Roma
La banca spedisce una Pec al cliente defunto: la successione per i familiari diventa un inferno da brontosauri tecnologici
La storia. Gli eredi testamentari si vedono negare da Unicredit le firme digitali accettate dalle Entrate e poi spedisce una mail al familiare che però è al cimitero

Una successione testamentaria da far recepire in una banca? Succede anche che il cliente si veda negare la validità di una firma digitale accettata invece dall'Agenzia delle Entrate in banca e che di fronte all rimostranze degli eredi, decide di spedire una Pec al familiare defunto aprendo una procedura interna alquanto insolita. E' accaduto a Roma in un filiale Unicredit.
In un’epoca in cui la firma digitale con valore legale è ormai riconosciuta anche dai tribunali italiani, sorprende scoprire che Unicredit sembra non essere attrezzata per accettare documenti sottoscritti con questa modalità. È come se la banca fosse rimasta ancorata a un mondo analogico, dove timbri, firme a penna e interminabili file allo sportello sono la regola. Questo non è solo un disservizio, ma una barriera inutile ed illegale che complica la vita dei clienti, costretti a rincorrere modalità obsolete che rallentano ogni tipo di procedura.
Customer Care: tra assurdo e inadeguatezza
Le criticità non si fermano qui. Il servizio di assistenza clienti di Unicredit sembra un esempio lampante di inefficienza. Un caso emblematico è quello della gestione di una successione testamentaria. Dopo che la documentazione era stata già validata dall'Agenzia delle Entrate – l'autorità che certifica la regolarità fiscale e legale della procedura e della documentazione successoria – una marginale filiale di Unicredit ritiene di dover avviare arbitrariamente una propria procedura di valutazione della documentazione, probabilmente con il fine ultimo almeno del Direttore di filiale, di trattenere sul conto corrente infruttifero le consistenti somme giacenti. Una scelta che non solo è superflua, ma anche potenzialmente illegittima. Per quale motivo una banca dovrebbe arrogarsi il diritto di mettere in discussione documenti già verificati da un’Autorità pubblica? E qualora quello che è stato ritenuto corretto e valido dall’Agenzia delle Entrate, con il relativo trasferimento agli eredi degli asset immobiliari testamentari, non fosse sufficiente per Unicredit, che cosa succederebbe? Arroganza da incompetenza.
Quando la PEC finisce all’indirizzo del defunto
Il paradosso tocca il suo apice nella gestione delle comunicazioni con gli eredi. In un caso surreale, dopo aver ricevuto una PEC dagli eredi, la banca ha risposto... al defunto. Sì, avete letto bene: Unicredit ha risposto a un cliente che, per definizione in una procedura di successione, non può più dare alcuna risposta. Una scena che potrebbe far ridere se non fosse per il suo risvolto tragico. Come è possibile che una grande banca non abbia meccanismi adeguati a garantire un dialogo rispettoso ed efficiente con i suoi clienti, soprattutto in situazioni delicate come una successione testamentaria?
Un problema di sistema
Questi episodi non sono semplicemente incidenti isolati, ma sintomi di un problema più grande: un sistema bancario totalmente focalizzato sulla remunerazione degli azionisti, che non riesce a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica e con le esigenze dei clienti (sembra di parlare della crisi di Stellantis!) ma anche una vigilanza che non tutela adeguatamente i diritti dei clienti e la gestione dei rischi operativi e legali della banca. L’incapacità di accettare firme digitali legali, l’approccio burocratico e talvolta illegittimo nella gestione dei documenti, la mancanza di sensibilità nella comunicazione, evidenziano un’organizzazione rigida, priva di flessibilità, di rispetto verso chi si affida ai suoi servizi e, implicitamente, un elevato rischio operativo e legale.
Cosa deve cambiare
Unicredit deve affrontare con urgenza le seguenti problematiche:
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Digitalizzazione dei processi: accettare firme digitali e modernizzare le procedure interne per eliminare inutili passaggi burocratici.
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Customer care professionale: formare il personale per gestire situazioni delicate con competenza e rispetto.
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Chiarezza e trasparenza: evitare procedimenti arbitrari, come la “valutazione interna” di documenti già approvati da autorità competenti.
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Riforma della comunicazione: implementare controlli che impediscano errori grossolani come l’invio di comunicazioni a indirizzi inappropriati.
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Adeguamento del modello interno di rischio: introdurre adeguati parametri correttivi al modello interno di rischio per quanto riguarda la compliance ed il rischio di contenzioso legale che l’attuale operatività rischia di generare.
Conclusione
Il caso Unicredit non è solo un esempio di inefficienza, ma anche un campanello d’allarme per il sistema bancario italiano. Se persino una delle maggiori banche non riesce a garantire servizi adeguati, cosa possiamo aspettarci dagli altri operatori minori? È tempo che Unicredit smetta di ancorarsi al passato, alla massimizzazione dei profitti e dei dividenti, e inizi a investire seriamente nel futuro, adottando tecnologie moderne e processi più efficienti. Perché, in fin dei conti, una banca dovrebbe essere al servizio dei suoi clienti, non un ostacolo sulla loro strada.
Paolo Rubini, docente di Economia del Turismo a La Sapienza