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Roma
Elezioni Lazio, trionfa la linea D'Alema: D'Amato candidato Pd ma senza Conte

Regionali Lazio '23: Il Pd sceglie con un solo voto contrario l'assessore alla Sanità Alessio D'Amato come candidato senza passare per le Primarie e chiude la partita, almeno per ora senza alleanze. Ma c'è tempo. Vince la linea di Massimo D'Alema che, dopo aver voluto Gualtieri sindaco e aver centrato l'obiettivo, ora scommette sul “ragazzo” cresciuto nelle sezioni del Pc.

Insomma sulla scheda ci sarà D'Amato ma si potrà anche leggere D'Alema. E “chissenefrega” se Goffredo Bettini avrebbe voluto un dibattito acceso, magari nella speranza di “piazzare” Enrico Gasbarra, l'unico che avrebbe potuto mediare tra le anime della Sinistra e aprire subito un dialogo con Giuseppe Conte.

Il nuovo asse per il Termovalorizzatore

Con D'amato vince la linea del termovalorizzatore a Roma, anche se D'amato con Zingaretti presidente si era tenuto saggiamente alla larga dalla vicenda dei rifiuti di Roma, tacendo sul Piano rifiuti della Regione che prevedeva di far scomparire la “monnezza” come per magia.

E D'amato, lontano dagli schizzi di fango della vicenda della mascherine, il suo l'ha fatto. Ha tenuto al guinzaglio il Covid a Roma e nel Lazio e ha sussurrato al Terzo Polo di Calenda, Renzi e Fratoianni di essere l'unico di sinistra in grado di competere col candidato fantasma del destra-centro, perennemente in ritardo quando si tratta di scegliere uomini da gettare nella mischia delle elezioni. Sarà D'Amato a mettere la sua faccia nella battaglia quasi persa contro Fratelli d'Italia, i resti della Lega nel Lazio e il fantasma di Forza Italia, con una linea già segnata. Già, perché mentre il Governo Meloni ha trasformato in settimanale il bollettino dei contagi e dei decessi da Covid, D'Amato ha tirato dritto mantenendo la quotidianità dei numero della Pandemia. E quando il sottosegretario Gemmato ha inciampato sui vaccini è stato uno dei primi a tuonare. Per non parlare dell'accusa di “nostalgia del Ventennio”, a proposito della maglietta di Enrico Montesano con in bella evidenza la X Mas, bollata con un “Roma è città medaglia d'oro della Resistenza, forse Montesano se l'è scordato”. Insomma, duro e puro, pungente e “velenoso” come solo un vero comunista riesce ad essere nei confronti dell'avversario che sarà.

La scelta di D'Amato cambia gli equilibri interni al partito romano. Non è un caso che la prima a complimentarsi sui social è stata l'ex senatrice Monica Cirinnà, briciata alle ultime elezioni con un collegio farlocco e che da eterna Dalemiana si è tolta il classico sassolino e lo ha intriso di veleno per scagliarlo contro Enrico Letta.

Il nodo delle alleanze

Il proverbio “excusatio non petita accusatio manifesta” ben si adatta alle prime parole di D'Amato che si affetta a chiarire: “Nessuna ombra di Calenda, questa è una candidatura unitaria che il Pd oggi mette a disposizione di tutta la coalizione. Una coalizione la più ampia possibile che da domani deciderà anche sia gli aspetti programmatici che le modalità”. Invece l'ombra di Calenda c'è e aleggia sul nuovo asse del Termovalorizzatore che D'amato rivendica in linea con il sindaco Gualtieri che ne ha la piena titolarità.

Ed è per questo che il candidato D'Amato se la dovrà vedere con due avversari: il centrodestra che sarà e il candidato che il Movimento. Ormai i 5 Stelle si sono fatti furbi: hanno capito che col Pd perdono e che da soli possono coronare il sogno del sorpasso. Con la scusa che il Termovalorizzatore è una pietra tombale sull'alleanza, correranno da soli.

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