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Roma
Giro: i mercati rionali della Capitale, 126 pezzi di storia da rilanciare

Il senatore Francesco Giro lancia un appello per salvare il patrimonio storico e produttivo degli oltre cento mercati rionali della Capitale come sistema policentrico per promuovere un polo “made in Rome” di sapori e di saperi.

A Roma i mercati rionali sono una realtà fortemente diffusa sul territorio e ne rappresentano una importante caratteristica identitaria. Centoventisei mercati rionali, 29 plateatici, 32 coperti, 63 con sede impropria. Questi i numeri in campo. E ancora: 4000 micro-imprese, oltre mezzo milione di contatti giornalieri, 6000 famiglie coinvolte, 800 milioni di euro circa di fatturato da un’attività che copre il 18% dei consumi sulle tipologie di prodotto presenti. Pur di fronte a questi dati che rivelano la forza di un mondo produttivo ancora vitale, il mercato rionale ha esaurito la sua funzione originaria di fornitore “necessario” e di prossimità di alcuni beni primari oltre che di strumento per calmierare i prezzi. Oggi i mercati rionali stentano a soddisfare le nuove richieste in termini di beni e servizi da parte del consumatore, che si sono ovviamente evoluti in concomitanza con lo sviluppo dell’informazione, della comunicazione e della nuove tecnologie. Un esempio su tutti: l'accrescimento della cultura e della stessa consapevolezza agroalimentare delle famiglie ha inevitabilmente aumentato l’esigenza dei consumatori alla quale hanno contribuito anche il dibattito pubblico sulla salute, la ricerca della qualità negli stili di vita, il desiderio di benessere della persona. Ma all'evoluzione delle aspettative non è appunto corrisposta l’adeguatezza dell’offerta commerciale e dei servizi. Procurarsi la spesa alimentare oggi non è l’unico motivo della visita al mercato e a poco servirebbe richiamarsi al solito conflitto tra mercati rionali e supermercati. Al cliente non interessano le polemiche anche accademiche sull’evoluzione della distribuzione ma - come ricorda Mauro Loy (Methos), una vita dedicata allo studio e alla pianificazione delle superfici destinate alla vendita - “il cliente vuole essere libero nelle sue scelte e valuta l’offerta, la convenienza, il servizio e la comodità della spesa. I clienti vogliono luoghi di conoscenza, di scoperta e di convivialità ma anche di bellezza, dove il ‘fare la spesa’ non diventa più un frenetico e doveroso acquisto ma un momento da vivere in famiglia”. 

La qualità dunque al centro di un’esperienza comune a milioni di consumatori. A Barcellona, Madrid, Copenaghen e Budapest come a Firenze e a Milano i mercati hanno avuto, proprio per questo, una profonda trasformazione. Alla spesa con i suoi spazi e le sue regole si uniscono ora nuove prospettive, quelle di una maggiore aggregazione sociale, fra generazioni diverse o in una stessa generazione. Nuovi luoghi dunque di attrazione e di interesse condiviso da una comunità locale, ma sempre più estesa, non solo per i residenti ma anche per i turisti alla ricerca dell’identità del territorio. All’estero “la modernizzazione dei mercati - ricorda Loy - non interessa solo gli aspetti strutturali e architettonici, ma anche l’organizzazione interna delle strutture di vendita, la comunicazione dell’intero mercato e i servizi che vengono offerti”. Al consumatore si propone una risposta non univoca ma complessa e flessibile in base alle esigenze che possono emergere anche in relazione alla qualità stessa dell’offerta che può estendersi fino alla ristorazione, alla degustazione dei prodotti, a quelle forme di ospitalità che prolungano la relazione con il mercato. La valorizzazione dei mercati non può allora soggiacere alla vecchia logica del project financing che nella riqualificazione edilizia assimilava anche il riassetto dei singoli box. Oggi occorre sviluppare una visione commerciale che riconosca e valorizzi le nuove abitudini di consumo. A ciò dovranno allora tendere le modifiche della Deliberazione n.35 del 2010 del Consiglio Comunale di Roma Capitale in merito all’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande delle attività commerciali.

La rinascita dei mercati rionali sarà possibile se le cooperative sapranno assumere un atteggiamento all’altezza della sfida, coinvolgendo tutti gli operatori e guardando alle esperienze di aggregazione dei maggiori Gruppi di Acquisto (come COOP e CONAD i più importanti retailer italiani). I mercati dovranno evolvere verso forme di specializzazione ed indirizzo tematico, che tengano conto della dimensione commerciale e della vocazione del territorio in cui sono inseriti.  Le 126 strutture mercatali evidenziano problemi e posizionamenti che hanno bisogno di interventi differenziati. Mentre per alcuni mercati rionali devono essere rafforzati gli interventi di manutenzione, che assicurino igiene e decoro delle strutture; per altri va adottato un piano di rigenerazione soprattutto in chiave di offerta e vivibilità dei luoghi in linea con le esigenze del consumatore moderno. Le strutture sulle quali intervenire si caratterizzano per l’ottima localizzazione e il favorevole bacino di utenza, il contesto urbano di riferimento e il valore architettonico della costruzione. Seguendo questo paradigma i primi interventi di rigenerazione dei mercati, che possono essere sviluppati, riguardano quelle strutture che sono localizzate in aree strategiche della città dal punto di vista dei flussi pedonali e viari, come: via Cola di Rienzo, via Tomacelli, via Baccina e, per altri versi, via Passino. Questo anche perché trovata la via, gli altri mano a mano potranno seguire l’esperienza. 

Come leggiamo nella descrizione fornita dalla App di settore ‘Qui Mercati’: “i mercati sono dunque un caleidoscopio di prodotti e di artigianalità, dove la sapienza degli operatori nel conoscere, selezionare ed elaborare le produzioni locali sono un punto di forza determinante. Le strutture dei mercati rionali esprimono l’anima e la cultura dell’ambito territoriale in cui vivono; sono punti di riferimento per la collettività non solo per l’acquisto dei beni primari ma anche per i servizi di carattere artigianale che gradatamente si stanno ampliando e non più solo artigianato di servizio, ma legato alla cura e al benessere della persona”. Ecco è proprio da questo loro peculiare patrimonio di competenze e di saperi che i mercati rionali dovranno sviluppare una grande opportunità di crescita.

“I mercati, per le peculiarità che esprimono (freschezza, genuinità e rapporto fiduciario con il consumatore) possono trovare nuova ulteriore vitalità in un contesto distributivo che vede, tali elementi, essere determinanti e addirittura vincenti nel rapporto di fidelizzazione con il consumatore”. I mercati oggi dovranno promuovere un processo di ammodernamento in cui il settore dell’artigianato possa dare un grande impulso integrando e completando, in termini commerciali, l’offerta esistente alle nuove tipologie della vendita. Le attività artigianali potranno essere incrementate con altre offerte, quelle dell’alimentazione, dell’artistico, dell’innovazione e della tecnologia, del turismo e territorio, del legno e dell’arredo. La forte concorrenza della grande distribuzione organizzata è stata una pesante insidia per le piccole strutture che, rimanendo prigioniere di una visione particolare, non integrata e complessa, e troppo ancorata alla rendita di posizione e ad una mentalità individualista, non hanno saputo reagire alle nuove strategie commerciali oggi irreversibili. Ma, sempre dalla descrizione della App di settore leggiamo: “i mercati soprattutto quelli più centrali o che hanno trovato una propria identità sulla specializzazione (es. Campo de’ Fiori, Testaccio, Esquilino) si sono affermati come qualificati itinerari turistici, svolgendo una funzione importante anche nell’offerta del prodotto turistico del territorio. Nonostante la disomogeneità della rete e la decadenza in termini sia strutturale, sia di offerta, oggi il sistema dei mercati rionali necessita di un intervento incisivo per poter riconquistare un ruolo determinante nello scenario distributivo: se da un lato sarà necessaria un’ottimizzazione della rete (favorendo lo spostamento di alcuni operatori in altri mercati e chiudendo così le strutture che sia a livello economico, sia di offerta non hanno ragione di essere), dall’altro dovranno essere elaborati degli interventi di ammodernamento commerciale focalizzati su quelle strutture mercatali che oggi presentano validi elementi commerciali”. 

E ancora, dal Piano del Commercio peraltro si comprende che “suddividendo il territorio in tre macro aree, delimitate dalle mura Aureliane e dal Grande Raccordo Anulare, è possibile definire sia il rapporto tra il numero di mercati e la superficie territoriale, sia quello rispetto alla clientela servita. Entrambe le relazioni sono molto intense nelle aree centrali mentre diminuiscono in quelle periferiche. Difatti, se nelle isocrone più interne si registra un’alta concentrazione dovuta alla presenza di un mercato ogni chilometro quadrato, in quelle esterne, si rintraccia un mercato ogni 52 kmq. La distribuzione così delineata incide sul rapporto di densità abitativa che determina un’elevata concentrazione tra mercati e residenti nelle aree centrali (un mercato ogni 10.600 persone), che si dirada nelle periferie (uno ogni 64.600 residenti). I dati dimostrano come ad uno sviluppo della morfologia della città non sono seguiti interventi di ampliamento del sistema mercatale; oggi, nonostante il netto ritardo, è ancora possibile sviluppare un sistema dal forte potenziale, se adeguatamente sostenuto da politiche di rinnovamento. In questo senso il Piano del Commercio potrebbe intervenire a sostegno di un sistema che dovrebbe abbandonare posizioni individualistiche, di mero conservatorismo, ed abbracciare una filosofia di innovazione dell’offerta - oggi ancora ferma a quella degli anni ’60 -  integrata a servizi che diano nuova fruibilità alle strutture. È necessario pertanto, cercare di costruire un nuovo modello mercatale facendone sistema, costruendo un’immagine che travalichi l’attuale interpretazione della vendita, verso una tipicizzazione coordinata che ne consenta l’adeguamento ai desiderata del consumatore”.

Si tratta dunque di una grande sfida ma possibile e concretissima, che avrebbe il merito non solo di riqualificare una rete ineguagliabile sul territorio di offerta al consumatore, ma di realizzare un sistema policentrico in grado di esaltare qualità, eccellenza, tipicità, stili di vita appropriati, che riassunti in una parola potremmo anche qualificare come il ‘nuovo made in Rome’.  E in questa direzione sempre da Mauro Loy (Methos) giungono alcune proposte concrete per la Capitale, studiando da molti anni un ruolo diverso per i mercati rionali, legato alla loro tradizione di socialità ma aperto alle evoluzioni che attraversano il mondo dell’offerta del prodotto, sopratutto in ambito agroalimentare, dove contano i saperi, le relazioni umane, la nuova e più diffusa consapevolezza delle risorse del nostro territorio. “Due esempi di riqualificazione - scrive Loy - : il Mercato di via Tomacelli con le due torrette inizio ‘900, oggi in pieno degrado, con coperture posticce e l’intero piano inferiore abbandonato. Potrebbe divenire un piccolo tempio della ‘dieta mediterranea’, oggi riconosciuta come un bene immateriale del patrimonio mondiale Unesco, un luogo per collocazione e per vocazione turistica, che potrebbe illustrare a Roma la nostra biodiversità. Così come il Mercato dell’Unità in via Cola di Rienzo, un gioiello architettonico con strutture in ferro liberty. Un plateatico di circa 2000 mq da riqualificare nelle dinamiche di offerta ricreando luoghi accoglienti e aperti con l’utilizzo dei locali sovrastanti e della terrazza per incontri e socialità oltre ad un rinnovato e più consono servizio ai cittadini. Non certamente replicabile invece l’esperienza negativa dello spostamento del Mercato di Ponte Milvio dove il progetto che lo ha riguardato con la nuova collocazione non hanno favorito né la viabilità né la comodità di spesa, come momento di apprezzamento e consapevolezza dell’offerta, non riuscendo così ad esprimere le grandi potenzialità di servizio rappresentate dall’area e ricercate dai consumatori”.

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