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PugliaItalia
Scuola, lettera di un professore al presidente Emiliano

La lettera aperta del professore Giancarlo Visitilli sulle problematiche scolastiche, che continuano ad animare il dibattito incidendo sui percorsi formativi e alimentando una sorta di relativismo latente anche su un fronte delicatissimo come quello dell'Educazione in genere.

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Gent.mo Presidente Michele Emiliano,

io e lei siamo amici. La gente lo sa, compresi i miei studenti. Lo affermo come premessa, per dirle che in questo momento non le sta scrivendo l’amico, neanche l’operatore culturale che con lei condivide e gestisce tanti progetti importanti per la nostra regione.

Le scrivo come professor Visitilli, docente di Lettere in un liceo barese. Quindi, in questo caso, come lei, un uomo pubblico. Come lei educatore.

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Non mi interessano le polemiche, neanche le pagine dei giornali, sebbene ne avessi facoltà. Non le scrivo, quindi, neanche da giornalista. Non mi importano i like e tantomeno le condivisioni. Voglio parlarle. E in questo Paese ci siamo ridotti a farlo così, attraverso i social. Imparando da voi, che siete la politica, e fate la politica attraverso i social. Non condivido tale modalità, ma mi adatto, pur di dirle quello che penso, con sincerità e, in questo momento, con tanta, troppa, inquietudine. E vorrei che tale malessere fosse evidente anche alle persone di cui mi pre-occupo.

Ieri, come ogni giorno, facevo lezione con gli studenti a me affidati, attraverso quella porcata a cui si è dato lo stesso nome, inglese, di papà (Dad- Didattica a distanza, ndr), ma che di attenzioni, genitorialità e cura dei nostri figli non ha nulla, anche se alcuni “esperti” si ostinano a chiamarla scuola. La prego, ne faccia esperienza almeno per una giornata, lei e gli scienziati che la consigliano, di quella specie di cosa che vi ostinate a chiamare scuola. So che non avete più figli che frequentano la scuola, altrimenti non sarebbe così e io non le starei a scrivere. Lo so, è certo. Funziona così!

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E’ successo altre due volte, mentre facevo lezione, e ieri per la terza volta, l’ennesimo genitore si è affacciato nella camera del figlio, per ribadirmi che “io non sono nessuno”, che “quello che io penso non vale nulla”, “che lei non può costringere i nostri figli a venire a scuola per fare un compito in classe”, e che il loro (di genitori) “unico punto di riferimento, da mesi”, è lei, “il nostro presidente Emiliano”. E poi il messaggio, sotto postato, ricevuto alla fine di una giornata di scuola.

Nonostante abbia cercato più volte di spiegare anche ai genitori degli studenti a me affidati che lei è anche il mio presidente della regione, mi sono sforzato pure di comunicare loro che lei non è, non può e non deve essere un mio concorrente. Perché io faccio la scuola e lei fa diversamente scuola. O almeno ci dovremmo sforzare di farlo entrambi. Che io, come lei, sarei un educatore. Che ci dovremmo sforzare di farlo, ognuno nella propria sede, nel proprio ruolo e senza alcun potere.

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Sì, perché, la cosa più sconvolgente, agli orecchi dei genitori delle studentesse e degli studenti a me affidati è che risulta assurdo per loro quando affermo che lei e io non abbiamo nessun potere. Che non si tratta di potere. Questo ha sconvolto soprattutto i miei studenti. Perché evidentemente troppo abituati a obbedire a chi grida più forte, a chi va in tv, a chi accatasta più like, a chi, per mezzo di decreti, e senza entrare nelle scuole, senza mai starci a sentire, senza mai starli a sentire (quelli che per ora non votano, ma che noi docenti ci sforziamo di educare al voto fra non molto, con etica, cuore e cervello), decidono, secondo loro, con potere anche per loro studenti e per noi, donne e uomini della scuola.

Io, ribadisco che mi son preso la responsabilità di insegnare loro che Michele Emiliano, mio presidente della regione, magistrato, non ha alcun potere, Né su di me, tantomeno su di loro. Quello che vale in una democrazia è la Costituzione. La stessa, il cui potere, vale anche per il cittadino Michele Emiliano. Avete voluto d’obbligo l’Educazione Civica nella scuola? E allora gliela insegniamo sul serio agli studenti, sforzandoci di essere obbedienti solo ed esclusivamente a quella Carta! Non ad altro.

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Ma gli studenti, come molti educatori, sono confusi e infelici. Noi, a differenza di loro, siamo anche ostinatamente felici. Tutti credono che lei abbia potere. E lei non ha potere, se non il mio stesso, quello dell’educatore, quello di chi si prende cura, di chi deve riconoscere anche di sbagliare, se si continua a denigrare, a sminuire chi già era stato già oggetto di dileggio in questo Paese. La scuola, e in essa noi docenti e gli studenti, era stata già ridotta a zero. Non bastava?

Sa cosa sta accadendo in questi mesi? Che anche lei, magari inconsapevolmente, ha consolidato un “andazzo”, un precedente, da cui sarà difficile tornare indietro, anche quando i genitori e i miei studenti crederanno che il suo potere abbia prospettato il ritorno in presenza a scuola: quello secondo cui a scuola è come al supermercato: io scelgo l’offerta migliore. La più conveniente. Perché “sono io che decido”, “io ho il potere sui miei figli” e tu, docente, scuola, preside, non siete un cazzo!

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Sarà dura tornare indietro, Presidente, in un Paese, che non è soltanto la Puglia, dove, grazie a tanti suoi colleghi, donne, uomini, ministre o presunte tali, noi, donne e uomini della Scuola, ci sentiremo sempre più defraudati, sminuti, depauperati. Non di un potere. Ma di quell’unica arma che abbiamo, io e lei, grazie alla quale oggi lei è magistrato e Presidente: la conoscenza. La scuola. La possibilità data alle bambine, ai bambini e agli adolescenti di andare a scuola, per fronteggiare il potere, compreso quello di chi crede di detenerlo e di utilizzarlo a suo piacimento, sia che si tratta delle aule dei consigli regionali e tanto più delle aule scolastiche o delle presidenze.

Mi piacerebbe che dal 1 febbraio, lei, Presidente della regione Puglia si prenda le sue responsabilità, soprattutto quella di decidere per la scuola come si deve. Non affidata alla migliore offerta, alla migliore convenienza, a quello che i genitori ritengono. A quel che cazzo mi piace e mi pare per i miei figli.

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Mi scuso se ho trasceso, se sono stato molto sincero nel dirle. Ma, per continuare a dirgliela con la stessa onestà e sincera stima, mi sono rotto anche il cazzo di tanti colleghi, genitori, presidi, bidelli, fra quelli che come me l’hanno votata, che hanno quasi paura a dirle ciò che pensano. Non solo lo credono, ma lo dicono di aver paura, pensando che lei abbia magari il potere di non fare arrivare loro il sovvenzionamento per la scuola X o per la il progetto y.

Ecco, mi sono preso la responsabilità di tale “potere”, di dirle quello che in tanti pensiamo: decida di farci tornare a scuola, e non lasci la (non) scelta a chi crede che tenersi i propri figli a poltrire nei pigiami, dietro la falsa scuola della Dad o strangolati dai tanti TikTok, sia la scelta migliore. Perché così non ci stiamo curando. Ci stiamo ammalando, di giorno in giorno. Siamo diventati noi i virus, di ben altra pandemia, che ci vede tutti, insegnanti, studenti e genitori (tranne quelli che lavorano e hanno il problema di dove lasciare i propri figli), poter fare a meno della Scuola. Almeno quest’ultimo “Potere” lasciatecelo e aiutateci a credere che senza di questo, anche io non avrei potuto rivolgermi a lei, non da amico, ma come cittadino e insegnante pugliese. Educatore.

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