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Taranto cerca serenità, per un futuro ambizioso e non mortificato
Le dimissioni del sindaco, Piero Bitetti, stimolano tutti a una maggiore responsabilità verso un futuro consapevole, sostenibile e condiviso della Città dei Due Mari.

Taranto cerca serenità. Quella serenità necessaria e funzionale alla presa di decisioni capitali per il suo futuro. Le dimissioni del sindaco, Piero Bitetti, stimolano tutti a una maggiore responsabilità verso un futuro consapevole, sostenibile e condiviso della Città dei Due Mari.

Per troppe volte le scelte sono state fatte altrove e, quando hanno chiamato in causa i protagonisti locali - per un coinvolgimento più formale o di facciata, che concretamente incisive sul corso degli eventi - sono spesso state condizione dalla "spada di Damocle" di alternative capestro.
La città regina dello Ionio, forse perchè già in atmosfera Giochi del Mediterraneo, chiede "time-out" e prova a svincolarsi da decisioni affrettate e, soprattutto, più condizionate da logiche speculative che da ispirazioni sociali a tutela dell'integrità delle risorse umane interessate.
Certo, conciliare salute e lavoro a Taranto - come altrove - non è mai stato facile. Ma al di là delle tensioni, che talvolta sfociano in manifestazioni - comprensibili, ma non giustificabili - di aggressività eccessiva, come è successo nelle scorse ore - proprio perchè tutti sotto pressione, per un momento delicato e decisivo per il futuro di tanti - l'impressione è che il Sindaco Bitetti, con le sue dimissioni, abbia voluto anche evitare che tali tensioni approdassero in un Consiglio comunale chiamato, in tempi stretti, a varare indicazioni per la firma di un Accordo di Programma inter-istituzionale, dai contorni ancora poco definiti, per la piena decarbonizzazione dello stabilimento Ex-Ilva di Taranto.

Si prospetta una via tarantina al futuro degli impianti e a quello delle migliaia di lavoratori con famiglie, che da decenni vivono con l'incubo di una situazione 'insostenibile': la sopravvivenza a costo di un rischio altissimo di speranza di vita. Una serie di proposte che prevedono l'imprescindibilità di una decarbonizzazione, non necessariamente legata alla presenza di una nave rigassificatrice; l'accelerazione verso l'utilizzo graduale ma deciso dell'idrogeno per l'arrivo alla produzione di acciaio green; l'anticipo del completamento del processo di decarbonizzazione al 2030, anzichè al 2039; l'evitare il ritorno del canto di sirene che già in passato hanno devastato la realtà socio-ambientale di Taranto; una voglia diffusa di essere coinvolti nei fatti alle decisioni importanti.
Insomma, Taranto vuole guardare non più all'oggi e nemmeno a cosa potrebbe accadere domani. Taranto vuole proiettare il suo sguardo verso gli orizzonti generazionali: al plurale, perchè di Mari ne sempre avuti almeno due!












Nel frattempo, il presidente della regione Puglia Michele Emiliano - nel corso di un’intervista in diretta su radio anch’io-radio Rai Rai 1 sul tema dell’ex Ilva di Taranto - rispondendo alle domande del giornalista Raffaele Roselli, ha ricordato: “Questa vicenda comincia quando si pensava che l'acciaio potesse essere prodotto solo con i forni a ciclo integrale fra quelli a carbone. La Regione Puglia nel 2015/ 2016 cominciò a parlare di decarbonizzazione per trovare una conciliazione tra lavoro e salute. Siamo rimasti schiacciati per anni tra chi, anche nel PD e non solo nel centrodestra, riteneva che la decarbonizzazione non fosse possibile. Viceversa, a partire dal 2019, il Partito Democratico e anche il centrodestra, hanno accolto l'idea che la decarbonizzazione degli impianti di Taranto fosse l'unica strada per trovare questa conciliazione. Persino il sindacato, che in passato era contrario, perché la decarbonizzazione porterebbe a esuberi teorici da recuperare con altre strategie, adesso è d'accordo”.
“È stato un lavoro sfiancante - ha detto Emiliano - abbiamo sopportato in questi anni insulti, parolacce, minacce. C’è un gruppo consistente di tarantini che odia la fabbrica perché ha portato lutti nelle loro famiglie ed è ovvio e legittimo che ne chieda la chiusura: lo capisco. Tuttavia, chi è chiamato a decidere deve tenere conto che bisogna uscire da questa vicenda, cercando di dare a tutti il giusto indirizzo”.

“Il Partito Democratico - ha aggiunto Emiliano - sia pure con molta cautela, per non creare interferenze sugli altri partiti dell'opposizione, ha sostenuto il sindaco di Taranto, ha sostenuto me e ha sostenuto il Presidente della Provincia di Taranto".
"C'è invece un silenzio, direi inopportuno, dei Verdi e del Movimento 5 Stelle, il quale Movimento 5 Stelle era al Governo con Draghi che ha finanziato i forni a tecnologia DRI per la prima volta con il PNRR. Dunque alla decarbonizzazione ci erano arrivati. Ci siamo bloccati sulla questione della nave rigassificatrice che è diventato un totem".
"Bisogna spiegare che la rigassificazione significa solo riscaldare il gas per farlo dilatare e poterlo utilizzare, niente di più. Non è un impianto inquinante, semmai presenta pericolosità, come tutti gli impianti che gestiscono il gas. Ma anche questo totem è stato superato. Gli approfondimenti tecnici effettuati ci consentirebbero nel tempo di far arrivare in altri modi il gas necessario alla completa decarbonizzazione, un processo che dura sette/otto anni e non si raggiunge dall'oggi al domani come qualcuno potrebbe pretendere".

"Già adesso due miliardi e mezzo di metri cubi di gas arrivano con la rete on shore, cioè con pipeline e gasdotti, e questo quantitativo può aumentare considerevolmente nel tempo, come ci ha confermato SNAM. Rispetto ai gasdotti, le navi rigassificatrici sono più versatili dal punto di vista commerciale, perché consentono di approvvigionarsi del gas in maniera più veloce e a prezzi più convenienti".
"Però rischiano di bloccare un porto che invece deve svilupparsi. Quindi serve un compromesso che il ministro Urso ci sta offrendo. Siamo ad un passo dalla firma del protocollo o dal fallimento. É necessario che tutte le forze politiche ci dicano quello che pensano. Non so se le dimissioni del sindaco Bitetti possano rientrare. Però è chiaro che lo stesso Sindaco non può risolvere da solo un problema al Governo e a tutti i partiti dell'opposizione, non può confrontarsi fisicamente senza le giuste tutele delle forze dell'ordine con un gruppo di persone che soffre nella propria carne un dolore non gestibile da nessuno. I sindaci sono uomini normali e possono anche non riuscire a non sostenere un peso del genere”.
(gelormini@gmail.com)