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Taranto nascosta, Città Vecchia l'edicola votiva e la statua di Sant'Irene

di Daniela Rubino

TARANTO - Durante una visita a piedi nei vicoli della Città Vecchia di Taranto ho notato il portone aperto dello storico Palazzo Saraceno di Giovinazzo risalente al 1500, ubicato in via Duomo n° 72. Il palazzo è una storica dimora edificata in perfetto stile rinascimentale.

Il prospetto del palazzo è impreziosito da particolari decorativi e architettonici. La chiave di volta del portone d’ingresso, un caratteristico bugnato, il cui concio centrale in rilievo, è decorato con due teste avvolte da racemi, è lo stemma di famiglia. Ai lati del portale sporgono in rilievo due paraste verticali. con capitello e base. Sul capitello di destra è posto un busto scultoreo della Santa rappresentata in estasi, che si innalza: il capo è coperto da un velo mosso dal vento, mentre una tunica lascia completamente scoperto il suo seno destro, coprendole appena la spalla ed il braccio sinistro che ella solleva verso il cielo in atto di bloccare le folgori che minacciano la cittadinanza.
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La caratteristica strutturale e formale della lunetta, una finestra posta al di sopra del portone, destinata a dare aria e luce agli ambienti interni e a consentire la vista di quest’ultimi verso l’esterno, è ingentilita da un’inferriata con decorazioni vegetali e conchiglie, in assonanza con la tendenza storico-artistica. L’elemento conchiglia costituisce un dato locale tanto che nel 1780 veniva pubblicato a Napoli un opuscolo anonimo, raro e misconosciuto a causa dell’errata indicazione tramandataci da Benedetto Croce, Spiegazione delle conchiglie che si trovano nel piccolo mare di Taranto, che segna il tratto d’avvio delle ricerche naturalistiche fiorite attorno al circolo di Giuseppe Capecelatro, vescovo di Taranto. Questo insieme di risalti, mi ha fatto ipotizzare una simulazione di una struttura che poteva trovarsi all’interno del palazzo.
 
Interpretando il portone aperto come un esplicito invito ad entrare, ed incuriosita dal prospetto del palazzo, ho chiesto ai proprietari di poter visitare l’interno. Questi senza esitare mi hanno permesso di accedere in casa propria, all’esterno di un terrazzino posto al primo piano, indicandomi un’antica edicola di Sant’Irene sconosciuta al vasto pubblico, posta al centro di un muro quadrangolare perimetrale del terrazzo.
 
Il terrazzino è completamente circondato da altri palazzi, di cui è possibile vederne i cortili affacciandosi dai due bassi muretti di destra e di sinistra. Il muretto frontale, in asse con la porta finestra di accesso al terrazzino, è alto circa 3 metri.
 
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Ai lati di questo alto muretto, sono inglobate due paraste verticali sporgenti in rilievo fino a due terzi di altezza, in perfetto stile classico, con capitello e base.
 
Al di sopra delle paraste un cornicione include un’edicola di Sant’Irene con ai lati due angioletti e il fastigio terminale, corredato a sua volta da tre teste di cherubini, per concludere, successivamente con il muretto perimetrale che termina la struttura portante. Le tre piccole sculture poggiano su tre mensoloni intarsiati al di sotto con elementi vegetali.
 
Gli elementi ricorrenti nella religione cristiana e nell’agiografia di Sant’Irene sono evidenti nei due angioletti che purtroppo presentano parti mancanti e nella scultura della Santa. L’angioletto di sinistra innalza con due mani una corona che simboleggia il potere conferitogli da Dio. L’angioletto di destra reca nella mano destra la colomba dello Spirito Santo. La Santa, dai lunghi capelli ondulati e bruni, indossa una lunga tunica bianca con alle spalle un mantello azzurro, e reca nella mano sinistra la palma del martirio, che si collega all’Oriente come simbolo del Cristianesimo, mentre con la mano destra sorregge l’immagine di una città fortificata. La città fortificata è la Chiesa dei SS. Apostoli rappresentata nel codice vaticano del 1162, costruita durante il regno di Giustiniano e consacrata il 28 giugno 550. Questa è stata per più di settecento anni la seconda chiesa più importante di Costantinopoli, cuore pulsante della parte nuova della città ed edificio di culto più frequentato della città, situato sulla grande arteria chiamata ‘Mese’. Al suo interno sono conservate le preziose reliquie di Costantino e dei santi.
 
Questo partito decorativo, nel suo insieme, per effetto delle forti ombre proprie e portate, toglie nudità al muro e aggiunge forza, robustezza e solidità all’insieme architettonico. Esso è accompagnato, al di sotto della nicchia, da una bifora divisa verticalmente dal muretto perimetrale, su cui viene ripetuta simmetricamente un’edicola in miniatura.
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Quest’aggiunta della bifora che fa parte del genere rustico e che dà l’impressione dell’incompiutezza, richiama il prospetto esterno nella sua destinazione d’uso. Essa non solo fa filtrare la luce nel vano terrazzo, ma lascia anche intravedere l’interno della palazzina accanto con i panni colorati sciorinati al sole: quest’ultimo dettaglio conferisce al luogo una particolare caratteristica che ci riporta alla mente l’affascinante Napoli dei panni stesi e dai dedali inestricabili dei vicoli: colore locale e vita quotidiana convivono in armonia con queste presenze storiche millenarie.
 
La diffusione nella città di Taranto del culto di Sant’Irene, la santa nata probabilmente nel I secolo nella città persiana di Magedon, e il cui nome fu probabilmente Penelope, è dovuto alla presenza dei Monaci Basiliani nell’area Salentina, antichi monaci cristiani appartenenti a un ordine ispirato alla dottrina di San Basilio e da lui fondato, sfuggiti alla lotta iconoclasta, intrapresa nel 726 d.C. dall’imperatore bizantino di Costantinopoli e capo della Chiesa Orientale Leone III, lotta protratta fino alla metà dell’800. L’imperatore con un editto ordinò la distruzione di tutte le immagini sacre e delle icone che rappresentassero Dio, la Madonna e i Santi, ritenute superstizione e idolatria, presenti in tutte le province dell’Impero. Questi monaci fuggiaschi, molto colti, di origini egiziane, palestinesi, siriane e turche, abitavano grotte o anfratti naturali nelle regioni desertiche del mediterraneo orientale. Essi trovarono rifugio nei paesi del Capo di Leuca, che facevano parte dell’Impero Bizantino, ritrovando nelle gravine e grotte della Puglia le stesse caratteristiche morfologiche-naturali del loro paese. Costruirono, anche, molte chiese e monasteri ed incrementarono varie colture come l’olivo, la quercia Vallonea, il gelso, il carrubo ed il pino d’Aleppo.
 
La Città Vecchia di Taranto conserva ancora tracce evidenti di questo culto la cui committenza è riferibile alle varie chiese esistenti in quell’area. Altre edicole votive scultore dedicate a Sant’Irene sono presenti nei vicoli della Città Vecchia di Taranto fra cui una nel portale di accesso dell’edificio situato in Via Garibaldi n° 81. La Cattedrale di San Cataldo presenta anch’essa due sculture della Santa: la prima sulla facciata e la seconda, settecentesca, ad opera del noto scultore napoletano Giuseppe Sanmartino, nel vano ellittico del Cappellone.
 
Foto nella Città Vecchia di Taranto:
1 –Palazzo Saraceno
2 – Edicola votiva di Sant’Irene
3 - Sant’Irene: edicola  votiva scultorea
4 – Cappellone di San Cataldo statua di Sant’Irene ad-opera di Giuseppe Sanmartino
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