Mafia Capitale, Bindi: "No al commissariamento del Comune di Roma" - Affaritaliani.it

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Mafia Capitale, Bindi: "No al commissariamento del Comune di Roma"

"Bisogna individuare una terza via, fra scioglimento o non scioglimento, e potrebbe essere un tutoraggio dello Stato, un'assistenza, verso l'ente" parzialmente infiltrato "senza che questo debba essere commissariato o debba perdere la guida politica". Lo ha affermato la presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, relazionando a Palazzo San Macuto in relazione all'inchiesta Mafia Capitale che ha coinvolto anche esponenti della Giunta e del consiglio comunale di Roma. "Serve una fase di accompagnamento temporaneo per il ripristino dell'amministrazione e della legalità che non privi il comune da una guida politica ma la rafforzi", ha aggiunto.
"Vista l'oggettiva straordinarietà e rilevanza, la situazione relativa al Comune di Roma meriterebbe strumenti straordinari che il Governo dovrebbe adottare, come un decreto legge che traendo spunto dal caso romano possa introdurre misure ad hoc per affrontare le difficoltà dei comuni molto grandi, non da sciogliere o che siano infiltrati solo in parte, individuando una terza via tra scioglimento e non scioglimento".
"La situazione è gravissima se un Comune grande e importante come Roma, che è la Capitale d'Italia, si mostra fragile e indifesa rispetto ad una piccola mafia, ad un sodalizio criminale recente, che occupato spazi rilevanti condizionando pesantemente l'azione politica - continua la presidente Bindi che ha richiamato tutta la classe politica a una forma di autocritica al proprio interno.

Negli stessi minuti è il Tribunale del Riesame a rendere note le motivazioni con cui i giudici hanno respinto i ricorsi di otto degli indagati raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare.

IL RIESAME. Il 18 giugno scorso, i giudici del riesame avevano respinto i ricorsi di Salvatore Buzzi e Claudio Cardarelli (entrambe in carcere), e quelle di Alessandra Garrone, Giordano Tredicine, Stefano Bravo, Emanuela Bugitti e Guido Magrini (ai domiciliari). Ad essere accolte, con la concessione dei domiciliari, invece erano state le istanze di Angelo Scozzafava, Franco Figurelli, Massimo Caprari, Pierpaolo Pedetti, mentre per Mario Monge gli stessi magistrati decisero per l'obbligo di firma. Sempre secondo il riesame, stando alle condotte illecite "che si sono protratte sino ad epoca ormai prossima all'emissione dell'ordinanza del gip con modalità che dimostrano una consuetudine e una abitualità sconcertante, indice di un malcostume generalizzato che inquina tutta l'attività pubblica".

Questo uno dei passaggi delle motivazioni con cui i giudici del tribunale del riesame hanno respinto i ricorsi otto degli indagati raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Flavia Costantini nell'ambito della seconda tranche dell'inchiesta 'Mafia Capitale', e accolto allo stesso tempo quelle di altri 6 soggetti coinvolti in un vasto giro di corruzione. Episodi corruttivi, scrivono i magistrati, che nel caso degli arresti effettuati lo scorso 4 giugno, "hanno coinvolto nel comune di Roma pubblici ufficiali e anche un assessore dell'attuale consiliatura", a differenza di quanto avvenuto in dicembre, quando con la precedente ordinanza "aveva avuto ad oggetto fatti avvenuti, prevalentemente, durante la giunta Alemanno".
"Il quadro indiziario" che ha portato alla seconda tranche dell'inchiesta Mafia Capitale "risulta oggi ancora più grave" rispetto agli arresti dello scorso dicembre "in quanto sono emerse nuove condotte degli indagati di corruzione, al fine di agevolare l'associazione mafiosa di cui fanno parte, con un'attività che è durata fino al giorno del loro arresto, con l'inserimento nell'associazione di un consigliere regionale (Gramazio) e con la presenza di diverse condotte corruttive e contatti sospetti dai quali è possibile evincere una rete di corruttele non compiutamente emerse dalle indagini".

BUZZI, CRIMINALE INFATICABILE. "Un personaggio dalle indubbie capacità imprenditoriali, ma dalla totale assenza di scrupoli" e dunque da considerare "certamente pericoloso" e da mettere "in condizioni di non nuocere alla collettività". E' quanto scritto dai giudici del tribunale del riesame di Roma sul conto di Salvatore Buzzi, ras delle cooperative, finito in carcere nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale. Un profilo tracciato dal Riesame, che ha spinto gli stessi magistrati a confermare il carcere per il presidente della cooperativa 29 giugno, raggiunto lo scorso mese di giugno da una seconda ordinanza di custodia cautelare, dopo la prima emessa nel mese di dicembre del 2014. Dalle carte del secondo filone di inchiesta, scrivono i giudici, "emerge come Buzzi si dedichi al crimine in maniera davvero infaticabile", con lo scopo di "tessere trame di accordi illeciti". "Nei confronti dei politici e dei funzionari pubblici - sostengono i magistrati - la sua capacità di sapersi muovere e la sua generosità sono notorie al punto che alle volte sono quelli che gli offrono opportunità che non ha neanche cercato". Per il collegio presieduto da Bruno Azzolino, inoltre, oltre a essere il "fidatissimo alter ego" di Massimo Carminati, Buzzi è un vero e proprio "punto di riferimento dei sodali e dei suoi collaboratori".

TREDICINE. "Vende le proprie funzioni per votare la delibera in ordine ai debiti fuori bilancio, manifestando una particolare spregiudicatezza soprattutto se rapportata al ruolo di neofita del consiglio comunale". E' quanto scritto dai giudici del tribunale del riesame sul conto di Massimo Caprari, consigliere comunale finito agli arresti nell'ambito del secondo filone dell'inchiesta Mafia Capitale. "E' significativo -si legge ancora nelle motivazioni dell'ordinanza con cui il collegio ha disposto che Caprari venisse scarcerato e mandato ai domiciliari- che Caprari riesca a scandalizzare Buzzi con una richiesta (l'assunzione di tre persone) valutata eccessiva perfino dallo spregiudicato imprenditore. La condotta complessiva di questo indagato dimostra quale sia la sua concezione dell'esercizio di un'attività elettiva, quella di consigliere comunale, che lo stesso ha continuato a esercitare fino al momento del suo arresto". Sul conto di Giordano Tredicine, altro consigliere capitolino finito agli arresti domiciliari, lo stesso collegio presieduto da Bruno Azzolini, sottolinea come il suo “spessore criminale è sottolineato da Massimo Carminati che gli attribuisce un milione di impicci e lo definisce serio e poco chiacchierato. Il giudizio di Buzzi è assolutamente concorde ed è anzi certamente significativo che, con evidente riferimento alla propensione di Tredicine a farsi pagare per ogni 'servizio' reso, aggiunga 'però devi scenne dai taxi, sennò gira sempre il tassametro'". Tredicine, se rimesso in libertà, scrive ancora il Riesame, "potrebbe ben riprendere a fare il milione di impicci come efficacemente sostenuto da Carminati".