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Pietro De Sarlo: 'Il Sud sia pro-attivo per il suo futuro'
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‘Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito’ dice un fortunato adagio popolare. Ma a prescindere da chi e di cosa si parli quello che si guarda è sempre il dito.

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Capita anche con il DDL Calderoli sulla autonomia differenziata. Rispetto al precedente DDL Gelmini e all’accordo preliminare del governo Gentiloni è persino migliorativo, perché pur contenendone tutti i limiti di approccio, i.e. esclusione del Parlamento e altre amenità, almeno c’è il superamento del costo storico e l’introduzione dei LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) e non è poco.

Infatti, all’articolo 2 si legge che l’attribuzione di funzioni relative a materie riferibili ai diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei relativi LEP. Ma il diavolo si nasconde sempre nei dettagli e secondo SVIMEZ i LEP, tradotti in soldoni, valgono almeno 100 miliardi di euro anno.

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Quindi, se la logica ha ancora diritto di cittadinanza in questo Paese e se SVIMEZ ha ragione, questo implica che per garantire gli stessi diritti di cittadinanza in tutte le regioni occorrono 100 miliardi anno. Ma questo significa che fino a quando non si metteranno sul tavolo questi soldi ci saranno regioni dove questi diritti civili e sociali non saranno garantiti e che fino a ora non lo sono stati. E da quando? 162 anni? Quindi siamo in presenza di una discriminazione su base regionale nella distribuzione dei fondi pubblici.

Questa a mio modo di vedere è la luna che si nasconde dietro questa questione della Autonomia Differenziata e che non si riesce a far entrare nel dibattito, pur essendo luna piena e luminosissima.

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Sempre quel benedetto problema di logica mi porta a ritenere che stiano prendendo in giro tutti: chi vuole e chi non vuole l’autonomia differenziata. A meno che non si dica dove si troveranno i 100 miliardi di euro, visto che mi pare improbabile che ci sia l’intenzione di livellare tutti verso il basso.

C’è il rischio che qualcuno abbia, invece, intenzione di barare nella definizione dei LEP. Però ormai il vaso di Pandora della discriminazione nei confronti del Sud è aperto e non si può più tornare indietro e quindi qui si pone un problema di giustizia e occorre trovare la strada per ottenerla.

Nella Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali al Titolo I, sui Diritti e le Libertà, all’Articolo 14, sul divieto di discriminazione si legge: ‘Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.

Non solo sui LEP occorre difendere in sede giudiziaria i diritti del Sud, ma anche sulla ripartizione dei fondi del PNRR. Perché al Sud è stato assegnato il 40% dei fondi? Perché non il 20 o il 60 o tutto il cucuzzaro? Quale è l’algoritmo? Nessuno, se non un processo negoziale dove la predazione storica ha prevalso.

La finalità che ha portato l’Unione Europea alla distribuzione dei fondi NGEU tra i vari paesi europei è la diminuzione dei divari economici tra i paesi membri. A tutela dei diritti dei cittadini, in questo caso, c’è la Corte di Giustizia Europea: che ha come ruolo quello di ‘garantire che il diritto dell'UE venga interpretato e applicato allo stesso modo in ogni paese europeo, ovvero garantire che i paesi e le istituzioni dell’Unione rispettino la normativa dell’UE’.

Devo ammettere che la mia fiducia nel sistema politico e della informazione non è al massimo, e ne ho avuto conferma in un dibattito, a tratti anche divertente per la spropositata vis polemica di alcuni giornalisti, a cui ho partecipato il 12 marzo a Gravina in Puglia, ospite della gentile Manila Gorio, nel suo talk POLITICAL - La Puglia che parla.

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Certo, ricorrere alla giustizia è oneroso e occorre organizzarsi. E occorre farlo innanzitutto con un Osservatorio del Mezzogiorno, che contrasti sul piano dei numeri e culturale quello che produce l’Osservatorio del Nord Ovest o la CGIA di Mestre, che invece di osservare quello che accade sui propri territori non fanno altro che osservare quello che accade al Sud, cercando tra tutto ciò che c’è in giro, solo quello che può portare nocumento all’immagine del Mezzogiorno, per radicare meglio i pregiudizi di una pubblicistica antimeridionale che dura da troppo tempo.

Un solo esempio credo che basti.  Ne ‘Il sacco del Nord’, edito nel 2010, Luca Ricolfi, fondatore dell’Osservatorio del Nord Ovest, sostiene che “Il tenore di vita del cittadino del Nord vale 26.714 euro, quello del cittadino del Sud 30.138, circa il 13% in più. Conclusione il divario c’è ma a favore del Sud”. Ma come arriva a queste conclusioni? Il tenore di vita lo definisce come sommatoria di tre componenti: il potere di acquisto, al Sud dice che è inferiore dell’11% rispetto al Nord; i consumi pubblici, afferma che al Sud sono inferiori del 29,6%; ma attribuendo un valore di 7.000 euro al tempo libero, terza componente che misura il tenore di vita, e che al Sud abbonda per la disoccupazione e la mancanza di opportunità, ecco che la somma si ribalta. Insomma il tenore di vita di un diseredato di Scampia è più alto di un cittadino di via Brera.

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Questa, che pare una sciocchezza evidente, ha alimentato invece il brodo di coltura su cui è nata l’autonomia differenziata, altro che regionalismo previsto in Costituzione, il cui presupposto è che il Sud campi alle spalle del Nord e istituti seri come Con il Sud o alcune Università meridionali, che in questo contesto mi paiono delle educande ad un rave party.

In aggiunta, la classe politica e dirigente del Nord non si vergogna - al contrario di quella del Sud - di difendere i propri interessi territoriali.

Solo con l’acquiescenza dei meridionali è possibile che, come testimoniano i Conti Pubblici Territoriali voluti da Carlo Azeglio Ciampi, già oggi dove maggiore è il PIL pro capite c’è maggiore spesa pubblica pro capite e con un coefficiente di correlazione elevatissimo di 0.79. E non si capisce come si sia arrivati al punto in cui la spesa pubblica pro capite sia al Sud inferiore di circa 5.000 euro l’anno rispetto al Nord Ovest, oltre al gap infrastrutturale visibile a tutti.

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Quindi occorre che la società civile si attrezzi e vigili sui LEP secondo quanto previsto dalla legge 241/90 sull’accesso agli atti, con un Osservatorio del Mezzogiorno che inizi a fare proposte di sviluppo per il Sud e che faccia le pulci al Nord, e con una associazione di scopo per difendere i diritti dei cittadini del Sud presso le sedi di giustizia europee.

Questa volta credo che cittadini e associazioni del Sud non staranno inerti a guardare lo spettacolo dei propri eletti, che fanno prevalere le logiche di partito sugli interessi del proprio territorio ma si attrezzeranno. Ci attrezzeremo.

* Promotore Carta di Venosa

  Autore del libro "Bla Bla Bla Sud. Perché il PNRR non salverà il Sud e il Paese" - Altri Media Edizioni

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