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Roma
Mafia Capitale, l’ex Nar Carminati contro i Ros “Mi avete fatto una porcheria”

Massimo Carminati torna a parlare del suo passato nel corso della seconda udienza del processo di Mafia Capitale.  Davanti ai giudici della decima sezione penale del tribunale di Roma, il “Nero” ripercorre alcuni episodi del suo passato raccontando la propria versione: "C'è stato un solo vero capo della Magliana ed era Franco Giuseppucci, abitava a 50 metri da casa mia, eravamo amici. Poi ho conosciuto anche gli altri, erano bravi ragazzi. Ma io con la droga non ho mai voluto avere a che fare. Tutti i pentiti lo hanno escluso. Io non sono una mammoletta, non facevo certo il fornaio”.

 


Ritorna al 1981, quando nel corso di una sparatoria con la Digos perse l’occhio sinistro: “Lo sanno tutti che non è stato un conflitto a fuoco. Ci hanno crivellato di colpi. A me mi hanno sparato in faccia. L'indagine riguardava fatti che mi sarebbero costati tre anni e mezzo di carcere, ma io non discuto. Erano altri anni. Erano queste le regole di ingaggio. Punto. Non sono andato a lamentarmi, a piagnucolare. Mi sono fatto la mia galera, 40 interventi di ricostruzione. Non mi sono nemmeno costituito parte civile contro gli agenti che hanno aperto il fuoco”.

L'ira contro i carabinieri del Ros
L’ex Nar trova il tempo di scagliarsi anche contro i Carabinieri del Ros che, sostiene, abbiano omesso delle prove processuali importanti. “"Mi è stata fatta una porcheria. Io sono un bandito e posso fare qualunque cosa, giusto o sbagliato che sia, perché sto da questa parte della sbarra, ma chi sta dall'altra parte non lo può fare. I carabinieri hanno fatto una porcheria perché io non ho minacciato Seccaroni. Lui mi ha preso in giro e ho smesso di parlarci. E poi me lo trovo qui a dirmi che ho minacciato di bruciargli il negozio? Ma non scherziamo. Voglio essere trattato come tutti gli altri imputati. Questa storia di Seccaroni, fa la doppietta con quell'altro, Guarnera”. Fu proprio dalla conversazione tra Carminati e Cristiano Guernara, intercettata dai Ros, che venne per la prima volta alla luce la teoria “Mondo di Mezzo”. Ma per il “guercio” quella conversazione avvenuta in bar di via Vigna Stelluti nel 2011 era "una chiacchiera da bar tra persone che si stavano solo scambiando opinioni e modo di pensare. Erano delle sciocchezze, ne dico centinaia al giorno. Trovo assurdo - prosegue Carminati - che da quella conversazione si sia costruito un qualcosa di inesistente. Non c'era in ballo nessun manifesto o progetto di natura illecita. Parlando del 'Mondo di Mezzo', con i vivi che stanno sopra e i morti che stanno sotto, mi riferivo a quelle persone che vivono in mezzo, a cavallo tra un mondo e l'altro, tra la legalita' e l'illegalita”.  E circa i rapporti con Cristiano Guernara, ex amico oggi diventato suo accusatore, dichiara: “Io ho fatto parte di organizzazioni politiche di un certo tipo e vi pare che mi mettessi a parlare con Guarnera, che conoscevo da un paio di anni appena, di progetti o programmi illeciti? Il Ros sostiene che stessi indottrinando qualcuno... ma quando mai? Riccardo Brugia (anche lui imputato, ndr), che e' un mio carissimo amico e che mi conosce da quando eravamo ragazzini, mi ride in faccia quando faccio 'sti discorsi', mi prende per il culo. Io e Brugia sapevamo che da due anni stavamo sotto pressione... dunque stavamo ben attenti a parlare, specie con gente con cui non c'era troppa confidenza”

"La guerra non è mai finita"
Dopo essere stato invitato a rilassarsi dal suo difensore, Carminati continua con dichiarazioni da saga: “La guerra non è mai finita. Io la faccio da solo la guerra, non c'ho bisogno di nessuno. È sempre meglio fare la guerra solo contro tutti che tutti contro uno. Fanno la fila per ammazzarmi, non c'è problema. Ma sarà dura per tutti. Io sono qui al 41bis, fuori c'è il mondo. Io voglio rispondere in questo processo dei reati che mi sono contestati”.

La verità su Luca Gramazio: "Posti di lavoro, mai un soldo"
Parla poi anche dei suoi rapporti con Luca Gramazio, ex capogruppo Pdl, prima al Comune di Roma e poi alla Regione Lazio, in carcere per l’inchiesta Mafia capitale dal 5 giugno 2015: “Conosco bene il padre Domenico, perché è stato molto legato alla mia famiglia in un momento difficile, ho avuto rapporti solo per quanto riguarda il campo nomadi. A Luca soldi non gliel'ho mai dati né lui me li ha chiesti. Tra l'altro, se gli avessi offerto dei soldi il padre, Domenico, mi avrebbe cercato per gonfiarmi di botte. Luca lo avrò visto quattro, o cinque volte in vita mia, e non posso dire fosse un mio amico, non fosse altro per motivi anagrafici. Non ho mai dato un euro a Gramazio, l'unica cosa che mi ha chiesto sono stati i posti di lavoro”

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