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Taranto Rotary, La foresta urbana e il messaggio di Frans Timmermans

Dopo un’attesa lunga oltre 15 anni e numerosi tentativi di diverse amministrazioni comunali, Taranto ha la sua Foresta urbana, inaugurata nel quartiere Tamburi, tra via Macchiavelli e via Lisippo, dal presidente internazionale del Rotary, l’australiano Ian Riseley, dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e dal vice sindaco Rocco De Franchi.

Tavola rotonda
 

L’evento è avvenuto a margine della Conferenza Presidenziale 2018 del Rotary International, per la prima volta nel nostro Paese, organizzata nel teatro Orfeo di Taranto dal Rotary International con l’impegno diretto di tutti i Distretti italiani e dedicata alla “Salute materna e infantile e la pace”.

Il polmone verde, che darà ossigeno alla zona a ridosso dell’Ilva e avrà un effetto di fitodepurazione assorbendo metalli pesanti e risanando anche il terreno, conta 250 alberi di leccio appena piantati, dono dei Rotary Club di Taranto, Taranto Magna Grecia, Grottaglie, Manduria, Martina Franca, Massafra e Riva dei Tessali. La parte inaugurata è solo il primo nucleo dei 5 ettari che comporranno l’intera Foresta urbana nell’ambito delle attività volte al recupero del rione Tamburi.

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"Grazie al supporto dell’amministrazione comunale – commenta il presidente del comitato organizzatore dell’evento Giovanni Lanzilotti, Governatore del Distretto 2120 (Puglia e Basilicata) del Rotary – siamo riusciti a dare un segno importante per la rinascita di questa città. Abbiamo voluto dare il nostro contributo, in particolare, per la salute dei più piccoli che abitano Taranto, prima città europea per i tumori infantili. I club Rotary continueranno il loro impegno in favore dei bambini di Taranto e in generale di tutti quelli che vivono in condizioni nelle quali non sono assicurati i loro diritti e la tutela della loro salute. Con questa iniziativa il presidente Riseley, molto attento ai temi ambientali, dà concretezza a quanto promesso nel suo programma, quando invitò tutti i club del mondo a piantare un albero per ciascun socio con l’obiettivo di avere nel volgere di un anno un milione e duecentomila alberi in più sul pianeta".

Bandiere
 

Sul tema della salute dei bambini e delle madri migranti si sono confrontati, davanti a un migliaio di persone, esperti, scienziati, esponenti religiosi e delle istituzioni, leader delle comunità e giovani di tutto il mondo. Tra i contributi più apprezzati, il messaggio lanciato dal vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans: "Un rifugiato ogni due è un bambino, un migrante ogni otto è un minore, 50 milioni di bambini sono migranti, più della metà è in fuga da situazioni di conflitto e instabilità ed esposti al rischio di abusi, violenze, prostituzione, schiavismo, radicalizzazione. Oggi questi bambini rischiano di finire sfruttati nei campi o per strada, invece di crescere a fianco dei giovani europei e respirare i valori che fondano la nostra Unione. Molto è stato fatto per la tutela dei bambini migranti e delle loro madri, ma molto ancora bisogna fare, anche per evitare che queste persone vengano disumanizzate dalla propaganda di nuovi demagoghi. Dobbiamo fare in modo che questo evitabile futuro non diventi un deprecabile destino".

Rotary International
 

Alla conferenza sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione ‘Migrantes’ monsignor Guerino di Tora, il presidente del Tribunale dei minori di Taranto Bombina Santella, il direttore del Centro per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità Stefano Vella e il dirigente medico del National Institute for Health, Migration and Poverty Rosaria Marrone.

Nel Castello Aragonese la mostra “Migranti” del pittore Luigi De Mitri e quella dei progetti dei Rotary Club italiani.  

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Conferenza Presidenziale 2018 del Rotary International “Salute materna, infantile e pace”. Il messaggio del vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans

“Un rifugiato ogni due è un bambino, un migrante ogni otto è un bambino, 50 milioni di bambini sono migranti, più della metà è in fuga da situazioni di conflitto e instabilità. Inutile ricordare i rischi cui sono esposti i minori in migrazione: abusi, violenze, prostituzione, schiavismo, radicalizzazione.

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Un terzo dei migranti giunti in Europa tra il 2015 e il 2016 erano bambini. Quasi un milione ha presentato domanda di asilo. Dove sono oggi? A scuola? A condividere la loro ricchezza con quella dei nostri figli, imparando ad amare i valori universali su cui si fonda l’Europa? Oppure per strada, nei campi e nelle fabbriche a crescere sfruttati in una spirale di odio reciproco? Non neghiamolo, l’emergenza umanitaria migratoria di questi anni ci ha colti impreparati nonostante le grida di allarme provenienti da quei Paesi, come l’Italia, che per primi hanno fronteggiato l’emergenza e ne hanno colto le dimensioni.

Lo scorso autunno mi sono recato in visita all’hotspot di Pozzallo, in Sicilia. I segni della presenza dei bambini erano dappertutto: la bilancia per neonati nell’infermeria, i kit di vestitini di prima emergenza, i volontari delle Ong specializzati nella cura di minori. I minori però quel giorno non c’erano. Quello stesso giorno infatti a Palermo attraccava quella che fu definita dalla stampa ‘la nave dei bambini’: 606 migranti di cui 241 minori, 178 non accompagnati, 1 neonato di una settimana e 11 donne incinte, di cui due al nono mese di gravidanza.

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Molto è stato fatto in questi anni, ma molto rimane da fare. Gli sbarchi sono fortemente diminuiti nel 2017 e le strutture e le procedure per l’accoglienza sono molto migliorate, basti ricordare la recente legge Zampa che, se ben applicata, ha il potenziale di essere un esempio per molti Paesi. Nel 2017 la Commissione europea ha identificato in una sua comunicazione i principi e gli strumenti finanziari tramite i quali assicurare una maggiore protezione dei migranti. Il resoconto delle misure da allora prese è pubblicato su un sito dedicato.

Quello che mi preme sottolineare è quanto ancora resti da fare e quindi quanto opportuni siano eventi come il vostro congresso. La situazione rimane fragile, in Libia come in Siria, le cause rimangono sistemiche, abbiamo a che fare con fenomeni di portata storica che richiedono di essere affrontati con una visione di grande respiro e tempi purtroppo lunghi. Riconoscere di essere all’inizio dei nostri sforzi non significa disconoscere quello che le autorità italiane ed europee hanno fatto in questi anni.

Vuol dire però tenere presente che il viaggio del minore non finisce sulle spiagge della nostra Europa, della vostra Italia, vuole dire che il viaggio dovrebbe continuare nei centri di prima accoglienza, nelle strutture per il sostegno psicologico, nelle amministrazioni per la determinazione dello status, nei rapporti con tutori e nelle scuole, non nelle strade e nei campi dello sfruttamento agricolo.

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Vuol dire tenere presente che il viaggio delle nostre istituzioni e dei nostri Paesi verso un’Unione che sia dotata degli strumenti legislativi finanziari e operativi per affrontare le molteplici sfide delle migrazioni è ancora in corso e che la metà di una vera solidarietà tra i Paesi membri è ancora troppo distante.

Vuole dire tenere presente che una situazione complessa richiede soluzioni complesse, che gli sforzi fatti sino ad ora vanno continuati, migliorati, approfonditi, non abbandonati a favore di semplici slogan. Vuol dire tenere presente che dove un bambino muore per una morte evitabile, là muore la capacità di riconoscere il nostro che è nell’altro, l’umano che è nello straniero, la figlia che è nella bimba altrui, il senso del nostro convivere fra Paesi europei tesi a superare un passato di guerre e conquiste reciproche.

So bene che lo scandalo della morte di un bambino non ne evita automaticamente la ripetizione. Le ondate dell’indignazione mediatica si infrangono contro le realtà delle nostre coste, le legittime preoccupazioni delle nostre società.

A noi politici la sfida di navigare queste acque in tempesta sapendo che la realtà quotidiana è fatta di compromessi, molti dei quali vorremmo, ma non possiamo evitare, sapendo che le uniche soluzioni efficaci sono in fondo quelle che si possono mettere in pratica. Ma tutto ciò non deve farci perdere la capacità di scandalizzarci e percepire il dramma davanti a noi.

Se ci ricorderemo delle insostenibili condizioni che possono spingere un genitore a esporre un figlio ai rischi di un viaggio verso l’Europa, allora sempre saremo capaci di lavorare per delle soluzioni, anche se limitate o tardive.

Se invece ce ne dimenticheremo e lasceremo che i figli, le figlie e le madri che muoiono sulle nostre coste siano disumanizzati dalla propaganda di nuovi demagoghi, allora avremo perso molto di più della nostra battaglia per il futuro dei minori migranti.

Perché lasceremo che l’indifeso in fuga sia visto come un invasore all’assalto, lasceremo che la nostra Europa dei valori e dell’unione ritorni ad essere un simbolo di divisione e oppressione. Dobbiamo fare in modo che questo evitabile futuro non diventi un deprecabile destino”.

(gelormini@affaritaliani.it)

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