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Roma
Lavori socialmente utili in cambio di cibo: esplode la rivolta contro la Raggi

Lavori socialmente utili in cambio di cibo, polemica sul primo “Mercato Sociale” inaugurato la settimana scorsa ad Ostia dal sindaco Raggi e dalla presidente del Municipio X Di Pillo. Ress e Radicali in coro: “Il diritto al cibo non è una merce di scambio, scelta inquietante”.

 

E così a neanche sette giorni di distanza dal taglio del nastro, sul Mercato Sociale di Ostia è già bufera. “Questo dispositivo, a nostro avviso, genera un’equazione pericolosa e inaccettabile: quella dell’accesso al cibo condizionato ad un “merito” individuale – spiega Ress, Rete di Economia Sociale e Solidale Roma in una nota –. Vogliamo ribadire che il diritto al cibo e ad una sana alimentazione va garantito a tutte e tutti in maniera incondizionata, come sancito dall’art. 25 della Dichiarazione Universale dei diritti umani e non può in nessun modo essere oggetto di mercificazione”.

L'emergenza Coronavirus che sta caratterizzando questo perdio rischia di aggravare la situazione: “La condizione di povertà, che sta colpendo sempre più persone e famiglie a seguito della diffusione del Covid-19 – prosegue Ress – non è né una scelta né una colpa da espiare e riteniamo che il contrasto alla povertà si debba attuare tramite politiche che incentivano la creazione di posti di lavoro, in particolare incentivando forme di lavoro cooperativo in settori che producono benessere ambientale e sociale, adottando misure per garantire reddito e welfare. Non si riduce la povertà lavorando sotto ricatto, senza diritti e gratuitamente, per il comune di Roma, in cambio di beni di prima necessità”.

“Vogliamo ricordare alla Sindaca Raggi – continuano – che le famiglie in difficoltà già svolgono un servizio di utilità sociale essenziale, rispondendo in prima persona al vuoto istituzionale tramite il lavoro di cura che quotidianamente portano avanti verso se stessi o i propri familiari (verso neonati e minori, disabili, anziani, persone con malattie croniche, ecc.). Per rispondere al problema della povertà è necessario che la politica si impegni a garantire ed estendere diritti, come quello al cibo, per tutti. La nostra rete è nata per promuovere l’accesso al cibo sano mediante l’incontro tra persone e famiglie e piccoli produttori a filiera corta, intrecciandosi con le iniziative di solidarietà e di mutualismo per chi si trova in situazioni di difficoltà. Abbiamo tutt’altra idea del significato della parola “sociale” rispetto a quella che da titolo all’iniziativa di Ostia, e che il Comune vorrebbe replicare in altri territori della nostra città: esprimiamo la nostra forte presa di distanza perché è una proposta irricevibile e inadeguata per fronteggiare l’emergenza che tutte e tutti stiamo vivendo. Cara sindaca Raggi, oltre ad invitarla a sospendere questa sperimentazione le proponiamo di convocare urgentemente un tavolo di confronto con le tante realtà sociali attive oggi a Roma, per trovare delle soluzioni condivise ed efficaci per aiutare realmente le persone in difficoltà nella nostra città, rispettandone volontà e dignità”.

Al coro della Rete di Economia Sociale e Solidale Roma si aggiungono i Radicali, che definiscono i Mercati Sociali come il simbolo della inquietante idea che la Raggi ha del welfare e del lavoro. “L’idea dei mercati sociali, nata da una mozione della maggioranza M5S dell’Assemblea Capitolina, ha trovato un’attuazione che, per come è rappresentata sul sito istituzionale di Roma Capitale, non ci piace affatto. Il baratto tra beni di prima necessità offerti nei mercati sociali e l’espletamento di servizi socialmente utili esprime un’idea inquietante del welfare e del lavoro”, scrivono in una nota Riccardo Magi e Francesco Mingiardi, rispettivamente deputato di +Europa Radicali e segretario di Radicali Roma.

“Non siamo sfavorevoli all'idea di trovare soluzioni flessibili e emergenziali, che magari attingano al bacino dei percettori del reddito di cittadinanza, ma non possiamo ammettere il lavoro non contrattualizzato come tale e non pagato in denaro. Peraltro non si capisce quale sia l’equivalenza tra ore di lavoro e beni di prima necessità né quali siano le regole della prestazione lavorativa. Se c’è bisogno di lavoro che si assumano lavoratori, altrimenti arriveremo ad ammettere ogni sorta di transazione al ribasso sul lavoro e a condizionare le prestazioni socio assistenziali a circostanze ulteriori rispetto all'unica ammissibile in uno stato di diritto, ovvero lo stato di bisogno”, concludono i due esponenti Radicali.

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