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Trifone Gargano, Dante e il 'folle amore' di Gabriele Salvatores

Anche Affaritaliani.it - Puglia ha deciso di celebrare i 700anni dalla morte di Dante Alighieri, dedicando ogni week-end questo spazio per la pubblicazione di lavori ad opera di dantisti pugliesi o di autori, i cui articoli sono ispirati all’influenza del Somma Poeta sulla realtà pugliese in particolare o quella italiana in generale.

Dante Inf Trifone

Esordio in accoppiata con Mina, poi riflettori accesi su Netflix con la fiction di successo con Sabrina, e incursioni ne "La casa di Jack" di Lars von Trier; quindi l'incontro con Harry Potter nella saga di Joaanne K. Rowling; l'avventura tra i twitter fulminanti delle terzine di dantesca memoria e l'esplorazione dell'influenza del Sommo Poeta nella prosa contemporanea. 

E dopo l'incursione dantesca nel mondo del giallo e l'approdo in Sicilia negli intrighi di Nino Motta, il viaggio si è dipanato tra le pagine dei libri di Eraldo Affinati e Giulio Ferroni, con la successiva polemica letteraria accesa da Arno Widmann. Per toccare poi la funzione di "Bussola" de La Divina Commedia per un romanzo di Marco Balzano, l'esame su Nick Tosches e "La mano di Dante"; continuando tra le pagine di "Inferno" il successo editoriale di Dan Brown; fino ad intruflarsi tra coloro che fecero violenza a se stessi (suicidi). Per poi addentrarsi nel labirinto suggestivo della matematica, del fronte didattico-scientifico e sul versante riflessivo con il libro di Marco Santagata; o nella ricerca con la "Luce de la gran Costanza": la sposa normanna di Carla Maria Russo.

Gargano Trifone declama

Fino a coinvolgere la creatività musicale di Vinicio Capossela, a incrociare la figura storica di Manente degli Uberti - 'Farinata' o a confrontarsi con la doppia scommessa di Laura Pariani, con il romanzo di formazione di Chiara Ingrao o col risvolto anomalo dei "selfie" danteschi. E ancora a continuare con "Charun demonio e l’immaginario mitologico dantesco", presso il MANU - Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria - a Perugia, e con la figura, il sito e la grandezza dell’Inferno di Dante secondo Galileo Galilei. E ancora con il carisma del Santo di Mira (Anatolia), per tutti San Nicola di Bari, e l'evento/lezione ad Acquaviva delle Fonti (Ba) con Dante e la Divina Commedia in prospettiva "Ecologica"; oltre l'annuncio del seminariouniversitario (aperto a tutti), intitolato "Dante ...di corsa". Ma anche con l'appuntamento uno e trino con Antonio V, Gelormini e Franco Leone delle tre serate dantesche a Troia (Fg) "Parole di Pietra e Versi di Luce" e i tantissimi riferimenti all’elemento acqua, all’interno della Divina Commedia.

La rassegna di Trifone Gargano (Pugliese, Docente Didattica Lingua Italiane e Informatica per la Letteratura, nonché dantista e divulgatore letterario), dopo l'omaggio a Gianni Rodari, continua con la disamina del film di Gabriele Salvatores "Tutto il mio folle amore".  (ag)  

di Trifone Gargano

Ambientato a Trieste, dove Vincent, un ragazzo affetto da una forma di autismo e da un disturbo della personalità, vive chiuso in un mondo tutto suo, in compagnia di sua madre, Elena. Nella vita dei due, a un certo punto giunge Mario, il compagno di Elena, che tratta Vincent amorevolmente, come se fosse stato suo figlio, adottandolo. In famiglia, quindi, si realizza un equilibrio, anche se precario, ma pur sempre un equilibrio.

gabriele salvatores

A rompere questa faticosa condizione giunge Willi, il padre naturale di Vincent, cantante ambulante e squattrinato, che aveva abbandonato Elena allorquando aveva appreso della sua gravidanza. Vincent, comunque, resta affascinato da Willi (e dalla sua vita raminga), intravedendo nel furgone, che il padre utilizza per spostarsi durante le tappe delle sue tournée, il mezzo per evadere dalla sua esistenza triste e anonima. Egli infatti si nasconderà proprio nel furgone di Willi, che sta per partire per i Balcani.

L’occasione, sia pur rocambolesca, serve ai due per conoscersi (visto che nei precedenti 16 anni di Vincent l’uno non aveva saputo dell’esistenza dell’altro). Questa fuga, comunque, servirà pure a Mario e a Elena, che si mettono subito in macchina per rintracciare Vincent (e Willi), per conoscersi meglio.

Se ti abbraccio

Tutti i critici cinematografici hanno segnalato, per questo film, il felice ritorno di Salvatores al suo genere più congeniale, e cioè al così detto road movie. Critica e botteghino, del resto, hanno decretato il successo del film. Come pure, in sede critica, è stato sottolineata la funzione da «canovaccio» che il romanzo Se ti abbraccio non aver paura (Marcos y Marcos 2012) di Fulvio Ervas ha svolto nei confronti della sceneggiatura del film di Salvatores. Nel romanzo, infatti, viene raccontata la storia vera del rapporto di un padre con il figlio Andrea, affetto da autismo.

Capriccio 01

Per il titolo del film, Tutto il mio folle amore, è stato pure sottolineato il debito nei confronti  di Pasolini, per un episodio da lui girato per il film a più mani Capriccio all’italiana (girato nel 1967 e distribuito nel 1968: Pasolini aveva girato l’episodio Cosa sono le nuvole?, con Totò, Ninetto Davoli, Ciccio Ingrassia, Franco Franchi, Laura Betti, Domenico Modugno e Carlo Pisacane).

Ma anche nei confronti del cantante Domenico Modugno, per la canzone Cosa sono le nuvole (1968), testo, tra l’altro, scritto proprio da Pier Paolo Pasolini, nel quale ricorre il verso "tutto il mio folle amore".

Ciò che nessuno ha notato e sottolineato è che l’espressione "folle amore" rinvii a Dante Alighieri, e, precisamente, al verso 2 del canto VIII del Paradiso. Questo rimbalzo citazionistico vale, a ritroso, per tutti: Salvatores, Pasolini e Modugno. Del resto, si sa, la letteratura e tutte le arti (compreso il cinema, per la sceneggiatura) è un gioco di specchi e di rimandi. Citazioni, a volte, esplicite, altre volte, invece, implicite. Sta al lettore / spettatore riuscire a coglierle tutte. Va detto anche, come ulteriore elemento di conoscenza, che, tra il 1965 e i primissimi anni Settanta, Pasolini era impegnato, alla maniera sua, onnivora, in una turbinosa e proficua lettura del poema dantesco, che lo portò a scrivere, in forma di frammento non finito, la Divina Mimesis (poi pubblicata postuma, nel 1975, da Einaudi).

L’espressione dantesca "folle amore" è nel canto VIII del Paradiso, cioè in uno dei due canti che Dante dedica al cielo di Venere, al cielo degli spiriti amanti, spiazzando i lettori del suo tempo (e i lettori di oggi), per alcune sue scelte, come dire, "folli", visto che colloca tra i beati tre personaggi che in vita si erano fatti notare non proprio per una condotta santa, quanto, invece, per l’abbandono sfrenato e gioioso all’amore sensuale. In ordine di apparizione, questi tre rappresentanti del "folle amore", del quale, comunque, come annota Dante nel testo del canto, non si pentono, sono, rispettivamente, Cunizza da Romano, Folco da Marsiglia e Raab.

Divina Mimesis

I primi due, Cunizza e Folco, sono personaggi medievali, vicini cronologicamente a Dante e ai suoi primi lettori. Il terzo personaggio che luce in questo cielo di Venere è Raab, prostituta di cui narra la Bibbia, che aiutò il condottiero Giosuè a conquistare l’altrimenti inespugnabile città di Gerico. Di Raab Dante scrive che nel cielo di Venere "nel sommo grado si sigilla" (cioè, riceve in massimo grado l’impronta di questo cielo).

Per quanto riguarda gli altri due beati del "folle amore", Cunizza pronuncia versi solenni e perfetti di autoassoluzione, tra i più memorabili della Divina Commedia:

Cunizza fui chiamata, e qui refulgo

perché mi vinse il lume d’esta stella;

ma lietamente a me medesma indulgo

la cagione di mia sorte [...] (Pd., IX, 32-5)

[...fui chiamata Cunizza, e risplendo qui perché l’influenza di Venere (esta stella) [che spinge ad amare] mi ha condizionata (mi vinse); ma perdono a me stessa, serenamente (lietamente), la causa della mia condizione]

Folco da Marsiglia (noto anche come Folchetto), poeta trovatore tra i più importanti, morto nel 1231, autore di notissimi componimenti d’amore, dedito a libero amore (solo in tarda età si convertì al cattolicesimo, e si fece monaco, fino a ricoprire la carica di vescovo di Tolosa, e fino a promuovere la crociata contro gli albigiesi), chiarisce a Dante, che, in questo cielo di Venere, nessuno dei beati soffre per ciò che in vita ha commesso (il «folle amore», appunto), anzi, ne gode (ride), perché anche la loro sfrenata inclinazione all’amore sensuale, in vita, era stata voluta e determinata dall’influsso del cielo: 

Dante Cunizza 02

Non però qui si pente, ma si ride,

non de la colpa, ch’a mente non torna,

ma del valor ch’ordinò e provide (Pd., IX, 103-05)

Con parole simili, anche Cunizza aveva espresso, poco prima, lo stesso giudizio di auto-assoluzione:

perché mi vinse il lume d’esta stella (Pd., IX, 33)

La responsabilità della mia vita giovanile sfrenata, sostiene Cunizza, per quanto riguarda l’inclinazione all’amore sensuale, è del cielo di Venere, che «mi vinse», non certamente mia.

Di Raab, prostituta e meretrice, Dante scrive parole luminose, già nella presentazione: 

RitrattodiDante

Tu vuo’ saper chi è in questa lumera 

che qui appresso me così scintilla

come raggio di sole in acqua mera.

Or sappi che là entro si tranquilla

Raab [...] (Pd., IX, 112-16)

Come si può notare, in soli tre versi ricorrono vocaboli legati alla sfera semantica della luce: "lumera – scintilla – raggio - sole".

Ecco, dunque, tracciata l’intera costellazione di rimandi e rinvii intertestuali (e multimediali), tra questo film di Gabriele Salvatores e ilo testo dei canti VIII e IX del Paradiso dantesco.

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