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Roma
Bertolaso vara l'operazione verità. "Online i miei processi: ecco le accuse"

Un nuovo sito per ribadire il suo essere in corsa per il Campidoglio e ancor più per fugare ogni dubbio dai procedimenti giudiziari in corso: Guido Bertolaso vara la sua "Operazione Verità" mettendo online l'elenco dei processi che lo vedono in attesa di giudizio. Due i procedimenti pendenti, il primo inerete agli appalti concessi dalla Protezione Civile all'imprenditore Diego Anemone concessi quando proprio Bertolaso era a capo dell'ente pubblico in prima linea contro le emergenze; il secondo vede il candidato sindaco imputato in un dibattimento nato dall'accusa che vorrebbe in Bertolaso il responsabile della sottovalutazione degli eventi sismici che anticiparono il distruttivo terremoto dell'Aquila il 6 aprile del 2009.

"Fermo nel voler ottenere una sentenza che diradi ogni dubbio mosso alla mia persona - scrive Bertolaso - ho il dovere di delineare chiaramente, come ho più volte fatto, la situazione attuale che mi vede imputato in due processi. Tali accuse  hanno coinvolto il mio operato, la mia persona e la mia famiglia. Questo forse l’aspetto più doloroso e difficile da dimenticare della vicenda. Attendo, come semplice cittadino quale sono, il corso della giustizia".

MASSAGGI IN CAMBIO DI APPALTI. "Il primo processo pendente al Tribunale di Roma - scrive Bertolaso - mi vede coinvolto per corruzione, per aver, secondo l’accusa, favorito l’imprenditore edile Diego Anemone nell’aggiudicazione di appalti per la protezione civile. Secondo tale accusa io ne avrei avuto in cambio la disponibilità materiale di un appartamento in via Giulia, una somma in contanti di 50.000 euro e prestazioni sessuali da parte di  massaggiatrici, presso il Salaria Sport Village. Per quel che riguarda questa vicenda mi sono sempre definito estraneo ai fatti contestati e perfino l’Avvocatura Generale dello Stato ha ritenuto questa accusa insostenibile in giudizio. Mi sono sottoposto a interrogatori, ho depositato documenti comprovanti l’assoluta infondatezza delle accuse. Ho, inoltre, richiesto più volte di essere processato immediatamente con rito abbreviato per tali accuse infamanti, poiché già in fase di indagini preliminari, questa vicenda processuale si poteva ritenere chiusa con l’esclusione di ogni forma di responsabilità della mia persona. Ciò non è avvenuto. I punti che smontano l’impianto accusatorio costruito  sono i seguenti:  l’abitazione di Via Giulia si dimostrò essermi stata data in comodato d’uso gratuito temporaneo dal Cardinale Sepe, che durante dei miei dissapori familiari, mi diede un luogo dove dormire in nome dell’amicizia che ci lega. Riguardo ai presunti 50.000 euro, un Ispettore Superiore della Polizia di Stato, ha testimoniato direttamente di essere presente il giorno incriminato e di non aver visto, alcuno scambio di denaro nell’incontro avvenuto; d’altronde non poteva che essere così in quanto non ho mai avuto nessuna utilità da alcuno mai.
Quanto ai massaggi, ritenuti dalla magistratura di natura sessuale - continua Bertolaso - è stata dimostrata l’inconsistenza assoluta dell’accusa, in relazione al contenuto delle intercettazioni telefoniche che dimostrano come i massaggi vi siano stati, ma senza alcun risvolto sessuale. Si sono consegnate inoltre le ricevute di pagamento al Salaria Sport Village dell’abbonamento “platinum”, il quale  comprendeva per tutti gli abbonati i massaggi inclusi, a cui ricorrevo per continue e documentate contratture. Un servizio a cui aveva accesso qualsiasi altro abbonato del centro con il medesimo abbonamento.
Le testimonianze delle impiegate ai massaggi confermano quanto anche le intercettazione telefoniche dimostrano. Per questo processo attendo giustizia, nella consapevolezza che anche un’assoluzione non potrà mai equiparare i dolori legati alla vergogna, ai dispiaceri ed alle incomprensioni familiari che hanno ingiustamente, inesorabilmente e senza riguardo investito le persone a me care".

LA COMMISSIONE GRANDI RISCHI. Pendente presso il Tribunale di L’Aquila l'accusa per il reato di omicidio colposo per il decesso di tredici persone la notte del 6 Aprile 2009, in occasione del terremoto aquilano. "Secondo l’accusa  - scrive Bertolaso - avrei indotto gli scienziati che parteciparono alla riunione del 31  Marzo 2009 ad evitare allarmismi e a mal valutare il reale rischio di un grave evento sismico, rassicurando i cittadini per mezzo stampa sulla bassa probabilità di un forte terremoto. In sintesi, quanto discusso in quella riunione avrebbe convinto tredici soggetti a rimanere a casa la notte del sisma del 6 Aprile e quindi a perdere la vita nel crollo. Al termine delle indagini preliminari la Procura della Repubblica aquilana, in data 29.01.2013, richiedeva l’archiviazione del procedimento, osservando che Guido Bertolaso, non essendo presente alla riunione, non aveva offerto alcun contributo causalmente rilevante alla formazione del contenuto e dell’esito della riunione, aggiungendo, in termini strettamente giuridici che, in ogni caso, anche astrattamente non poteva configurarsi alcun contributo di tipo morale, non essendo contemplata nel nostro ordinamento giuridico la figura di un “mandante colposo”. Anche le indagini ulteriori, disposte a seguito della richiesta di archiviazione, confermarono la mia estraneità rispetto ai decessi ed ai ferimenti contestati, tanto da indurre il Pubblico Ministero a formulare, in data 8.11.2013, una seconda richiesta di archiviazione del procedimento per l’insussistenza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio. A questo punto, la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di L’Aquila, con provvedimento del 18.02.2014, rispolverava desueti poteri di avocazione, procedendo alla contestuale revoca della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, laddove la stessa sentenza della Corte di Cassazione che ha assolto i componenti della Commissione grandi rischi non fa alcun riferimento alla mia persona.
Anche in questo processo attendo che sia fatta piena luce sul mio operato. Non dimenticherò mai il dolore che  ho visto, le difficoltà, gli sforzi e la corsa contro il tempo che abbiamo affrontato per salvare più vite possibile dopo il terremoto. A quei momenti che non dimenticherò mai nella mia vita e che ho vissuto in qualità di responsabile della protezione civile, si aggiunge questo dolore; ossia l’essere accusato di non aver fatto il mio massimo per salvare vite umane, che come medico, prima ancora che come servitore dello Stato, è un’accusa per me grave".

"Chiedo un giudizio definitivo - conclude Bertolaso - per tali ragioni io richiedo una sentenza e non mi accontento di una prescrizione. È un fatto personale che mi sono imposto. Ho bisogno di una sentenza, qualunque ne sia l’esito, per poter chiudere definitivamente questi capitoli e queste accuse che mal si accostano all’operato e alla vita che ho fino qui condotto".

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