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Roma
Elezioni europee, l'M5S Castaldo: “I Sovranisti di Salvini nemici dell'Italia”

Elezioni Europee 2019, al via il countdown del voto tra migranti, austerity ed alleanze ancora da scoprire. Bruxelles divisa tra sovranisti ed europeisti, in mezzo il Movimento 5 Stelle. Parla Fabio Massimo Castaldo, Vicepresidente del Parlamento europeo.

 

 

Romano, con una doppia laurea in giurisprudenza ed un'esperienza politica nell'M5S che, nonostante l'eta, classe 1985, lo vede già Vicepresidente del Parlamento europeo in carica dal 2014 ad oggi. Fabio Massimo Castaldo, candidato per la terza circoscrizione elettorale - centro Italia, cerca la riconferma a Bruxelles nella tornata elettorale del 26 maggio, dettando tramite Affaritaliani le priorità dell'Europa che verrà: stop all'austerity, salario minimo europeo e il no al fronte Sovranista.

 

 

Queste elezioni sono state descritte, in un senso o nell'altro, decisive per il futuro dell'Europa. Secondo lei è così? 

“In un certo senso sì, perché si contrappongono due modelli che richiamano una contraddizione storica europea e cioè quella tra metodo intergovernativo, enfatizzato dall'ultranazionalismo e dal sovranismo esasperato di alcuni soggetti politici e quello dell'europeismo acritico che vorrebbe proseguire sul cammino dell'integrazione senza porsi le giuste domande in quanto ai fallimenti degli ultimi anni. La verità è che quello che serve oggi non è domandarsi Europa si o Europa no, ma 'Europa come'? visto che è una necessità geopolitica e storica, culturale, etica: quello che ci serve oggi è un'Europa che lotti contro le diseguaglianze, contro le politiche di Austerity passando a politiche finalmente espansive.  Ecco perché noi proponiamo la Golden Rule per scorporare dal calcolo del deficit gli investimenti nei settori a più alto moltiplicatore e i contributi ai fondi europei. Per questo, ribadiamo l'importanza di quelle politiche sociali a partire dal salario minimo europeo e dalla lotta alla concorrenza sleale sociale e salariale all'interno dell'Unione”. 

Quali competenze può portare al Parlamento Europeo? E qual è al momento la priorità per l'Italia? 

Sono un giurista che si è sempre impegnato nella questione della salvaguardia dei diritti umani. Ho lavorato duramente nella commissione Affari Esteri, Difesa e Affari costituzionali guadagnando la stima dei colleghi sul campo. Tra le priorità per l'Italia c'è sicuramente la tutela del made in, la lotta per un'etichettatura trasparente che aiuti i consumatori a orientarsi verso il vero made in Italy e verso le vere eccellenze, garantendo anche una difesa delle indicazioni geografiche all'interno degli accordi di libero commercio. Poi, una promozione della digitalizzazione dell'economia mediante un aumento dei fondi della ricerca e a sostegno delle imprese giovanili e dei giovani in generale”. 

I tre partiti “euroscettici” italiani, M5S-Fdi e Lega, sono in 3 eurogruppi diversi.  Un'Europa sovranista è solo un'invenzione? 

“Noi non siamo un partito anti europeo, rifiutiamo questa etichetta. Siamo un partito euro pragmatico che vuole proseguire nel cammino dell'integrazione ma su basi profondamente diverse rispetto a quelle viste finora. La nostra è una critica sempre costruttiva e siamo pronti a negoziare emendamento per emendamento, provvedimento per provvedimento con gli altri soggetti politici nel Parlamento. Crediamo che andare ad assumere posizioni apertamente di rottura sia poco proficuo perché il nostro è un Paese esportatore e non deve rinchiudersi nella mera logica del protezionismo e dell'autoisolamento. Dobbiamo invece lavorare per essere protagonisti in Europa, motore di cambiamento, partendo dal superamento di quelle logiche ipocrite come per esempio la lotta ai paradisi fiscali. Oggi Forza Italia e il Partito democratico si riempiono la bocca di una lotta serrata ai paradisi fiscali ma in realtà i loro gruppi politici sono quelli che non hanno sfiduciato Jean-Claude Juncker cinque anni fa quando sarebbe stato necessario avere una guida diversa alla testa della Commissione europea. Al contrario, lo hanno coperto rigettando la nostra mozione di censura, perdendo cinque anni fondamentali per andare a sanzionare quei Paesi, Irlanda, Malta, l'Olanda e il Lussemburgo che, se applicassimo i criteri utilizzati anche per gli Stati terzi all'Ue avrebbero molto da dire sul modo in cui gestiscono le loro politiche fiscali aggressive”.

I possibili successori di Junker sono divisi sulla questione migranti. Sarà l'Europa delle frontiere o dell'accoglienza?

“La vera questione è che deve essere l'Europa della solidarietà che non è un optional ma è un principio scritto all'interno dei trattati. Il Movimento 5 stelle ribadisce la propria proposta: avere un sistema di redistribuzione obbligatorio, preventivo e permanente, un cambio di paradigma per le politiche riguardanti la cooperazione allo sviluppo con i Paesi dell'Africa Subsahariana da coniugare con i diritti umani e con un saggio atteggiamento di confronto non soltanto con la leadership governativa di questi Stati ma anche con quella a livello locale quando è impossibile interagire con la prima e, non da ultimo, importantissimo, la presa di responsabilità dell'Ue per quanto riguarda una politica comune non soltanto per quanto riguarda l'asilo nei confronti degli aventi diritto alla protezione internazionale ma anche una politica comune dei rimpatri perché pensiamo che solo su scala continentale ci sia la forza e i mezzi a disposizione congrui per raggiungere questi obiettivi. Per questo, gli alleati di Salvini Orban, i Paesi del blocco di Visegrad e gli austriaci di Kurz si pongono in maniera totalmente antitetica e quindi sono chiaramente degli avversari dell'interesse nazionale italiano. Noi vogliamo, al contrario, fare squadra con chi è realmente pronto a fare passi in avanti in questo senso, che non siano ipocriti. Ribadisco, dunque, che se non si può andare avanti a 28 lo si può fare premiando chi veramente vuole una cooperazione rafforzata in questo campo: la Commissione però, deve essere coerente con questa finalità e stanziare una parte del budget di bilancio e fornire aiuto vero e forte a coloro che vogliono arrivare a una condivisione forte e strutturata, preventiva, permanente e obbligatoria. Se questo non c'è vuol dire che anche da parte della Commissione c'è una certa parte di ipocrisia come abbiamo visto in questi anni”.

La difficoltà del Regno Unito a uscire dall'Europa cosa può insegnare all'Italia?

“Ci insegna che la democrazia diretta e partecipativa deve essere assolutamente rafforzata e difesa ma al tempo stesso che la politica deve avere un ruolo pedagogico ovvero spiegare in modo certosino e approfondito all'opinione pubblica, all'elettorato l'importanza e le conseguenze delle scelte evitando che vengano effettuate in un modo superficiale senza contemperare tutti gli aspetti e le criticità intrinseche all'esercizio della sovranità popolare come un referendum. Noi rispettiamo pienamente questo risultato: sarà il popolo britannico a decidere del proprio futuro e della sua permanenza o meno all'interno dell'Unione sempre tenendo fede alla difesa degli interessi e dei diritti sacrosanti di tutti i cittadini europei residenti in Gran Bretagna a partire dai cittadini italiani che sono un numero elevato. Mi preme però sottolineare anche che l'Italia, con noi, non ha e non avrà mai la volontà di effettuare un simile referendum. Siamo in Europa per cambiare la storia dell'integrazione per portarla sul suo binario congruo e giusto e per avvicinarla ai cittadini, in modo molto duro talvolta ma sempre con un atteggiamento di critica costruttiva. Non ci interessa, come interessa ad altri, smantellarla ma costruirla, rafforzarla su un piano di lotta alle disuguaglianze, di livellamento verso l'alto dei diritti sociali, della democrazia e tutti quei temi che stanno a cuore ai cittadini”.

È dal 1870 che il paese si divide su Roma Capitale, secondo lei qual è oggi il suo ruolo? Serve davvero una nuova legge speciale? O servono invece fondi diversi rispetto alle altre città?

“Roma ha delle sue specificità ed è giusto prendere in considerazione il suo ruolo di Capitale ma qui quello che abbiamo sostenuto con grande vigore non è di darle uno status speciale ma di rinegoziare gli interessi assurdi che noi stiamo pagando agli intermediari finanziari e agli istituti di credito per il finanziamento del debito accumulato dai partiti di sinistra e di destra durante le rispettive amministrazioni. Salvini si è opposto andando a penalizzare tutti i cittadini italiani e romani anche perché, ripeto, non si chiedeva un centesimo in più ma di rivedere i tassi che, tra l'altro sono stati negoziati in un momento ben diverso da quello attuale e dunque sono fuori dalle logiche di mercato e costringono tutti gli italiani a sborsare denaro in modo inutile quando invece potremmo risparmiare circa due miliardi e mezzo di euro”.

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