Epatite C, l'ultima drammatica follia: acquistare in India farmaci equivalenti - Affaritaliani.it

Roma

Epatite C, l'ultima drammatica follia: acquistare in India farmaci equivalenti

Epatite C: l'ultima follia degli italiani in cerca di risparmi per le nuove terapie è quella di acquistare “farmaci equivalenti” in India. E secondo i dati forniti da Ivan Gardini, presidente di Epac Onlus, sarebbero almeno 500 i malati volati dall'altra parte del mondo.

 


“Secondo una nostra recente indagine – spiega Gardini – e  condotta su 86 centri autorizzati alla prescrizione dei nuovi farmaci per la cura dell’epatite Crisulta che circa 500 italiani sono andati in India ad acquistare i farmaci equivalenti ma se consideriamo anche quanti non lo dichiarano, ne stimiamo oltre un migliaio. I pazienti acquistano i farmaci all’estero perché si sentono in un vicolo cieco, nessuno è in grado di poter dire quando saranno curati. Fare una programmazione senza limitazioni di accesso significa poter dire a queste persone quando saranno curate e fa una differenza enorme. Ad oggi ne curiamo circa 30mila l’anno e con gli 1,5 miliardi spalmati in un triennio previsti in legge di Bilancio, anche il Ministro Lorenzin si è posta l’obiettivo  di voler curare 50.000 pazienti l’anno: questo potrebbe far sì che possano cadere le barriere di accesso, e restare comunque nei limiti del budget annuale stanziato prevedendo delle priorità di cura, come ad esempio chi ha una co infezione con altri virus, sindrome metabolica, diabete o altre comorbidità. La programmazione va rivista anche per far sì che le risorse stanziate siano pienamente sfruttate. “Esistono infatti, - aggiunge - centri autorizzati alla prescrizione dei farmaci che stanno finendo di trattare pazienti con malattia avanzata, ma hanno numerose persone in attesa con malattia meno avanzata che, secondo i criteri attuali, non possono curare”.

Ma le associazioni dei pazienti  Aned (Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto), Epac (Pazienti con epatite e malattie del fegato), FedEmo (Federazione Associazioni Emofilici), L'Isola di Arran (Associazione impegnata nella lotta all'emarginazione legata alla droga), Nadir (Pazienti con HIV) e Plus (Persone LGBT Sieropositive) unite nella rete ‘Senza la C vanno oltre: chiedono di  “Eliminare le barriere di accesso”, “garantire la cura a tutti i malati”, “fermare l’esodo che porta tanti ad andare a curarsi all’estero”

Nata nel 2014 come una campagna di consapevolezza e sensibilizzazione sull’HCV realizzata congiuntamente dalle 6 associazioni dei pazienti, Senza la C da oggi diventa ‘rete’ per realizzare attività condivise di sensibilizzazione sia del grande pubblico che delle Istituzioni con l’obiettivo comune di dare libero accesso alle terapie anti HCV a tutti i malati. Obiettivo ribadito in una lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin e al Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) Mario Melazzini. Nella lettera si plaude l’istituzione in Legge di Bilancio di un fondo dedicato ai farmaci anti-HCV ma si chiede anche di rivedere i parametri che limitano l’accesso ai nuovi farmaci solo ai malati gravi. L’iniziativa è sostenuta dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) per il cui presidente  Antonio Chirianni l’ampliamento dei criteri di accesso alle cure “rappresenta un investimento i cui risparmi si vedranno nel lungo termine. I pazienti che eliminano il virus, non solo non sono costretti ad assumere farmaci a vita, ma ricorreranno molto meno agli ambulatori e ai ricoveri (anche per trapianti), con conseguenti risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale".