Petrolio in Adriatico
Eni e la sponda Croazia
di Antonio V. Gelormini
La maledizione accidiosa d’accontentarsi dell’uovo oggi, rinunciando o trascurando la cura della gallina per domani, si rinnova e l’allargamento delle maglie di concessione per la ricerca di idrocarburi nell’Adriatico - approvato l’estate scorsa col decreto Sblocca Italia - trova sponda con la Croazia, che assegna le prime 10 aree (su 29 in programma) off-shore, in cui saranno consentite le perforazioni, lungo la frontiera con le acque territoriali italiane.

Il maxi bando, su un'area di 12mila chilometri quadrati di mare davanti alle coste pugliesi e abruzzesi, era stato al centro di un editoriale di Romano Prodi su Il Messaggero: "Le trivellazioni verranno effettuate lungo la linea di confine delle acque territoriali italiane. Come dire che gli eventuali rischi per l’ambiente ricadranno anche sull’Italia, mentre gli introiti delle concessioni finiranno nelle casse di Zagabria. Sono previsti investimenti da 2,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni”.
E per provare ad addolcire la pillola una delle 10 concessioni è stata aggiudicata all’Eni (in gara col consorzio italo-britannico Eni-Medoilgas). Una sorta di prologo esortativo alla coerenza: che senso ha la resistenza, se a partecipare alle gare per le trivellazioni in Adriatico è la stessa prima azienda italiana? Dopotutto anche il ministro Federica Guidi, come quelli che l’hanno preceduta, continua a dichiarare di voler “Rilanciare le trivellazioni in mare, per arrivare ad una bolletta energetica più leggera e sostenibile”.
Le altre nove concessioni, ognuna delle quali si estende su un’area di 1000-1600 chilometri quadrati, sono state assegnate dal governo a guida Zoran Milanovic, al consorzio costituito dall’americana Marathon Oil e dall’austriaca Omv (sette), mentre due licenze sono andate alla società pubblica croata Ina e all’ungherese Mol.
(gelormini@affaritaliani.it)