa la candidatura dei sindaci pugliesi. Avevo per questo deciso di non costituire la Regione Puglia nel giudizio davanti alla Corte, proprio perché condividevo l’impugnazione del Governo. Tutto è bene quel che finisce bene”.

“Quella norma era sbagliata, incostituzionale e scritta per escludere, non per garantire equità. Oggi la Corte Costituzionale ripristina il diritto e mette fine a una brutta pagina della politica pugliese”, così il consigliere regionale Francesco Paolicelli ha commentato, a sua volta, la sentenza con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità della norma regionale che imponeva ai sindaci l’obbligo di dimettersi 180 giorni prima della scadenza naturale della legislatura per potersi candidare alle elezioni regionali.
"Quella norma cambiava le regole in corsa - ha spiegato Paolicelli - e non per rafforzare la democrazia, ma per ostacolare in modo goffo la partecipazione di chi, come i sindaci, vive il rapporto diretto con le comunità e i cittadini. Un tentativo maldestro di tagliare fuori avversari scomodi con strumenti normativi discutibili”.






"La Corte Costituzionale, nella sua decisione, ha chiarito che:
‘Per evitare incertezze in materia elettorale, il termine per le dimissioni deve coincidere con il giorno fissato per la presentazione delle candidature, come già stabilito dalla legge n. 165 del 2004, e non con i 180 giorni prima della scadenza naturale del mandato’.
Con questa motivazione, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 219 della legge regionale n. 42 del 2024, che modificava l’art. 6, comma 2, della legge regionale n. 2 del 2005:
• sia per quanto riguarda il termine dei 180 giorni;
• sia per il termine di sette giorni dalla data di scioglimento del Consiglio, previsto in caso di elezioni anticipate.
"Tali scadenze saranno sostituite con il termine previsto per la presentazione delle candidature, cioè 30 giorni prima del voto, uniformando la normativa regionale a quella nazionale. La Corte ha inoltre ribadito che il legislatore regionale può definire un termine diverso, purché rispettoso dei principi di ragionevolezza e proporzionalità".

“In Consiglio regionale ha concluso Paolicelli - sono stato l’unico a intervenire pubblicamente contro questa norma. Ho scelto di metterci la faccia, perché credo che la politica debba garantire regole giuste, non costruire scorciatoie per eliminare chi è più vicino ai territori. Oggi, con questa sentenza, ha vinto la democrazia”.
(gelormini@gmail.com)