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Trifone Gargano: Dante e Lars von Trier: 'La casa di Jack'

Anche Affaritaliani.it - Puglia ha deciso di celebrare i 700anni dalla morte di Dante Alighieri, dedicando ogni week-end questo spazio per la pubblicazione di lavori ad opera di dantisti pugliesi o di autori, i cui articoli sono ispirati all’influenza del Somma Poeta sulla realtà pugliese in particolare o quella italiana in generale.

Dopo l'esordio in accoppiata con Mina, e i riflettori accesi su Netflix e la fiction di successo con Sabrina. Trifone Gargano (Pugliese, Docente Didattica Lingua Italiane e Informatica per la Letteratura, nonché dantista e divulgatore letterario) fa scorrere il film dantesco di Lars von Trier: La casa di Jack. (ag)

Trifone GARGANO Aracne

di Trifone Gargano

Distribuito in Italia nel 2019, ma in altri paesi europei era già uscito nelle sale cinematografiche nel 2018 (dopo una controversa anteprima fuori concorso al Festival di Cannes, nel mese di maggio del 2018), il film di Lars von Trier, regista e sceneggiatore danese, il cui titolo inglese è The House That Jack Built, con Matt Dillon, nel ruolo del protagonista, Jack, appunto, e con Bruno Ganz, nel ruolo di Virgilio, catalogabile sotto il genere horror, thriller, a noi, qui, interessa per i suoi espliciti e notevoli richiami alla Divina Commedia, precisamente all’Inferno, alle così dette Malebolge:

Luogo è in inferno detto Malebolge,

tutto di pietra di color ferrigno,

come la cerchia che dintorno il volge. (XVIII, 1-3)

film Bolgia

Dieci bolge (o fosse) concentriche, che formano l’ottavo cerchio dell’inferno di Dante, il cerchio della frode, i cui argini sono collegati tra loro da un sistema di ponti in pietra. Nella sesta bolgia, però, il ponte è crollato, a causa del terremoto che si verificò alla morte di Cristo.

[...] «Più oltre andar per questo

iscoglio non si può, però che giace

tutto spezzato al fondo l’arco sesto.» (XXI, 106-08)

Anche nel film, Virgilio e Jack giungono in prossimità del ponte crollato. In prossimità di quel ponte crollato, precisamente, sul lato opposto, rispetto alla posizione dei due viandanti, anche nel film, come nel testo dantesco, si fa riferimento a una grotta, a un passaggio sotterraneo, esattamente come si legge in Dante.

E se l’andare avante pur vi piace,

andatevene su per questa grotta; (XXI, 109-10)

film Bolgia ponte 01

Nel film, però, rispetto al testo dantesco, la grotta-cunicolo viene presentata come la via per uscire dall’inferno, pericolosissima da percorrere, perché bisogna raggiungerla arrampicandosi lungo la parete rocciosa della bolgia, con il rischio, cioè, di precipitare nel fondo della bolgia, nel pozzo profondissimo (in Dante, com’è noto, quel pozzo, che è il pozzo dei Giganti, conduce al nono e ultimo cerchio).

film Bolgia parete 01

Virgilio sconsiglia Jack dall’intraprendere quella strada, ma non può impedirne la scelta, dal momento che essa è atto libero della volontà umana, bensì perché pericolosissima. Anche nella Divina Commedia, Dante affronta più (e più) volte il tema delle scelte umane, e del libero arbitrio. Si tratta di un concetto fondamentale per il cristianesimo, che consente, cioè, di conciliare l’onnipotenza e la provvidenza divina, appunto, con l’esercizio libero dell’agire umano.

Dante lo affronta in Purgatorio XVI, per sostenere che ogni avvenimento terreno non è necessariamente determinato dal Cielo, perché, se così fosse, verrebbe meno la libertà di scelta dell’uomo. Grazie alla ragione, che è la facoltà superiore che Dio ha concesso agli uomini, è possibile, infatti, distinguere il vero bene, contrastando, così facendo, gli influssi dei sensi. Tanto è vero che in Inferno V, per i lussuriosi, Dante scrive che si tratta di peccatori che «la ragion sommettono al talento» (v. 39). Nel canto del Purgatorio invece si legge:

film Jack Dante

A maggior forza e a miglior natura

liberi soggiacete; e quella cria

la mente in voi, che ‘l ciel non ha in sua cura. (Pg, XVI, 79-81)

film abisso caduta 01

Jack-Dante sceglie liberamente di provare a raggiungere la grotta cunicolo, arrampicandosi lungo la parete rocciosa della bolgia, correndo il rischio di precipitare nel fondo del pozzo.

Il film è ambientato in America, nel 1970, e racconta le vicende, cioè, gli omicidi commessi da Jack, un serial killer con una propensione artistico-filosofica, nel corso di ben dodici anni, tutti nello stato di Washington. Il racconto di tali omicidi, o incidenti, come li definisce lo stesso Jack, avviene sotto forma di dialogo, tra Jack e una voce esterna maschile, che, verso la fine del film, si appalesa, prendendo le sembianze di un novello Virgilio, con il compito di accompagnare Jack-Dante all’Inferno.

Prima che i riferimenti alla Divina Commedia diventino espliciti e diretti, fanno capolino nel film già nelle sequenze iniziali, attraverso la citazione dei quadri di William Blake, noto illustratore dantesco inglese, di inizio Ottocento. Di tanto in tanto, infatti, a commento iconico delle vicende narrate, compaiono alcuni fotogrammi con i quadri di Blake, come, per esempio: che riproduce il vortice delle anime dannate del quinto canto dell’Inferno (il vortice dei «peccator carnali», 38). Come è accaduto per Dante, nel suo viaggio ultraterreno, compiuto nel 1300, anche Jack, in compagnia di Virgilio, visita l’inferno da vivo. Egli infatti, s’infila in una botola, per sottrarsi all’arresto, invitato a farlo proprio da Virgilio, e così scende nel regno dei dannati.

Dopo aver commesso l’ennesimo omicidio, verso la fine del film, Jack indossa una vestaglia rossa, che ha sottratto all’ultimo malcapitato, assumendo, così, anche iconicamente, le fattezze del poeta fiorentino, con la tunica rossa, esattamente come tradizionalmente (e universalmente) conosciamo Dante Alighieri:

L’identificazione è oramai avvenuta, e quindi il film, nelle sue fasi conclusive, può scorrere parallelamente al viaggio dantesco. Il macabro dettaglio delle fotografie che Jack scatta alle sue vittime, fissandole così in eterno in una determinata posa, con una certa predilezione artistica per la foto “in negativo”, rinvia, in modo geniale, alle raffigurazioni dantesche delle anime dell’aldilà (dannati, purganti o beati che siano).

Tutte le anime che Dante, infatti, incontra, nel suo viaggio ultraterreno, sono rappresentate come congelate in una posa, in un selfie per l’eternità, che li renda riconoscibili. Paolo eternamente abbracciato a Francesca. Ciaccio immerso nel fango, da buon goloso. Manfredi con il volto e il petto deturpato. Sordello solo soletto, altero e disdegnoso. Belacqua, pigro, seduto. Tanto per fare solo qualche esempio. Quando Virgilio e Jack scendono nel loro inferno, man mano che scendono, avvertono, con dolore crescente, un forte ronzio. Virgilio, allora, chiarisce a Jack che si tratta del lamento dei dannati, e che tale lamento aumenta con l’approssimarsi al cospetto della sofferenza. Alla stessa maniera in Dante, nel momento in cui comincia la sua discesa: 

film Jack e Virgilio Inferno 01

Or incomincian le dolenti note

a farmisi sentire; or son venuto

là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d’ogne luce muto,

che mugghia come fa mar per tempesta,

se da contrari venti è combattuto.

La bufera infernal che mai non resta [...] (If. V, 2531)

film selfie 02

Un’ultima analogia, tra film e testo dantesco, in questa mia sommaria lettura dell’opera di Lars von  Trier, la segnalo nel rispettivo rimando alla “sordità” della materia, rispetto alle intenzioni del “creatore”. Durante il racconto, infatti, Jack riferisce a Virgilio di aver più volte intrapreso e interrotto, con relativa distruzione del rustico appena realizzato, la costruzione della sua casa, dal momento che, egli dichiara, sconsolato, «il materiale non faceva quello che volevo facesse» (dapprima, i mattoni, poi, il legno, successivamente il cemento armato). In Paradiso I, nel lungo intervento di Beatrice, chiarificatore di alcuni dubbi di Dante, si legge:

film selfie 01

e cominciò: «Le cose tutte quante

hanno ordine tra loro, e questo è forma

che l’universo a Dio fa simigliante.

[...]

Vero è che, come forma non s’accorda

Molte fiate a l’intenzion de l’arte» (103-05 e 127-29

Jack, infine, riesce a trovare il materiale adatto per realizzare la sua casa: 

Di grande effetto pure la citazione iconica del notissimo quadro di Eugène Delacroix, artista e pittore francese, attivo nella prima metà dell’Ottocento, raffigurante l’imbarcazione di Flegiàs, traghettatore di anime dannate, nella palude Stigia, destinate al basso Inferno:

Jack Delacroix Flegiàs

com’io vidi una nave piccioletta

venir per l’acqua verso noi in quella,

[...]

«Flegïàs, Flegïàs, tu gridi a vòto»,

disse lo mio segnore [...] (If. VIII, 15-6 e 19-20)

con un fotogramma del film:

Si ringrazia Serena Ciccarone, per la preziosa collaborazione.

 

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