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Roma
La Giunta Raggi a metà mandato: “Rifiuti, trasporti e sociale: il nulla”

Andrea Catarci esponente di Movimento Civico, debutta sulla Cronaca di Roma di affaritaliani.it come editorialista.

di Andrea Catarci *

Prima di pensare a grandi progetti per Roma secondo la Sindaca Raggi ed il M5s occorreva dare una risposta in termini di manutenzione ordinaria e decoro urbano, per migliorare la qualità della vita di tutti i giorni. Dall’estate del 2016, il momento della vittoria nella corsa al Campidoglio, ne hanno fatto un ritornello ripetuto ad ogni occasione e sono arrivati al punto di sacrificare a tale logica la candidatura alle Olimpiadi, ritenendo maggiori i rischi delle opportunità.

I risultati della loro azione su quella che hanno individuato come priorità assoluta, fotografati a dicembre 2018 dopo il giro di boa di metà mandato, sono negativi: non fanno più notizia le buche di una rete stradale pericolosamente ridotta ad una groviera, i cumuli di immondizia che sommergono ripetutamente i quartieri dal centro alle periferie oltre il Gra, i trasporti pubblici che “viaggiano” costantemente ad un livello di indecenza e che per qualche risibile variabile – meteorologica, strutturale, organizzativa - si fermano completamente, gli abbattimenti indiscriminati di centinaia di alberature nell’incapacità di assicurare le dovute cure, le situazioni di abbandono ed incuria che minano l’agibilità degli istituti scolastici, del patrimonio abitativo comunale, delle aree verdi, dei mercati rionali. Ad aggravare il quadro sostanziale c’è la deriva dei servizi sociali, sempre meno sistema e sempre più interventi sporadici, drammaticamente insufficienti a fronteggiare povertà e solitudini. Ad offuscare l’immagine di onestà e di novità ci sono, last but not least, le scelte di affidarsi a Dirigenti che hanno portato il Campidoglio in tribunale a più riprese, nell’evidente intesa con parti della vecchia classe dirigente economica.

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Andrea Catarci

Ammesso e non concesso che fosse plausibile ritenere ‘l’attenzione alla quotidianità’ una strategia di governo, essa si è miseramente dissolta nel deterioramento degli spazi comuni e della città pubblica. Per il resto il buio è completo, con l’assenza di idee, piani e progetti per il lavoro, per la gestione delle aziende pubbliche e in campo urbanistico.

La crisi economica
Roma è in sofferenza acuta per la lunga crisi economica ed occupazionale che dura dal 2008. Il 2017 è passato alle cronache come l’anno dell’esodo di alcune grandi realtà imprenditoriali - Sky, Esso, Total Erg, Consodata, (ex Pagine Gialle, Mylan, Baxalta -, che hanno lasciato la Capitale per trasferirsi al nord lamentando l’inefficienza burocratica, le infrastrutture carenti, i disservizi, l’assenza di progetti di rinascita, la tassazione record. D’altra parte le aziende partecipate e controllate dal Campidoglio non vivono giorni migliori, tra crisi conclamate e deficit in crescita, servizi in peggioramento e immobilismo sul piano industriale ed organizzativo. A cambiare spesso sono solo le figure apicali, in un balletto che in Atac ed in Ama si è provvisoriamente attestato sulla concentrazione nelle stesse persone dei poteri e delle responsabilità di Presidente ed Amministratore Delegato (Paolo Simioni e Lorenzo Bagnacani). Ciò mentre Atac ha avviato la procedura di concordato preventivo in continuità e deve affrontare un debito monstre di 1,35 miliardi, mentre Ama presenta un costante allarme rosso sul terreno finanziario e mentre tutte le grandi realtà a partecipazione comunale, compresa Acea con la sua consistente componente privata (49%) ed i suoi servizi ‘intermittenti’ di illuminazione ed acqua, tornano periodicamente ad agitare lo spettro degli esuberi. Anche il Mise – Ministero dello Sviluppo Economico – ha certificato l’immagine di una città in declino, con il crollo del reddito pro capite del 15% nel periodo 2008-2016 contro una media nazionale del 9%, ma neanche questo è servito a spingere il Campidoglio a dotarsi di uno straccio di Piano di sviluppo e di sostegno al lavoro e all’impresa: ad oggi non c’è ancora niente di niente.

Addio all'Urbanistica
Ugualmente inconsistente è il quadro delle politiche urbanistiche, quelle che dovrebbero assicurare una corretta programmazione ed un adeguato coordinamento - strutturale e funzionale - del territorio, allo scopo di realizzare le condizioni più favorevoli alla vita associata ed alle attività produttive. La prima fase è stata quella del no alle Olimpiadi e dell’avvicendamento dell’ex Assessore Paolo Berdini con l’attuale Assessore Luca Montuori; terminato il periodo di adattamento il vuoto di visione ed azione si è rivelato completo. Scorrendo le relative pagine del sito di Roma Capitale si ha traccia di qualche progetto di piccola entità che procede per inerzia sulla scia del passato recente ed antico, con la comunicazione pubblica ad avere come argomento monotematico lo Stadio della Roma. In un primo momento la Giunta Raggi ha scelto la strategia della riduzione delle volumetrie, non riuscendo però a contemperare tale legittima (e condivisibile) volontà con la disponibilità progettuale delle necessarie infrastrutture per la mobilità: si è così passati da un progetto sovradimensionato ma equilibrato ad uno meno impattante ma senza capo né coda. Il progetto comunque, aldilà dei giudizi di merito, si è arenato davanti all’inchiesta che ha travolto il costruttore Luca Parnasi e Luca Lanzalone, l’avvocato di fiducia del M5S. La stessa idea (ripeto, condivisibile) di diminuire le volumetrie e le superfici aveva seguito l’ex Assessore Berdini sulla vicenda dell’ex Fiera di Roma: da quel provvedimento – dell’agosto 2016 –sui destini dell’area è calato un silenzio tombale e tornano a rincorrersi voci su uno sconsiderato ricorso alla normativa del Piano casa per aumentare di nuovo le previsioni di cemento ed affari.

Nei pochi altri atti in giro non c’è stata nemmeno l’intenzione di agire modificando discutibili scelte del passato: come a Piazza dei Navigatori, dove l’Assessore Montuori ha voluto riesumare una Convenzione urbanistica scaduta per dare il via libera alla costruzione di un altro palazzone per uffici, a fianco ad uno usato parzialmente e ad un altro abbandonato; come con le ricorrenti promesse sugli ex depositi Atac, che si danno in gestione temporanea finalizzata ad attività culturali per promuoverne la vendita imminente. In compenso si continuano a spendere parecchie parole: quelle sui piani di zona, sul piano di edilizia agevolata che verrà, sulle affrancazioni, tutti insufficienti ad impedire il peggioramento della piaga sociale dell’emergenza abitativa - in una città con decine di migliaia di case vuote – ed a realizzare piani di rigenerazione urbana, rinnovamento edilizio e demolizione-ricostruzione all’insegna del minor impatto (laddove possibile) di quanto ereditato e dell’idea-guida della riqualificazione del patrimonio e delle infrastrutture esistenti, senza altro consumo di suolo, su cui indirizzare il settore edile.

Oltre alla necessaria organizzazione dei servizi pubblici essenziali, per un ritorno alla normalità la Capitale d’Italia ha bisogno di adeguate politiche economiche ed occupazionali – da concertare con tutti gli autori istituzionali - e di una programmazione del territorio nel segno dell’innovazione e della discontinuità netta rispetto alla sudditanza storica verso gli interessi forti. Senza non può riprendere a camminare e non può ambire ad uscire dalle crisi e dai declini attuali.

* Andrea Catarci, esponente di Movimento Civico

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