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Roma
Bidello pedofilo continua a lavorare per 25 anni: era stato condannato 3 volte

Un bidello ha continuato a lavorare per 25 anni a contatto con i minori nelle scuole, nonostante fosse stato condannato tre volte per pedofilia. Dopo le prime due condanne i giudici avevano stabilito che non doveva più lavorare a contatto con bambini e ragazzi, eppure è stato nuovamente assunto in una scuola, quando nel frattempo ha ricevuto la terza.

La prima condanna risale al 1991, mentre la seconda è arrivata nel 2005. Nel terzo processo, conclusosi nel 2014, non solo il bidello era stato nuovamente condannato, ma era stato coinvolto anche il Ministero dell'Istruzione. I giudici condannarono il Miur a risarcire la famiglia della vittima con 228257 euro. Il Miur ha deciso però di rivalersi non solo sul bidello, ma anche sull'allora dirigente dell'Ufficio scolastico regionale del Lazio che non aveva escluso il bidello dalle graduatorie del personale Ata.

I fatti e i precedenti

“Le molestie erano avvenute già in precedenti anni scolastici nei confronti di altri allievi a testimonianza di un atteggiamento recidivo nonostante le condanne già ricevute sempre in sede penale” si legge nella citazione contabile da parte del Ministero dell'Istruzione.

Il primo caso documentato che ha coinvolto quel bidello, oggi 70enne, originario di Pozzuoli è avvenuto nel 1991, quando si macchiò di reati sessuali in una scuola di Napoli, reati per cui ricevette la prima condanna che gli precluse l'ingresso ai concorsi per lavorare nelle scuole. Tuttavia nel 2000 il Tribunale di Sorveglianza di Napoli lo ha riabilitato. Nel 2005, quando il bidello ha ricevuto la seconda condanna per fatti avvenuti in una scuola media, la dirigente scolastica aveva redatto una relazione in cui denunciava i suoi comportamenti. Ma l'ufficio scolastico regionale del Lazio non ne tenne conto. Nel 2008 avviene una terza violenza: il bidello aveva irretito un giovane con dei regali. Partì il processo che vide la condanna penale nel 2014 e quella civile, con il risarcimento per la famiglia, nel 2020.

La storia è stata riferita da Il Corriere della Sera.

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