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Roma
Per la prima volta al Ghetto la giornata del dialogo cattolici-ebrei

L’appuntamento a porte chiuse, per la prima volta in casa ebraica, verrà trasmesso in diretta televisiva su Telepace e sulla pagina facebook della diocesi di Roma. Dopo il saluto del cardinale vicario Angelo De Donatis interverranno il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e il cardinale José Tolentino de Mendonça.

Si terrà per la prima volta in “casa ebraica” il tradizionale appuntamento romano promosso in occasione della giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. La XXXIII edizione, in programma inizialmente per domenica scorsa, avrà luogo invece giovedì 21 gennaio al Museo ebraico di Roma, dopo essere stata ospitata sino ad oggi dalla Pontificia università lateranense. Alle 19 si ritroveranno nella struttura di via Catalana, situata all’interno del Tempio maggiore, il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma Riccardo di Segni e il cardinale José Tolentino de Mendonça, poeta, teologo, archivista e bibliotecario di Santa romana chiesa.

Dopo il saluto e l’introduzione del cardinale vicario Angelo De Donatis, i due dialogheranno sul libro del Qohelet delle cinque Meghillot. Nel rispetto della normativa vigente, l’appuntamento non prevede la presenza di pubblico, ma sarà trasmesso in diretta televisiva su Telepace (canali 73 e 214 in hd; 515 di sky) e in streaming sulla pagina facebook della Diocesi di roma. “E' un fatto significativo che questa giornata di incontro avvenga nel cuore della comunità ebraica romana – sottolinea monsignor Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e i nuovi culti –, è un segno di accoglienza di cui siamo grati, che si inserisce nella storia di questi anni. Il tema del Qohelet sfida la nostra coscienza in questo tempo di pandemia, di fronte alle domande più profonde sulla fragilità dell’esistenza”. Come ricorda monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale ecumenismo e dialogo della Cei, “è significativo che nell’anno liturgico ebraico questo libro venga letto durante la festa di Sukkot, vale a dire la festa delle capanne: richiamo della fragilità e della precarietà dell’esistenza, certo alleviata dalla presenza della Torah, che dà gioia a chi la accoglie e la pratica. Così noi, esseri umani, nella precarietà e nella sofferenza condivise in questo tempo abbiamo perseverato nella ricerca di Dio per riscoprire il senso della vita e la protezione nella fragilità, come fece il Qohelet». “Questo momento di riflessione – conclude monsignor Gnavi – sostiene quindi la testimonianza di ebrei e cristiani, alle prese oggi con un cambiamento d’epoca radicale, accompagnato da domande radicali, alle quali – senza eluderne la drammaticità – si intende cercare risposte assieme”.

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